Tra scazzottate spaghetti western, lo chiamavano Bud Spencer
Il 27 giugno 2016 il cinema italiano perdeva uno dei suoi attori più rappresentativi. In coppia con Terence Hill ha conquistato il cuore di intere generazioni, contribuendo a scrivere pagine indimenticabili in un’epoca d’oro per la cinematografia italiana.
Sono passati quattro anni dalla sua scomparsa ma i suoi film intramontabili tengono vivo il suo ricordo in un impeto di commozione e nostalgia che davvero colpisce. Chi non ha avuto voglia di un piatto di fagioli dopo la visione di Continuavano a chiamarlo Trinità?
Nella sua vita Carlo Pedersoli non ha dato mai nulla per scontato. Carpentiere a Rio de Janeiro, medaglia d’oro di nuoto ai Giochi del Mediterraneo del 1951, studioso di chimica e attore.
Nel 1967 il regista Giuseppe Colizzi lo contatta per offrirgli il ruolo principale nel film western “Dio perdona…io no!”. Per questo film c’è bisogno di un gigante e Carlo sembra perfetto per il ruolo con i suoi 120 chili per un metro e novantaquattro di altezza. Carlo ha bisogno di soldi e accetta la proposta. L’amore per l’attore Spencer Tracy e per la birra Budweiser gli hanno regalato il nome d’arte.
Per tutti era il gigante buono ma l’attore napoletano è stato in realtà protagonista di una carriera lunga e poliedrica. Le sue partecipazioni in film come Quattro mosche di velluto grigio di Dario Argento (1971), Torino nera diretto da Carlo Lizzani (1972) o Cantando dietro i paraventi di Ermanno Olmi (2003) sono passate colpevolmente in sordina.
«Quando il Padreterno mi chiamerà, voglio andare a vedere che cosa succede. Perché se non succede niente, m’incazzo. M’hai fatto alzare ogni mattina per ottantasette anni per non andare, alla fine, da nessuna parte?»
Non potevamo non ricordarlo come avrebbe voluto. Con il sorriso. Altrimenti s’arrabbia!
Disegno e didascalia di Simone Passaro