Comunque andare
Caro figlio mio,
ricordi quando da bambino mi dicevi di voler diventare un esploratore?
Lo volevi cosi tanto che per il tuo settimo compleanno hai chiesto in regalo un mappamondo e quando poi lo hai ricevuto per davvero, eri cosi felice che quasi non riuscivi a crederci.
Ogni sera, prima di andare a dormire, passavi ore ed ore a guardare quel mappamondo e quando ti chiedevo dove ti sarebbe piaciuto andare, tu mi rispondevi che avresti tanto voluto arrivare nel punto esatto in cui finisce l’arcobaleno.
Volevi girare il mondo in lungo e in largo,
per conoscere ogni suo piccolo angolo, anche il più nascosto perché eri convinto che il mondo fosse infinito.
E avevi ragione.
Man mano che crescevi, ti ho sempre spronato ad allargare i tuoi limiti,
a raggiungerlo davvero quell’arcobaleno,
quel punto felice in cui si concentravano tutti i tuoi sogni fin da bambino.
Ti ho insegnato a non spaventarti di fronte l’infinito ma, anzi, di farlo diventare il tuo obiettivo ad ogni percorso che intraprenderai perché è solo così che avrai sempre nuovi stimoli da colmare.
Ti ho insegnato a considerare ogni punto di arrivo come una partenza,
a far vincere il coraggio più volte che puoi, ma anche a non vergognarti della paura,
perché la sensibilità è un bagaglio a mano imprescindibile per qualsiasi viaggio che farai.
Ti ho insegnato a non fermarti di fronte i confini perché sono soltanto linee sottilissime che dividono la paura dal coraggio e il mondo dal meraviglioso e, proprio per questo, possono essere abbattuti.
Ma più di tutto, ho sempre cercato di insegnarti a non avere paura del mondo, a non farti perdere l’incanto che avevi per esso da sempre,
perché il mondo sarebbe stato il tuo futuro, la tua casa,
anche se non avrebbe avuto il colore delle pareti della tua camera o la comodità del tuo letto caldo.
Ho continuato a farlo anche quando le guerre, il terrorismo e tutte le avversità del tempo hanno cercato di convincerci del contrario.
Ma noi non ci siamo piegati.
Ho continuato a dirti di andare, di non fermarti, di non guardare mai indietro se non per renderti conto di quanto lontano sei arrivato, nonostante tutto.
Niente avrebbe dovuto piegare il tuo diritto alla libertà perché è proprio questa la tua grande scoperta che nessun’altra parte del mondo avrebbe mai potuto eguagliare.
Ora, però, le cose sono cambiate, figlio mio.
Quel mondo che tanto hai amato,
sta di nuovo cercando di metterci alla prova con un virus maledetto che in pochissimo tempo ha travolto tutti nel suo impeto.
Ora che sei lontano da me, in un dove qualsiasi come hai sempre sognato,
ho bisogno che tu, per un po’ fermi il tuo passo svelto per restare fermo lì dove sei.
Per un po’ non sarai più padrone del mondo, non potrai cercare più l’arcobaleno, né l’infinito.
Per un po’ dovrai vivere in uno spazio piccolo e limitato da quattro pareti che ti impediranno di vedere l’orizzonte e la luce dei tuoi sogni come hai sempre fatto.
Ma è giusto che ora sia così.
Ora deve essere così.
Mai come questa volta, ho bisogno che tu stia lontano da me,
lontano da qui,
ed io farò lo stesso, figlio mio,
perché solo così la vita rimane tale e tornerà ad essere quella di prima.
Non importa se tua o mia, la vita, in generale, vale la pena di questo piccolo grande sacrificio e anche se prima di adesso, nessuno dei due ha mai chiesto una cosa simile all’altro, ora è tempo di farlo.
Questo è il tempo per piegarsi,
è il tempo per avere paura, ma anche per avere coraggio,
perché rinunciare per un po’ alle proprie abitudini, ai propri sogni, ai propri affetti, ai proprio mondi, è un gesto di grande coraggio.
E so che tu ne sei capace non solo perché te l’ho insegnato, ma perché lo hai sempre avuto dentro di te.
E le scelte che hai fatto nella vita, ne sono un esempio.
Ma non temere, ci sarà tempo per abbracciarci forte, come abbiamo fatto sempre ad ogni tuo ritorno.
E stavolta, quando lo faremo, ci stringeremo così tanto che quasi confonderemo i limiti dei nostri corpi.
Ci sarà tempo per toccarci,
per guardarci negli occhi,
per ritornare sui nostri passi,
per riprendere in mano la nostra vita.
Adesso è tempo anche di sacrificio e responsabilità.
È tempo di stare a casa per rispetto di chi questa lotta contro il virus l’ha persa,
per evitare che ci siano altre vittime, altre perdite, altre sconfitte, altri numeri che finiscono per diventare più rilevanti delle persone stesse.
Per rispetto di chi, sta ancora lottando e spera solo di ritornare a casa e sentirsi al sicuro,
È tempo di restare a casa per i tantissimi medici, infermieri e operatori sanitari che, invece, la loro casa non la ricordano più,
perché la loro casa, ormai, ha i colori delle corsie e il rumore di voci spezzate, lacrime e preghiere, affinché il loro duro ed estenuante lavoro non venga vanificato.
È tempo di stare a casa per proteggerci e proteggere gli altri, ma soprattutto per riscoprirci.
Perché se c’è una cosa che non ti ho mai detto, figlio mio, è che il viaggio più entusiasmante, emozionante, intenso e straordinario che si possa fare nella vita, è quello dentro se stessi.
Allora scopriti,
affronta gli ostacoli che hai dentro di te,
alleggerisci il cuore dai suoi pesi
e fai sorridere l’anima con ciò che ti piace.
Perditi, ritrovati,
capisciti e amati,
perché nel bel mezzo di questo girotondo apparentemente senza fine,
tutto finirà, invece, e sarà bellissimo riabbracciare il mondo con la consapevolezza che non sempre una perdita equivale ad una sconfitta, ma anzi, qualcosa si guadagna sempre,
perché ricorda, figlio mio, a volte se la vita ci obbliga a piegarci è perché dopo possiamo saltare ancora più alto.
Come salteremo noi.
Alessia Miranda
Vedi anche: E se non volessi crederci?