La settimana della musica TLI: Marzo – Giorno II
Giorno 2: La Città Vecchia – Fabrizio De André
Come seconda canzone ho scelto La città vecchia di Fabrizio De André che, insieme a Delitto di paese, è l’ottavo 45 giri di Fabrizio De André.
Sono particolarmente legata a questa canzone per due motivi specifici: la vicinanza alla letteratura (come accade in moltissime canzoni di Gaber) e perché, come il cantautore stesso ha dichiarato in un’esibizione del ‘97, con questi versi precisa il suo pensiero che non è molto distante dal mio.
La canzone, infatti, richiama perché richiama una celebre poesia di Umberto Saba e abbiamo una serie di “quadri” di vita di un quartiere genovese del centro storico con cui, il genovese, ci racconta degli emarginati, spesso dimenticati dalla società e, perfino, dal buon Dio, a lui, invece, molto cari.
De André ci chiede di non giudicare i protagonisti della canzone – pensionati, prostitute, ladri – con il metro della legalità e della mentalità borghese, ma di avvicinarci a loro e di capire che non sono null’altro che vittime della società e della storia.
Perché in fondo, come Gaber stesso si domanda, cosa è la virtù e cosa l’errore? Voi sapreste dirlo? Io non mi sento in grado di giudicare e, perciò, amo abbracciare la filosofia del mio amatissimo cantautore e cerco, nel mio piccolo, di tendere sempre la mano.
E quando mi sembra tutto inutile,
per la cattiveria e l’indifferenza che trovo intorno,
Ritorno a queste note,
A cogliere i miei gigli.
Testo:
Nei quartieri dove il sole del buon Dio
Non da i suoi raggi
Ha già troppi impegni per scaldar la gente
D’altri paraggi
Una bimba canta la canzone antica
Della donnaccia
Quel che ancor non sai tu lo imparerai
Solo qui fra le mie braccia
E se alla sua età le difetterà la competenza
Presto affinerà le capacità con l’esperienza
Dove sono andati i tempi d’una volta, per Giunone
Quando ci voleva per fare il mestiere
Anche un po’ di vocazione?
Una gamba qua una gamba là
Gonfi di vino
Quattro pensionati mezzo avvelenati
Al tavolino
Li troverai là col tempo che fa
Estate inverno
A stratracannare a strameledir
Le donne il tempo ed il governo
Loro cercan là la felicità
Dentro a un bicchiere
Per dimenticare d’esser stati presi
Per il sedere
Ci sarà allegria anche in agonia
Col vino forte
Porteran sul viso l’ombra di un sorriso
Fra le braccia della morte
Vecchio professore cosa vai cercando
In quel portone
Forse quella che sola ti può dare
Una lezione
Quella che di giorno chiami con disprezzo
Pubblica moglie
Quella che di notte stabilisce il prezzo
Alle tue voglie
Tu la cercherai tu la invocherai
Più d’una notte
Ti alzerai disfatto rimandando tutto
Al ventisette
Quando incasserai delapiderai
Mezza pensione
Diecimila lire per sentirti dire
“Micio bello e bamboccione”
Se ti inoltrerai lungo le calate
Dei vecchi moli
In quell’aria spessa carica di sale
Gonfia di odori
Lì ci troverai i ladri gli assassini
E il tipo strano
Quello che ha venduto per tremila lire
Sua madre a un nano
Se tu penserai e giudicherai
Da buon borghese
Li condannerai a cinquemila anni
Più le spese
Ma se capirai se li cercherai
Fino in fondo
Se non sono gigli son pur sempre figli
Vittime di questo mondo