Rimettiamo insieme le tessere… del mosaico con la Maestra Elenalucia Maggioletti
A Spilimbergo c’è una scuola che mantiene in vita l’insegnamento e la trasmissione dell’arte musiva, formando giovani talenti italiani e d’oltralpe all’arte del mosaico.
Abbiamo avuto la fortuna di intervistare la Maestra Mosaicista Elenalucia Maggioletti, ventiquattrenne di Sala Consilina (SA), diplomatasi alla Scuola mosaicisti del Friuli, regione nella quale attualmente lavora in proprio.
Alla parola “mosaico” il mio cervello crea spontaneamente immagini visive di tessere di varia natura e colore unite insieme a formare una composizione pittorica. Immagino, a primo impatto, i sontuosi decori delle ville pompeiane e le finestre colorate delle chiese bizantine, quelle che rifrangono la luce iridescente. Presumo che sia la reazione comune o almeno quella di chi, come me, ama l’arte. Ho una bella notizia per voi, se non lo sapevate, rallegratevi: c’è ancora chi pratica questo antico mestiere!
Maestra Elenalucia, cosa ti ha spinto ad intraprendere questo percorso? E come e quando è nata la tua passione per il mosaico?
«Sinceramente non è stata innata, non ero nemmeno a conoscenza di scuole del genere. Terminato il liceo artistico, mi sono chiesta come continuare. Avevo intenzione di rimanere in questo campo e di dedicarmi a lavori manuali, qualcosa che mi permettesse di creare con le mani. Sin da piccola mi piaceva l’arte, soprattutto sbizzarrirmi creando con la pasta modellabile. Per un certo periodo ho messo un po’ da parte questa passione che è tornata a farsi sentire quando ho scoperto l’esistenza della Scuola. Navigavo in internet, ho trovato il sito, un click e subito mi sono appassionata! Così ho fatto domanda, ma ero molto ansiosa poiché vengono selezionate solo cinquanta persone all’anno. Immaginate l’emozione quando mi è arrivata la mail di accettazione!
È stata tutta una grande novità e sorpresa. Sono arrivata direttamente il primo giorno di lezione, non avevo mai visitato di persona la Scuola, perché dista dodici ore dal mio paese d’origine. Quando sono arrivata, sono rimasta a bocca aperta, finalmente toccavo con mano ciò che fino ad allora avevo visto solo sul web o nei libri di storia dell’arte.
La passione è nata e si è accresciuta col tempo, frequentando la Scuola e osservando orgogliosamente i risultati ad ogni fine lavoro.»
Prime esperienze e sensazioni?
«All’inizio pensi sia impossibile, guardi i ragazzi dell’ultimo anno e ti chiedi se ne sarai mai capace anche tu, se riuscirai ad essere altrettanto bravo. Spesso ti arrabbi perché ricerchi la perfezione e non riesci a fare quella tessera come la vorresti, ma è un percorso così graduale, a piccoli passi, che ci arrivi senza neanche rendertene conto.
Stesso il primo giorno mi sono precipitata in negozio eccitata per comprare gli attrezzi di lavoro. C’è la martellina che non è comune martello, ma è la compagna di vita del mosaicista. Si utilizza per tagliare tutti i tipi di materiali e per dar loro forma.
La martellina senza tagliolo serve a ben poco, vanno in coppia. Il tagliolo si usa per scalpellare e tagliare le tessere. Piccolo segreto: un bravo mosaicista deve scalpellare il meno possibile, ma in verità, tutti lo facciamo!
È conficcato in un ceppo di legno che gli fa da supporto. Il legno deve essere duro, nodoso, scorticato e ben stagionato, in modo da assorbire bene il taglio. La misura varia a seconda se si lavora in piedi o seduti. Se vi fosse sorta la domanda, sì ho un ceppo di legna nella camera da letto.
L’importante è stare attenti a non far toccare la widia della martellina con il tagliolo, perché questa è molto fragile e costosa. Ragion per cui odio quando mi gli “inesperti” mi chiedono di poter provare e rischiano di distruggermela.
Ecco, immaginatemi il primo giorno quando mi sono ritrovata con ceppo, tagliolo, martellina e materiale e mi sono chiesta: e adesso?
Le prime prove si fanno con i materiali naturali, solo in secondo momento con quelli artificiali, perché richiedono una certa esperienza.
In occasione del mio primo esame, ho realizzato il mosaico di una lepre, lavoro non facile perché dovevo far attenzione a ricopiare le sfumature di colore. C’è anche questo da sapere: il mosaicista deve essere un attento osservatore del colore.
Inoltre, ci tengo a precisare che non facciamo solo pratica, ma anche tanta teoria. Non si va avanti senza conoscere i materiali e la storia del mosaico.
Mi sono innamorata dell’arte musiva perché mi consente di esprimere me stessa e di avere tanto spazio creativo: è vero sì che devo seguire delle regole, ma sono io che decido che forma dare alle tessere e che materiali usare.»
Credi che questo settore sia sottovalutato?
«No, sottovalutato no, poco conosciuto. L’offerta formativa non è molto ampia. La Scuola di Spilimbergo che ho frequentato è l’unica al mondo a dare questo tipo di formazione, tant’è che c’erano francesi, russi, greci, kazaki …
In Italia c’è anche l’Accademia di Ravenna che offre una formazione diversa.
Il mosaico è sì un’arte, ma a sé stante, non va sottovalutato. Non è per tutti, ci vogliono ore di lavoro, pazienza, il materiale costa …»
Dopo la Scuola quale e come è stato il tuo approccio al mondo del lavoro?
«Per avere il diploma da Maestro mosaicista devi fare tre anni, ma puoi aggiungerne un quarto di specializzazione. Vengono ammesse 6 persone più meritevoli che eseguiranno i lavori commissionati alla Scuola.
Una volta terminato il percorso canonico mi sono chiesta perché non farlo e mi sono lanciata. Quindi ho cominciato con questa prima esperienza lavorativa di gruppo, entrando già in contatto col mondo del lavoro. Per esempio, abbiamo realizzato un mosaico sul bozzetto di un artista e poi lo abbiamo posato su una parete di Lignano. Abbiamo lavorato anche in Slovenia per qualche giorno.
Terminata la specializzazione, mi sono subito data da fare.
La scorsa estate ho svolto dei laboratori con i bambini nei centri estivi. È stata una bellissima esperienza, è interessante vedere come giocano con i colori e la fantasia. Ci regalavamo emozioni a vicenda.
Poi ho svolto vari lavori commissionati da privati e ho collaborato con delle Maestre mosaiciste, apprendendo le loro tecniche. Per il momento sono rimasta qua, dove ho iniziato e dove ci sono vari laboratori che eseguono lavori grandi (cupole, chiese.), per il futuro si vedrà.»
Domande frequenti
“Ma le tessere le colorate?”
«No non le coloriamo, che siano materiali naturali o artificiali, sono già colorati.»
«Mi sono sentita dire spesso “quanta pazienza” … detta nel giorno no in cui non riesci ad essere molto produttivo non è d’aiuto. »
“Quante volte ti sei pestata le dita con la martellina?”
«Le prime volte tante e vi assicuro che fa male.»
«Chi non conosce il mosaico, lo associa sempre a quello delle piscine o alle pareti di alcuni bagni. Chiarisco: no! C’è quello industriale e quello artistico di cui mi occupo, che è un’altra cosa, come quello che si trova nella Basilica di San Marco, nel duomo di Salerno o nella piazza siciliana di Armerina.
«E tante altre che per noi mosaicisti sono assurde, ma giustamente ignote a chi non pratica questo mestiere… domandare è lecito.»
Il tuo ricordo più bello?
«Quando ho vinto il premio per il concorso Mosaic Young talent 2018.
I mosaicisti dovevano realizzare il volto di un noto personaggio dello spettacolo. Io avevo deciso di raffigurare Carlos Santana. Il giorno dell’inaugurazione della mostra, era il 27 aprile – lo ricordo a memoria- proprio non me lo aspettavo. Ciò ha amplificato la gioia per la vittoria.
La stessa associazione che bandisce questo concorso mi ha poi chiesto di realizzarne un altro raffigurante la cantante Laura Pergolizzi (LP). Ne vado molto fiera, è tutto in materiali naturali, la giacca è in oro veneziano e i capelli sono fatti di trucioli di legno trattati e poi dipinti.
È stata una doppia soddisfazione! Entrambi i quadri sono stati esposti in musei di Pordenone e, non solo, Santana anche a Palazzo Ferrajoli a Roma e nel MARINMOCA museo d’arte contemporanea in California.»
A quale tua opera sei legata di più e perché?
«Sono legata a tutte perché ognuna è un’esperienza e a suo modo mi ricorda un periodo della mia vita. In ogni lavoro che faccio c’è un pezzo di me. Certo, ce ne sono un paio che preferisco.
Tipo Tra alti e bassi, di cui già il nome dice tutto. Non ha nulla di figurativo, è semplicemente una texture tutta di un unico colore in cui ho giocato su altezza e basi. È formato da cubi tagliati in diagonale applicati ad una base di legno ad altezze differenti e da bacchette di argilla sulla parte sinistra. Gioca su un effetto ottico di luci e ombre che variano in base al punto di vista e di esposizione.
Tengo molto anche ai ritratti di Santana ed LP perché sono i più impegnativi, ma anche i più coinvolgenti da fare. Bisogna fare attenzione a dare espressività e la giusta forma “anatomica” alle pietre, trovando la sfumatura di colore adatta.»
Illustraci le tue opere!
«Finiremmo dopodomani! Se vi va di continuare a conoscermi, potete andare sul mio profilo Instagram: @ellemosaic. Troverete foto e info su di me e le mie realizzazioni.»
Interna DElia 6 + titolo
Giusy D’Elia
07/04/2020