Se non è pandemia, è follia: l’isolamento ai tempi delle fiabe
Conosciamo tutti la storia di Raperonzolo, eroina fiabesca sottratta al mondo da una perfida strega, resa nota ai più dalla penna dei fratelli Grimm.
Quel che non tutti sanno, però, è che questa fiaba ha origini antichissime, da ricercare nella lontana (ma non troppo) mitologia greca.
Prima della Rapunzel dei fratelli Grimm, c’era la Persinette di Charlotte-Rose de Caumont La Force, e prima ancora la Petrosinella del napoletano Gianbattista Basile.
Pubblicata nel 1634 tra i racconti della raccolta “Lo cunto de li cunti” (o “Pentamerone”), la fiaba di Petrosinella narra di una ragazza prigioniera in una torre a causa di un patto stipulato dalla madre con una orchessa, a cui anni prima, incinta e in preda alle voglie, aveva sottratto del prezzemolo dal giardino. La giovane riesce a liberarsi grazie all’astuzia e all’aiuto di un principe invaghitosi dei suoi lunghissimi capelli dorati.
Il racconto di Basile appare assai meno cruento della versione dei due fratelli, in cui il principe si getta dalla torre in preda alla disperazione quando scopre che la strega ha condannato Rapunzel a vagare nel deserto e resta accecato dai rovi. Il lieto fine giunge dolorosamente solo molti anni dopo, rendendo la fiaba più fedele alla vita vera che all’innocenza dei sogni.
Il topos dell’isolamento forzato, che ritroviamo in così tante fiabe – si pensi a “La bella e la bestia” o a “La bella addormentata nel bosco” – rimanda in questo caso alla figura mitologica di Danae, imprigionata in un torrione dal padre, il re Acrisio, a causa di una profezia dell’oracolo di Delfi che predisse la sua futura morte per mano di un nipote non ancora concepito.
Ma le storie ci insegnano che l’avventura, se vuole, ti troverà e non importa con quanta forza ci si opponga al richiamo. Raggiunta da Zeus in forma di pioggia dorata, Danae concepì e diede alla luce Perseo, il cui nome è sempre associato all’uccisione di Medusa e al salvataggio di Andromeda.
Perseo, allontanato alla sua nascita dal re, rinchiuso in una cassa e gettato in mare insieme alla madre Danae, crebbe sano e vigoroso sull’isola di Serifo e partecipò, anni dopo, ai giochi funebri che il re Acrisio aveva dato in onore del fratello defunto, ma non fu da lui riconosciuto. E fu proprio durante una gara che il giovane uccise il nonno, facendo avverare la temuta profezia.
Una storia dai risvolti assai diversi da quella del Basile e, tuttavia, con un elemento che ricorre, il tema del genitore sconsiderato che mette il proprio benessere al primo posto, e il tema della colpa che, in qualche modo, deve ricadere sulla figlia femmina.
Che fortuna non aver vissuto l’isolamento ai tempi delle fiabe, allora, ché dei congiunti pare proprio non ci si possa fidare!
Claudia Moschetti
Vedi anche: Giambattista Basile e le fiabe Disney made in Napoli