Papà ti voglio bene ma tu me ne vuoi di più
Burberi, brontoloni e sempre pronti a sparare a vista al ragazzo che ci viene a prendere sotto casa, i papà sono una specie da preservare.
In occasione della festa del papà avremmo potuto scrivere un articolo sulle origini oscure di questa festa, mobilitare una rivolta contro i lavoretti scolastici che le maestre sono costrette a fare, i bambini a portare a casa e i papà ad apprezzare. Come se non ci fossero già abbastanza problemi.
No, oggi vogliamo raccontare solo dei padri, quelle ancore ferme che ci impediscono di affondare.
La letteratura, il cinema, l’arte ci hanno regalato figure paterne che ci resteranno sempre nel cuore. Sempre dopo il nostro, però.
Ad esempio Mastro Geppetto: quel pover’uomo, di una certa età, in piena notte esce e va a cercare quel disgraziato di un burattino che intanto se ne va a zonzo a far guai mentre Geppetto disperato lo cerca rischiando di rimetterci anche la pelle.
E un pensiero va a tutte quelle volte che abbiamo fatto stare i padri in apprensione non rispondendo al telefono, tornando tardi o uscendo senza dare informazioni.
Poi ci chiediamo perché gli vengono i capelli bianchi.
Oppure il Signor Bennett.
Chi mi conosce sa bene che non sopporto Jane Austen e ancor meno il suo romanzo più famoso: Orgoglio e pregiudizio ma il signor Bennett, padre delle cinque protagoniste è molto vicino ai nostri padri contemporanei! Spiritoso, pazzo delle figlie e sempre con la battuta pronta, è il padre più tenero di tutta la letteratura.
In realtà, poiché la mia passione per la letteratura trova il suo tallone debole nella letteratura greca, non posso fare a meno di citare due padri presenti nelle opere omeriche a me tanto care: Ettore e Ulisse.
Il primo si presenta come un padre che per l’ultima volta vede e saluta suo figlio, lattante, alle porte Scee con una dolcezza che non ci sembra reale in uno scenario di morte e distruzione quale quello della guerra di Troia.
Peccato solo che al piccolo Astianatte spetti una fine ingloriosa per mano di un altro padre: Ulisse.
Ulisse invece è il padre assente, che torna dopo vent’anni e si chiede chi sia quel tizio strano che gira per casa sua salvo poi scoprire che si tratta di Telemaco, il figlio che aveva lasciato bambino e che ha ritrovato adulto. Ma prima di lui viene Argo e quindi a Telè, scansati. Sempre con affetto.
Potrei a questo punto chiudere l’articolo scrivendo una frase sdolcinata su quanto i padri siano il dono più prezioso che possa toccarci e che dobbiamo goderne finché possiamo ma il mio sta mettendo la cucina a soqquadro e devo andare a rimproverarlo.
Con permesso.