Arte & Cultura

The Damned Brian Clough show : SportOpera porta in scena calcio e musica

La mia parte preferita del Napoli Teatro Festival, la sezione SportOpera, si è conclusa ieri, lunedì 20 luglio, con la performance straordinaria di Alfonso Postiglione in The Damned Brian Clough show.

Adattare testi originali dalla pagina al palco è una delle grandissime bellezze dell’occasione artistica e culturale chiamata NTF. Il testo prezioso e splendido sul quale il regista e attore Alfonso Postiglione ha deciso di costruire il suo spettacolo è scritto da un abilissimo autore, Cristian Caira, penna appassionata e sensibile.

La storia raccontata, quella dell’allenatore Brian Clough, detto Cloughie, è sì -principalmente – una storia di sport, di calcio, ma anche una vicenda spirituale, traslata e proiettata in una realtà altra. Una realtà parossisticamente irreale, incollocabile se non in un allucinato aldilà in cui Clough si ritrova ad affrontare i demoni della sua complicata esistenza, dei suoi antagonismi calcistici, dei suoi rimpianti.

.Lo show allestito dal costumista e scenografo Giuseppe Avallone è un vero e proprio trionfo simbolico ed estetico: l’atmosfera surreale e rarefatta, il talk show restituito – nonostante –  con estrema fedeltà, gli abiti icastici e perfetti veicoli dei personaggi che li indossano. Sul palco, un sempre gigantesco Alfonso Postiglione parla, risponde al telefono, si arrabbia, si racconta, piange, ha paura, bestemmia, insulta, si rammarica.

Il carisma di Postiglione, il suo Brian Clough, è tanto un tripudio di azione e vita quanto la sua controparte (e compagno di palcoscenico), Marcello Giannini, è compassata ed enigmatica. Il chitarrista, vestito rigorosamente di nero, con panciotto, occhialini e cilindro, è una elegantissima manifestazione funesta.

Caronte, il traghettatore di anime? O forse la morte stessa? Il personale, inconfondibile suono della chitarra di Giannini e la sua sorprendente voce accompagnano ogni passo della storia, dagli insuccessi alla ribalta, dall’alcolismo alle coppe fino all’amore profondissimo tra Brian ed il suo assistente, Peter. Peter, il grande assente ed il maggior rimpianto, quel fedelissimo amico e collega senza il quale tante vittorie, forse, non sarebbero state possibili. 

Compagno di squadra in gioventù e spalla incrollabile durante gli anni da allenatore, Peter viene cercato, chiamato, osannato, ma senza risultato alcuno. L’amico, ormai lontano, perso in un tempo remoto, vive solo nelle persistenti memorie dell’ anima inquieta di Clough, così disperata da dover mettere su un proprio show nell’aldilà, forse nella speranza che Peter si nasconda tra la folla del pubblico, in un angolo buio, a sorseggiare del whiskey. Ma Peter non verrà, la sua assenza assordante è la manifestazione più tangibile del rimorso e del senso di colpa, un monito doloroso e pungente. A cosa serve tutto il successo del mondo, se non è condiviso? A nulla, risponde Clough infine, abbracciando la consapevolezza che tutte le coppe vinte erano di entrambi, della coppia, un premio alla collaborazione e all’amicizia. E dunque, senza Peter, le stesse coppe non hanno valore, sono senza peso, e come palloncini possono esser lasciate libere di volare via.

“Riportami indietro”, dice Clough al suo traghettatore nei momenti finali dello spettacolo, quando è ormai chiaro che ogni occasione di riappacificazione, di fare ammenda, è perduta. Lo spirito inquieto di Brian può tornare alla propria tomba, al proprio inferno (o purgatorio, chissà) e dare fine allo show, almeno per ora. Non sappiamo quante altre volte Brian Clough vagherà in giro, accompagnato dal suo funesto musico, in eterna ricerca del suo amico Peter.

Speriamo vivamente che questo splendido spettacolo possa essere ripreso, proprio come lo show di Clough dedicato al suo Peter, e che la ricerca artistica possa continuare in molteplici e appassionate direzioni.

Condizione essenziale alla riuscita di questa amalgama, di questo riuscito duo dialogante, è il sostegno e la competenza, la precisione e l’immaginazione di Serena Marziale, attrice e assistente alla regia.

Buon lavoro, ragazzi, e grazie per il vostro splendido show.

Sveva Di Palma

Sveva Di Palma

Sveva. Un nome strano per una ragazza strana. 32 anni, ossessionata dalla scrittura, dal cibo e dal vino, credo fermamente che vincerò un Pulitzer. Scrivo troppo perché la scrittura mi salva dal mio eterno, improbabile sognare. È la cura. La mia, almeno.

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