Status symbol
“Avresti una penna? Devo segnare un attimo una cosa”. È diventata quasi obsoleta questa frase da quando i cellulari sono diventati un’estensione dei nostri arti superiori, ma quante volte abbiamo ascoltato una simile richiesta? Eppure capita raramente di domandarsi quando siano subentrate le penne che usiamo comunemente. Ai primi del ‘900 infatti era diffuso l’utilizzo delle penne stilografiche tra i ceti più abbienti; queste però macchiavano molto facilmente e bisognava attendere che l’inchiostro si asciugasse dopo aver scritto.
All’inizio degli anni ‘20 del secolo scorso il giovane rampollo della famiglia Parker propose di investire un grosso capitale dell’azienda di famiglia nella produzione della lussuosa penna Duofold, seguita dieci anni dopo dalla Vacumatic. Ma il salto di qualità avvenne con l’immissione sul mercato della Parker 51, così chiamata perché presentata l’anno in cui l’azienda compiva appunto 51 anni. Tale penna era un oggetto elegante e di classe, disponibile in vari colori dai nomi accattivanti ed esotici, forte di due brevetti per il solo meccanismo di chiusura e aggancio del coperchio, era costituita, inoltre, di una nuova lucente plastica, la lucite.
Altra innovazione introdotta da Parker, ma pianificata anche da Biro e dal suo collaboratore, fu l’utilizzo di un inchiostro che non si asciugava per evaporazione ma che veniva assorbito dalle fibre della carta quando vi entrava in contatto.
Unica pecca di cotanta perfezione era il pennino: forgiato in osmiridio, una lega di osmio e iridio, presentava in punta una pallina d’oro che entrava a diretto contatto con la carta. Tutto molto bello, se non fosse che l’oro è un metallo molto malleabile che si deforma facilmente se sottoposto a pressione.
Per questo motivo, e perché l’osmio e l’iridio erano metalli resistenti ma rari e costosi, l’ormai non più giovane Parker ingaggiò un esperto di metallurgia per ottenere una valida alternativa. Costui ideò una lega di rutenio, un elemento che fino ad allora era considerato pressoché inutile.
Problema risolto: la Parker 51 firmò gli accordi per porre fine alle ostilità della Seconda Guerra Mondiale nel Pacifico e in Europa, e primeggiò sul mercato fino agli anni ‘70, quando le macchine da scrivere si affacciarono sulla scena.
Prima di Parker nessuno aveva pensato di studiare nuovi elementi e materiali per oggetti di uso comune, ma le teorie di “obsolescenza inevitabile” e “obsolescenza pianificata” che si andavano diffondendo in quel periodo furono comprese al volo dal giovane americano: il primo caso è il classico esempio dell’aratro col vomere in metallo che subentra all’aratro in legno. Il secondo caso è invece più interessante, e inquadra la mentalità prevalentemente occidentale: gli oggetti cedono il passo ad utensili che svolgono le stesse mansioni ma sono più alla moda, con uno stile più moderno e gradevole esteticamente.
Questo è proprio il concetto alla base dell’idea del giovane Parker: dal momento che la maggioranza della popolazione scrive, uno strumento di scrittura che abbia carattere e stile è il giusto investimento per rendere fieri i proprietari che possono così esprimere la propria personalità anche sfilando di tasca la propria penna. E quale metodo migliore se non l’utilizzo di materiali nuovi e fino ad allora sconosciuti per suscitare la curiosità degli acquirenti? Una serie di innovazioni che ha entusiasmato la popolazione e ha reso celebre la Parker in tutto il mondo, arrivando a essere definita “un perfetto oggetto di design”.
Marta Maresca