Antigone e l’appello di un disperato 2020
“Oὔτοι συνέχθειν, ἀλλὰ συμφιλεῖν ἔφυν”, Antigone prende la parola in uno dei versi più belli della tragedia greca:
“Non sono nata per odiare, ma per amare.”
Ma noi? Noi per cosa siamo nati? Me lo chiedo continuamente e non trovo risposte. In un periodo che ci ha messi alle strette, tra pandemie, lockdown, distanziamento sociale e aule online, siamo più che mai Antigone e Creonte.
L’eterno conflitto della tragedia greca, ancora una volta, si riflette nelle nostre vite. Cosa ci resta da fare? I greci direbbero: una catarsi.
Un giorno ci troviamo a camminare in città, a bere il nostro solito caffè al nostro solito bar, pronti per seguire all’università, per fare un test al liceo o per andare a lavoro. Ma di punto in bianco cambia tutto: trasciniamo i corpi frenetici di una società indaffarata sul divano di un appartamento, per due mesi, e la storia qual è?
Ora ci troviamo a camminare nel corridoio di casa, a bere il nostro caffè della moka e accendere il pc per seguire all’università, per fare un test al liceo, o per andare a lavoro.
Nel frattempo, divampa una pandemia globale, dei paesi devono fronteggiare un debito pubblico sempre maggiore, dei paesi hanno un unico problema: la fame, altri costringono la popolazione a continuare ad uscire per lavorare. Il risultato è che ci avviciniamo a un’idea che prima, per alcuni, sembrava remota: la morte.
Quando hai 18 anni e sei in buona salute ti senti invincibile, la morte è solo un punto lontano che deridi. Ma quando, nel 2020, vedi scene strazianti, ogni giorno, in Tv, in rete, fosse comuni, un numero che sale e sale sempre di più, allora forse comprendi che la morte non è un punto così lontano.
Antigone lotta contro Creonte, suo zio, per seppellire Polinice, suo fratello. Il re impersona la legge, il diritto positivo, prova amore per il nipote, ma deve rappresentare un valore più alto per tenere insieme lo Stato. Antigone, però, non si arrende, Antigone è la forza familiare, Antigone è l’essere umano, che con le sue debolezze vede di fronte a sé una sola strada, quella della ϕιλία, del legame emotivo tra simili, ma prima ancora, del sangue. Il sangue vince su ogni cosa, vince anche sullo Stato.
Questo è ciò che vedo, quando ci troviamo chiusi in casa per mesi, privati della nostra libertà di uscire, vedo la forza di Creonte, che deve assecondare lo Stato per proteggere la ϕιλία, gli affetti, il popolo.
Ma quando la morte arriva, spietata, e sento storie di figli che non conoscono la sorte delle loro madri, quando vedo le immagini delle fosse comuni a New York, allora penso ad Antigone, che si è ribellata per seppellire Polinice, penso all’importanza del sangue.
E noi, che siamo nati per amare, come Antigone, che disprezziamo il ritorno di una ragazza tenuta prigioniera per più di un anno, che innalziamo montagne di odio, di polemiche, di certo non siamo Antigone, non siamo Creonte, non siamo uomini.
E noi, che siamo nati per amare, come Antigone, che sopprimiamo il mondo che ci ha dato la vita, che annulliamo milioni di anni di evoluzione, che torniamo a dare la caccia ad una natura che per due mesi aveva ritrovato la pace, che si era riappropriata dei suoi spazi. Noi non siamo Antigone quando disprezziamo la ϕιλία più grande: il legame con la terra.
Perché forse, ora è il momento della catarsi, ora che noi stessi ci siamo posti come i nostri contromodelli, gli antieroi della nostra epoca, in un anno difficile, un anno di prove, come in una tragedia greca, ora possiamo guardarci allo specchio, ora possiamo rinascere.
E come Antigone, anche io voglio difendere la fonte di salvezza più grande: “oὔτοι συνέχθειν, ἀλλὰ συμφιλεῖν ἔφυν”. Anche noi siamo nati per amare.
Angela Guardascione