Storia di come i saldi mi hanno tolto la facoltà di intendere (ma non quella di volere)
Esiste un rituale trasmesso di generazione in generazione dalle donne della mia famiglia e non si tratta di rituali di bellezza o per trovare marito, bensì della corsa ai saldi.
Una volta ho letto che la mamma gatta, tra una serie di cose, nei primi mesi di vita insegna ai suoi cuccioli come cacciare con successo, dove cercare potenziali prede e come affrontarle.
Bene, anche mia madre non-gatta mi ha insegnato a cacciare, ma niente che avesse a che fare con il mio appetito. Oggetto della nostra caccia sono vestiti, borse e scarpe.
Soltanto chi è cresciuto a pane e centri commerciali affollati può capirmi e sarà temprato nell’animo a vita. Infatti le insidie sono tante; da bambino quella di perderti, da grande quella di perdere tutti i tuoi risparmi.
Ma a questo la mia mamma-non gatta mi ha preparata bene.
Ovviamente è inutile dirvi che gli errori da principiante li commetto tutt’ora (con ventidue anni di esperienza pregressa), come ad esempio il momento che io chiamo di massimo pathos: il capo acquistato mesi prima, ergo nuova collezione e prezzo pieno, che adesso ti guarda beffeggiandoti dal reparto offerte.
A parte i piccoli errori come questi, causati dall’istinto, penso di aver appreso l’arte dello shopping ormai al meglio e addirittura mi sento di darvi qualche dritta.
Ascoltatemi bene, mai lasciarsi abbindolare dai capi a prezzi stracciati, ma che non possono accompagnarvi nel vostro percorso di vita.
Come ad esempio quel paio di jeans che compreresti solo perché in saldo… ma chiudere la zip diventa la tredicesima fatica di Ercole in camerino, che è poi l’equivalente emotivo di quella relazione in cui vuoi restare a tutti i costi, pur sapendo che ti va stretta. E un bel giorno, fidatevi, butterete in un grosso sacco dell’indifferenziato sia jeans che dolce metà.
Immagino che qualcuno di voi avrà pensato che accostare “vestiti” e “percorso di vita” sia esagerato, folle, sconsiderato, superficiale. Ma la mia è una dichiarazione d’amore.
Dichiaro ufficialmente amore alle lunghe file in cassa, alle lotte per l’ultima taglia, ai commessi scorbutici e a quelli pieni di vita.
Ai pianti in camerino perché non mi sentivo abbastanza carina e alle volte in cui, invece, e ho pensato “Oh, ma chi è sta figa nello specchio?!”.
Allo shopping riparatore, “distendi-nervi”, che il più delle volte mi ha risparmiato la galera o l’internamento.
Allo shopping fatto in compagnia e a quello solitario per riflettere.
Ahimè, ognuno ha il suo modo di liberarsi dallo stress quotidiano: questo è il mio.
Chiamatemi pazza, superficiale, esagerata… ma tenete lontano da me le vostre passeggiate nella natura. Io voglio i camerini affollati!
Catia Bufano
Vedi anche: Tsundoku: lo shopping compulsivo di chi ama i libri