Profilo di giovane attrice con caffè: intervista a Noemi Apuzzo
Il Satyricon di Andrea De Rosa e riscritto da Francesco Piccolo – ispirato all’opera di Petronio – è stata un successo di critica e pubblico dal suo debutto al Pompei Theatrum mundi. Ha colpito, in particolar modo, l’interpetazione della moglie di Trimalcione, Fortunata, da parte della giovane attrice Noemi Apuzzo.
Nata a Vigevano, classe ’93, la ventiseienne Noemi Apuzzo – fresca d’accademia del Teatro Stabile di Torino – è stata chiamata dal regista Andrea De Rosa a coprire il ruolo forse più complesso, più enigmatico di tutta l’opera del Satyricon: la giovane, bellissima, svestita moglie dell’opulento, “burino” e affamatissimo Trimalcione. Da ruolo potenzialmente marginale a rivelazione, a quanto pare, il passo è breve. È stato piacevole incontrare questa talentuosa attrice e discutere con lei del suo ruolo, della sua formazione e delle sue prospettive future. Davanti ad un caffè schiumato, in un piccolo bar di Via Foria, con l’odore dei dolci e la magia post- natalizia nell’aria, la chiacchierata è stata scorrevole, profonda, sorpredente.
Noemi, la tua interpretazione, il tuo ruolo, è davvero complesso, il tuo personaggio è molto difficile da interpretare…
“Una volta superato lo scoglio vergogna (della nudità), importantissimo per fare questo mestiere, ad un certo punto lo devi affrontare, come il contatto fisico, del resto, sì. Tolta la vergogna, capisci che la nudità non è altro che l’abito, il costume di Fortunata. Essere nudi, così come una scarpa bassa o con il tacco, cambia la tua postura, come si sta in scena.”
Andrea De Rosa è un ottimo regista, ti ha aiutato ad entrare nel personaggio.
“Sì, Andrea è stato molto carino, sin dall’inizio, dalle prime prove al Galleria Toledo. Molto carino, nonostante la salita impervia tipica dei quartieri di Napoli per arrivarci, ma è bello anche quello, comunque (ride). Lì la scenografia era minima, al Mercadante abbiamo poi aggiunto i cuscini e tutto il resto della scena. Lì abbiamo discusso di come impostare il personaggio di Fortunata.”
Fortunata è un personaggio indecifrabile, enigmatico, quasi una bambola, un manichino. Cosa puoi dirci di lei? Del suo rapporto con Trimalcione, della sua psicologia?
“Anche per me all’inizio è stato complicato capire chi fosse Fortunata. Assodato che sia la moglie di Trimalcione, con Andrea abbiamo parlato parecchio, dato che delle Fortunata del testo di Petronio non c’è quasi niente. Nessuna volgarità. Lei è eterea. È in posa, è una bambolina che incarna questo ideale di bellezza e di perfezione opposta a Trimalcione. È nuda perché il suo corpo è un fattore molto importante: lei ha paura di invecchiare, della morte. Ma è anche nuda perché è come se non avesse mezzi per capire e leggere il mondo che la circonda. Viene bombardata da tutte queste informazioni, il veganesimo, il capitale, i soldi, ma non ha l’intelligenza sufficienza per capire davvero ciò che significano, non sa discernere. Ripete formule senza senso logico. Lei incarna tutti noi quando scrolliamo il telefono e veniamo bombardati di informazioni. Leggi ma non dai peso a ciò che leggi. La punteggiatura non c’è proprio nel testo. La sua nudità, la sua inconsapevolezza potrebbe essere un atto politico in sé, nonostante lei non lo sappia.”
Anche la dinamica tra Trimalcione e Fortunata è particolare. Lui la tratta male, con grettezza, ma poi le chiede scusa, la chiama amore mio…
“Trimalcione tra tutti i personaggi è l’unico in grado di leggere la realtà, dice le cose come stanno. Lei – per come l’ho interpretata io – è completamente persa di lui, pende dalle sue labbra. Loro hanno un rapporto esasperato, ma anche molto reale. Litigano, lui la tratta male perché lei dice delle cavolate, è un po’ scema, ma poi ballano, si amano. Antonio Iuorio sul palco è stato fantastico, è un professionista, un uomo molto dolce.”
Parlaci un po’ di te, della tua formazione e dei tuoi progetti.
“Mi sono diplomata alla scuola del Teatro Stabile di Torino pochissimo tempo fa, ho cominciato a frequentare il teatro dal liceo, seguendo tutti i corsi possibili. Il teatro era nella mia mente già dalla fine del liceo, ma ho deciso di provare anche la strada dell’università, infatti sono laureata in lettere, ma con una tesi in teatro. Il teatro ha sempre fatto in qualche modo parte della mia vita, anche prima di frequentare la scuola. Ho fatto qualche spettacolo, poi facendo la mima per Attila ho conosciuto meglio Andrea De Rosa – con il quale avevo già studiato alla scuola – e successivamente ho fatto il provino per Fortunata. Successivamente lavorerò in Cous Cous Klan. Mi sento molto contenta, molto fortunata, appunto (ride).”
Che consiglio dai a chi vuole intraprendere questa carriera, la carriera di attore?
“Non lo so, dovrebbero dirlo gli altri a me, sono io l’attrice giovane a cui dare consigli (ride). Quello che forse consiglierei è di non restare chiusi nel mondo dell’accademia, di uscire e frequentare anche chi non fa teatro, di non dimenticare il contatto con la vita vera, con la realtà. Fare altre cose oltre al teatro, vedere altri mondi, perché il contatto con il concreto e la vita quotidiana può essere portato in teatro. Magari anche provare l’università, senza buttarsi a capofitto nell’universo teatrale. Bisogna evitare di diventare autoreferenziali.”
Grazie mille, Noemi, e ancora complimenti. Sei bravissima. E intelligentissima, a differenza della dolce Fortunata.
E il caffè finisce, anzi, è finito parecchio tempo fa. A parlare di teatro ci si perde, soprattutto quando il tuo interlocutore ti fornisce elementi di ispirazione, punti di vista, pensieri nuovi.
Grazie, grazie.
Sveva Di Palma