Orban colpisce ancora: impedito il cambio di sesso sui documenti per LGTB+
Da Budapest, ormai, non sappiamo proprio più cosa aspettarci.
Le trovate di Viktor Orban, premier ungherese, nel momento di più grande crisi economica e sociopolitica mondiale continuano a sorprenderci per la loro spinta reazionaria ed anacronistica, per la morsa che stanno stringendo attorno alla popolazione, ai diritti sociali e civili.
L’ultima simpatica trovata è la proposta – appena approvata dal Parlamento – di impedire la riassegnazione legale del genere alle persone trans.
Sì, avete letto bene. Stiamo ancora parlando di questo, in questi termini. Per una Germania che impedisce le terapie di conversione rendendole illegali e punibili per legge, abbiamo una fetta di Europa che continua a scegliere la chiusura, la privazione dei diritti, l’impossibilità all’autodeterminazione. L’Ungheria è famosa per le sue riforme accentratrici del potere, profondamente conservatrici, ma le situazioni di emergenza vengono sfruttate – da mesi – per fare un passo ulteriore.
Un passo ulteriore verso cosa, esattamente?
Non lo sappiamo e questo ci preoccupa.
Sembra che tra la recente situazione Covid-19 e il conseguente lockdown, i governi autoritari non stiano facendo altro che insistere e proporre misure che possano garantire un controllo delle diversità e di quelle che vengono considerate ancora “devianze”.
D’ora in avanti – dunque – in Ungheria non sarà possibile per transessuali ed intersessuali cambiare nome e identità di genere sui propri documenti, costringendoli ad essere riconosciuti con il loro sesso biologico e il nome loro attribuito al momento della nascita.
Nessuna possibilità di nascondere o anche solo decidere se rivelarsi in quanto transessuali, donne o uomini, nessuna possibilità di evitare il pregiudizio ed il giudizio, le domande, i dubbi, le perplessità altrui.
Non si può decidere della propria identità, infine. Un diritto talmente basilare da non dover essere nemmeno discutibile, sul quale non si dovrebbe avere il potere di votare o sindacare.
La violazione del diritto umano e civile è totale, talmente brutale da sembrare di un’altra epoca, un’epoca che immaginavamo e speravamo non tornasse mai più.
La preoccupazione reale è duplice, forse triplice (per essere moderati): la salute mentale delle vittime di questa decisione (con la conseguente preoccupazione che possano aumentare ancora una volta i suicidi, le depressioni, le ansie), le problematiche che si troveranno ad affrontare coloro che hanno già cambiato sesso (trovandosi identificabili con un sesso errato ed irreversibile) e la deriva ulteriore, sempre più paventata.
Se è passabile una legge del genere, così radicale e invasiva nella vita di cittadini assolutamente normali, in alcun aspetto differenti dagli altri se non nel loro privato, cosa ancora può essere passabile?
La domanda che ci si pone è : cos’altro può accadere? Cosa può essere considerabile come una proposta accettabile, umana, rispettabile?
Mi sembra lampante che non si ha alcuna misura, né la concezione di limite, per chi crede così ferocemente nella realtà sovranista.
Il sovranismo è l’avvicinamento più prossimo all’onnipotenza. Il potere nelle mani di uno è sempre pericoloso, in particolar modo nelle ere di passaggio e crisi. Il rischio è che ci si dimentichi come vedere chi è “sotto”, le piccole realtà umane, e che si consideri il “popolo” come una massa indistinta ed indisciplinata da bacchettare ed indottrinare.
Creare la paura, la diversità, l’accentuazione delle differenze è la strategia che meglio funziona, che meglio si imprime nella mente umana, evidentemente portata – per cultura o natura, non credo stia a noi stabilirlo – a vivere di dicotomie e similitudini. E per quanto questo non sia sindacabile, trattandosi di un groviglio di complessità inestricabile, al limite tra biologia, neuroscienze e antropologia, credo che sia imperativo l’implemento di un discernimento. Un discernimento dovuto allo studio, alla cultura, alla conoscenza della storia, alla lettura e all’accettazione delle differenze. Tutti uguali nell’essere umani, nell’avere gli stessi diritti, primo dei quali quello all’esistenza e al rispetto di essa. Uguali nell’essere diversi, liberi di esserlo.
Riconosciuti, avvalorati, visti, uditi. Tutti.
Sveva Di Palma