“Stai parlando con me” sì, ma di Martin Scorsese
Martin Charles Scorsese nasce nel Queens il 17 Novembre del 1942. Potremmo poi proseguire in tal senso sciorinando l’immensa biografia di una delle più grandi icone cinematografiche dell’ultimo secolo. Ma preferiamo far deragliare il binario per rendere idea della grandezza di tal regista nella polivalenza multiforme della sua grande opera.
La Premessa. Rimangono ricordi indelebili, scanditi per immagini, quelli del mio corso universitario in Storia del Cinema, fatti di nozioni teoriche ma anche una moltitudine di frame. Un viaggio immersivo fatto del rumore delle bobine, del fascino nostalgico di celluloide e di digitali, tutta la magnificenza sviluppatasi dai fratelli Lumiere in poi. Rispetto a Scorsese ricordo due visioni in particolare, il cortometraggio in 16 mm La grande rasatura (ciò che sembrava uno spot in bianco e nero della Proraso e che poi diventa un masochista splatter movie). Parliamo di uno dei suoi primi lavori alla macchina da presa e Hugo Cabret. Uno dei suoi ultimi successi, facendo un balzo in avanti di quarant’anni, ecco un film d’animazione in tre dimensioni ma che è tanto di più. Un meta-racconto della storia del cinema al cinema, della vicenda dimenticata del primo grande “prestigiatore” della regia George Meliès.
Questa premessa consente di indicare anzitutto un lasso di tempo enorme, mezzo secolo di espressione filmica, in cui ha sconfinato Scorsese ma soprattutto la diversificazione dei suoi lavori. Regista che ha lottato costantemente con la sua condizione di uomo e quella dei protagonisti dei film, ma anche capace di reinventarsi di continuo adattandosi sempre con le rivoluzioni tecnologiche e visive del “fare cinema”. Si pensi che il suo ultimo film The Irishman, con protagonista alcuni dei suoi attori feticci come Joe Pesci e Robert De Niro (oltre che al grandissimo Al Pacino), è interamente prodotto e distribuito dalla piattaforma streaming Netflix.
Lo stile. Scorsese mette al centro dei suoi film la profonda umanità, non nel senso compassionevole del termine, ma proprio nell’ordinario essere antieroi. Uomini alle prese con le personali crisi esistenziali, fatte di rapporti con Dio, con la propria integrità, con la colpa e con il peccato. Cresciuto e forgiato con il neorealismo italiano, la nouvelle vague francese e il cinema di impronta indipendente. Stili che connotano fortemente il suo stile fatto di sequenze oniriche che si mescolano a scene di iperrealismo e violenza. Nei suoi film, come nella sua storia ci sono elementi fortemente caratterizzanti. La sua città New York, protagonista nella Little Italy di Mean Street, Fuori orario, Taxi Driver e in documentari come Italoamericani, storicamente come in Gangs of New York o come musical (l’indimenticato New York, New York con Liza Minelli). Altro elemento che torna nella sua filmografia è sicuramente il suo rapporto spirituale presente, per esempio, nel contestatissimo L’ultima tentazione di Cristo con William Defoe o nel suo recente Silence del 2015, in cui padri gesuiti del XVII secolo indagano sulle persecuzioni cristiane in Giappone.
Oltre al suo peculiare rapporto con il gangstar movie (il forte radicamento italoamericano e la passione per il western) da cui scaturiscono film capolavoro come Quei bravi ragazzi, Casinò o per l’appunto il recente The Irishman, possiamo cogliere il suo costante rapporto con la musica. Già nel 1970 risulta essere una delle tante braccia alla regia del primo vero rockumentary”del cinema, quello sull’epocale evento di Woodstock. Il documentario del 1970 L’ultimo valzer, dedicato al gruppo musicale The Band, o il sodalizio con Peter Gabriel per le musiche del film L’ultima tentazione di Cristo, il musical sopracitato New York, New York, oltre ad altri due documentari rispettivamente su George Harrison e i Rolling Stones. Ah per chi non lo sapesse è il regista di uno dei più grandi videoclip di tutti i tempi, Bad di Michael Jackson, 18 minuti nella metropolitana della “sua” New York in uno dei più costosi di sempre: oltre due milioni di dollari per girarlo.
La citazione. “Stai parlando con me?” “Dici a me?” o in originale “You talkin’me?” è ripresa da uno dei cult per eccellenza di Scorsese, Taxi Driver. Robert De Niro interpreta un disturbato tassista nella sua nuova vita dopo il Vietnam. La scena diventa iconica, da solo allo specchio con un fantomatico interlocutore nella sagoma della sua stessa immagine. La curiosità vuole che nel film, diretto da Scorsese e scritto da Paul Schrader, la battuta non fosse prevista nel copione, bensì frutto dell’improvvisazione di De Niro e suggeritagli dallo stesso Scorsese sul ricordo di Marlon Brando nel film Riflessi in un occhio d’oro.
Claudio Palumbo
Disegno di Alberto De Vito Piscicelli