Paul Thorel e l’ultimo sguardo obliquo alla sua Napoli visionaria
Schivo, di poche parole, ma generosissimo, sempre pronto ad aprire la sua bella casa piena d’arte e di ricordi. Questo è quello che dicono di Paul Thorel, nato a Londra da padre francese e mamma napoletana e che ci ha lasciati all’età di sessantaquattro anni a Napoli.
Mi piace pensare che i geni partenopei, come per molti altri artisti del suo calibro, abbiano contribuito allo sviluppo del suo genio artistico, che ha rivoluzionato il mondo delle arti visive e che continuerà sicuramente a stupire anche le generazioni future. Napoli, è sempre bene ricordarlo, non è solo tradizione, ma anche innovazione come dimostrano le modernissime opere di Thorel.
All’inizio della sua carriera, negli anni Settanta, Thorel si trova a Roma e si occupa di pittura, per poi approdare negli anni Ottanta ad un universo fatto di tecnologie digitali e tecniche fotografiche, oggetto dei suoi studi all’Institut National de l’Audiovisuel di Parigi. Fin dagli esordi della sua brillante carriera, il pensiero artistico di Thorel è molto singolare; pensiero che nasce dallo studio dell’effetto neve che caratterizzava la televisione analogica degli anni Cinquanta. Con effetto neve intendiamo l’alterazione dell’immagine causata da una cattiva ricezione del segnale televisivo, ad esempio a causa di turbolenze metereologiche.
Nasce così la sua passione, il tratto distintivo dell’artista, che ha poi appassionato il resto del mondo, quella per il trattamento digitale dell’immagine e la sua scomposizione. Ma proviamo a comprendere, più nello specifico, di cosa stiamo parlando. Se per molti l’arte va ammirata da vicino, per Thorel le opere vanno guardate da lontano. Difatti, era solito dire «se ti avvicini troppo, non vedi». Sembra bizzarro, o complicato, ma non lo è. Si parte da un’immagine reale, l’artista ne scompone il tratto riconoscibile in pixel, linee orizzontali, laterali e oblique creando un panorama rarefatto e indefinito, che solo uno sguardo “distante” può ricomporre in volti, figure o paesaggi. Quelle che ad un primo impatto sembrano solo successioni di tratti digitali scomposti, si ricompongono al nostro sguardo. È proprio qui che avviene la magia: il momento in sui si palesa dinanzi ai nostri occhi un qualcosa di inatteso. Cosa serve per catturare l’immagine e la magia di Thorel? Bisogna avere uno sguardo obliquo; ovvero non essere troppo lucidi, perdere la concentrazione e percepire anziché guardare.
Ho avuto il piacere di osservare Passaggio della Vittoria con i miei occhi, attualmente in esposizione al museo d’arte contemporanea Donnaregina di Napoli (conosciuto anche come Museo Madre) e sento che sia nostro compito, oggi, omaggiare questo meraviglioso e poliedrico artista, ognuno a suo modo; io tento di farlo con la mia penna. L’arte è davvero tale solo se riesce a regalare nuovi modi di guardare, e Thorel ha fatto proprio questo, ci ha mostrato che a volte bisogna allontanarsi per vedere davvero.
Catia Bufano