Al Casino della regina di Capodimonte va in scena Pentathlon
Sportopera 2020, curata da Claudio di Palma e Vesuvioteatro, è un progetto tra i più interessanti proposti dal Napoli Teatro Festival: una riscoperta dello sport come espressione culturale, come slancio passionale e non come sterile prodotto del capitalismo.
Nell’edizione 2020 del Napoli Teatro Festival, SportOpera ricerca quei momenti dell’atleta in cui l’equilibrio è sfiorato, sforato, fallito. Quegli attimi di tempo in cui il fiato ed il battito concedono nuove percezioni del mondo e nei quali si può decidere se osare o rinunciare.
Nelle parole di Claudio di Palma le intenzioni della rassegna Sportopera: intercettare passioni, indagare i moti dell’animo che sono la spinta più autentica e vera dello sport.
Per la rassegna Sportopera ho scelto, senza per nulla pentirmene, Pentathlon, in scena il 17 luglio nella cornice algida e maestosa del Casino della regina di Capodimonte.
Cinque racconti, quelli di Manlio Santanelli, Alessandro Baricco, Din Buzzati, Gianpiero Comolli, che hanno come comune denominatore lo sport immortalato in fotogrammi molteplici e inaspettati.
Cinque attori Marina Sorrenti, Chiara Baffi, Rossella Pugliese, Antonio Marfella e Paolo Cresta, bravura da vendere, un mix di dramma, sport, passioni più o meno violente, più o meno nobili, storie, vicende, molti fallimenti, poche piccole vittorie.
I cinque attori sono altrettanti personaggi che in qualche modo incontrano lo sport e con esso confondono le proprie vite: un’alpinista che tutto deve ad un padre eroico seppur esausto, un cronista con il suo infallibile taccuino, uno spettatore un po’ diffidente di un match di tennis, una donna che segue con mistica riverenza le gesta di qualche anziano e malandato giocatore di bocce, la moglie di un tifoso patologico e compulsivo.
Per ognuno di loro Mauro Rea crea una piattaforma che richiama, con pochi dettagli, lo sport che fa da cornice la racconto.
I cinque racconti ci regalano delle istantanee, immagini fatte di poche parole ma che raccontano retroscena, sviluppi ed epiloghi, più o meno tragici, più o meno felici, di vicende umane. Dietro ogni impresa sportiva, dietro ogni performance una passione motrice: l’amore filiale, la passione violenta e letale, il tifo disincantato, la nostalgia del ricordo, l’amore e l’entusiasmo che si ha quando il lavoro diventa un mestiere.
Pentathlon è una boccata d’aria, un panno bagnato sulla coltre di polvere che insozza lo sport, su quel perverso meccanismo che dalla metà del ‘900 ha trasformato lo sport in agonismo spietato, capitalismo violento, che ha dato un prezzo a sei zeri alla passione, alla competizione, allo sport.