Sorridi: Sophie Calle ti sta spiando!
Se camminando per strada hai avuto, a volte, la sensazione di essere inseguito, puoi stare tranquillo: nessuno ha mai voluto rubare il tuo portafogli! Probabilmente sarai stato protagonista di una delle ossessive ricerche dell’artista francese Sophie Calle.
Nata in terra parigina, all’età di vent’anni, mossa dalla cosiddetta “ispirazione d’artista”, parte per girare il mondo con una valigia piena di progetti e ambizioni. Al suo ritorno, cinque anni dopo, si accorge di essere profondamente cambiata e che il mondo a cui si era affezionata e che aveva lasciato, era anch’esso cambiato. Gli amici avevano preso tutti strade diverse e lei si era resa conto di essere rimasta sola. Certo, non tutte le storie nascono col buco ma Sophie Calle durante i numerosi viaggi ha l’opportunità di approfondire lo studio e il potere della fotografia, sua fedele compagna, che la distinguerà in tutti i suoi lavori dando vita a una delle più chiacchierate carriere.
Ma se pensi di trovare in quest’articolo i soliti scatti turistici con paesaggi mozzafiato e tramonti strappalacrime… mi dispiace, oggi, sei fuori strada.
Le foto di Sophie Calle sono tutt’altro che souvenir, le sue sono storie di sconosciuti che inciampano improvvisamente e senza nessuna ragione nella sua vita. Il tutto documentato come se fosse un vero e proprio reportage avvalendosi anche del mezzo della scrittura, in particolare della poesia. I suoi scatti ci parlano di biografie, di spazi intimi e memorie che descrivono la presenza e l’assenza di persone e oggetti che non hanno nulla che le interessi particolarmente. Il suo lavoro è sempre in perfetto equilibrio tra morbosità voyeuristica e curiosità ossessiva, sfiorando quella labile distanza che c’è tra sfera pubblica e privata. Le storie che Sophie mette in mostra partono sempre da lei per poi allargarsi “agli altri” come se fossero forme di dialogo, o meglio, doppi giochi consapevoli. Perché tutto questo? Perché per Calle le vite reali possono essere saccheggiate dall’arte, nonostante non abbia mai pensato di lanciarsi in questo mondo essendo i suoi progetti nati per uno scopo puramente personale.
Un esempio è proprio l’opera Les Dormeurs in cui l’artista invita ventotto sconosciuti a dormire nel suo letto organizzando dei turni da otto ore per otto giorni, cosicché quello spazio intimo e isolato non restasse mai vuoto. Con il loro consenso Sophie scatta ogni ora una foto osservando e studiando i suoi ospiti.
Caso vuole che una delle persone accolte nel suo letto è la moglie di un noto critico d’arte che, appassionato al progetto, la invita a partecipare alla XI Biennale di Venezia trasformando quello che inizialmente sembrava un gioco in una carriera coi fiocchi.
Ma poi le storie portano fame e la fame va saziata.
Attratta proprio dall’azione “dell’osservare” si butta in strada come una fotoreporter, fregandosene di quello che succederà perché tentata dalla sorpresa. Un lavoro curioso in questo senso è Suite Vénitienne. La nostra Sophie incontra, a una festa, un uomo misterioso da cui resta molto colpita e che scopre essere diretto, a breve, a Venezia. Cominciano così una serie di telefonate a centinaia di hotel per riuscire a scoprire quello giusto. Dopo averlo intercettato in una pensione a Calle del Traghetto, lo segue per tutto il suo viaggio scattando spesso, dopo di lui, le foto che lui stesso scatta con lo scopo di poter riscoprire la città attraverso il vagare degli altri.
Fotografa quell’uomo a sua insaputa, annotando movimenti e pensieri con la precisione di un detective, per poi perderlo di vista e dimenticarlo come tanti altri. Una scusa, sicuramente, per ridisegnare la sua percezione urbana, fuori il suo abituale e dentro quello di un altro.
Dopo un anno di attese e pianificazioni, ritorna a Venezia ma questa volta in veste di cameriera. Sophie si fa assumere in un Hotel per circa tre settimane con il compito di occuparsi di dodici camere da letto al quarto piano. Ogni giorno la Calle documenta, con annotazioni scritte, e fotografa la vita privata dei vacanzieri, le loro valigie, le cartoline, le lenzuola arrotolate su cui hanno dormito.
È spudoratamente invadente, e fuori dalla stanza ascolta le porte e registra le conversazioni degli ospiti e nelle vesti di un antropologo è alla continua ricerca di indizi esplorando ogni personalità umana.
Spiare la vita di uno sconosciuto attraverso i contatti della sua rubrica? Sophie Calle ha fatto anche questo! In un giorno qualunque trova, per le strade di Parigi, una rubrica che invece di restituire al proprietario gira e rigira tra le mani approfondendone i contatti. Comincia a contattare familiari, amici, amanti e conoscenti per risalire al proprietario tramite le testimonianze di ognuno.
“Cercherò di scoprire chi è senza mai incontrarlo, e cercherò di produrne un ritratto per un periodo di tempo indeterminato che dipenderà dalla volontà dei suoi amici di parlare di lui – e dalle svolte prese da gli eventi” dice a proposito del suo nuovo “gioco”.
Ne escono fuori ventotto racconti che pubblica per un mese sul quotidiano francese Libération. Ma non tutto va per il verso giusto perché il misterioso proprietario, Pierre D., lo scopre minacciandola di querela per violazione della privacy. L’artista decide così di interrompere la pubblicazione fino al giorno della sua morte. Dopo anni però, finalmente, il progetto è stato racchiuso nel libro d’artista The Address Book come testimonianza dell’ennesimo lavoro voyeuristico.
Allora mi guardo intorno, gioco a nascondino tra i vicoli della mia città, perdo volontariamente il portafogli e aspetto e osservo, continuamente, nell’attesa di una storia che ancora non conosco.
Serena Palmese
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