Carlos Ruiz Zafón se ne è andato nascosto all’ombra del vento
Cade oggi, 19 giugno 2020, l’ennesimo tassello nel puzzle delle persone che non dimenticheremo mai. È morto Carlos Ruiz Zafón, lo scrittore de L’ombra del vento ed altri capolavori.
“Non posso morire, dottore. Non ancora. Ho delle cose da fare, poi avrò tutta la vita per morire” aveva scritto Zafón nel suo romanzo Il gioco dell’angelo. E oggi per Carlos è arrivato quel momento: se ne è andato per sempre. Il cancro lo ha ucciso, forse perché, finalmente, aveva finito di fare tutte quelle cose che doveva ancora fare?
La notizia è stata data poco fa dai media spagnoli e dal team con il quale ha collaborato per oltre vent’anni, nel quale si era instaurato ormai un reciproco rapporto di amicizia. Lo piangeranno loro e noi insieme a loro. Forse di far tutte quelle cose non aveva ancora finito: aveva appena 55 anni.
Carlos Ruiz Zafón è nato a Barcellona il 25 settembre del 1964. Nel 1993 ha iniziato a lavorare come sceneggiatore a Los Angeles, dove lavorava tutt’ora, e ha scritto regolarmente di cultura sulle pagine di alcuni quotidiani spagnoli.
La sua carriera di scrittore è iniziata con la letteratura per bambini, ma ben presto la sua penna si è evoluta, trasformata, è diventata più pesante e contemporaneamente più potente. Non è stato più possibile destinare le sue parole ai bambini e agli adolescenti.
Ha iniziato così a parlare ed a raccontare storie al pubblico adulto: il primo romanzo “da grandi” fu L’ombra del vento, ancora oggi uno dei suoi romanzi più famosi, anche in Italia. A questo libro ne seguirono ben presto altri: Il gioco dell’angelo, Il palazzo della mezzanotte, Il prigioniero del cielo e per ultimo Il labirinto degli spiriti.
I suoi racconti e le sue storie vennero tradotte in circa quaranta lingue e fecero il giro del mondo, andarono più lontano di quanto si spostò mai lui. È incredibile pensare che uno scrittore sta fermo dietro ad una scrivania a raccontare le storie che lui stesso ha immaginato e, mentre quelle storie corrono lontano, lui resta fermo.
Le sue parole volano via, se le porta il vento, e ora lui fermo non ci sta più: forse, ora che è volato via col vento anche lui, se le sta riprendendo tutte, quelle mete che non aveva ancora visitato.
E se è vero quello che scrisse ne L’ombra del vento, che “i libri sono specchi: riflettono ciò che abbiamo dentro” e se Carlos Ruiz Zafón è almeno un po’ quello che ha lasciato nei suoi scritti, allora dentro aveva una misura sproporzionata di dilemmi, enigmi, sortilegi da risolvere e svelare. E che forse, adesso che se ne è andato, non riusciremo a svelare mai.
In fondo lo aveva detto, o meglio, lo aveva fatto dire ai suoi personaggi: “quando morirò, tutto quello che è mio sarà tuo. Eccetto i sogni” ed è proprio vero, che le eredità più importanti, quelle che tutti vorremmo poter tramandare e far ricordare, alla fine ce le portiamo dietro. I sogni, come le paure, come tutti quei misteri che ancora Carlos voleva raccontare, non li riavremo mai indietro. Se ne è andato con lui un pezzo di quel patrimonio artistico che ancora doveva essere pensato, inventato e scritto. Un patrimonio con cui adesso stanno sicuramente giocando gli angeli e che si nasconderà per sempre all’ombra del vento.
Martina Casentini
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