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Alla scoperta degli impulsi sessuali con Umberto Saba

Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli, è stato un poeta e scrittore italiano, scomparso nel 1957 a Gorizia in questo esatto giorno, il 25 agosto.

Il poeta dal cuore scisso, con un carattere difficilissimo; a tratti introverso e chiuso, dolcissimo invece quando parla della sua bambina.

Indole certamente non semplice da interpretare, ma senza la quale non avrebbe mostrato le sue debolezze con la stessa sensibilità e minuzia.

La sua infanzia è molto particolare; nasce da un padre che è il classico Don Giovanni ed eterno Peter Pan e da una madre ebrea, rigida, che della vita tutti sentiva i pesi, come possiamo leggere dalle sue poesie. Quando la madre rimane incinta, il padre, (che poi il poeta scoprirà solo da adulto avere i suoi stessi occhi azzurri), abbandona entrambi.

Durante i primi anni del Novecento spesso i figli, specie quelli appena nati, venivano affidati a delle balie slovene, donne legate al confine nord-orientale dell’Italia. Quella del poeta si chiama Peppa Sabaz, che diventa la sua personalissima fonte di felicità, vita, gioia: la sua madre di gioia.

Il trauma maggiore della vita di Saba fu quando la madre, quella austera e rigida, decise di riprenderlo con lei all’età di tre anni, pensando di essere finalmente in grado di crescerlo, nonostante i suoi problemi di depressione.

I rapporti genitori/figli non sono mai facili, e il nostro Umberto si fa mesto portavoce, tramite flashback e transfert, della sua famiglia disfunzionale.

La madre naturale ritorna in un componimento molto particolare e che mi ha sempre affascinato, Eros.

La scena è questa: un ragazzo, che incarna lo stesso poeta, sta guardando uno spettacolo di varietà al cinema. Qui Saba utilizza la tecnica del transfer; come ci spiega Freud, sogniamo delle persone ma in realtà quelle persone siamo proprio noi, è un trucchetto che usa la nostra mente per non farci vivere qualcosa che, se troppo diretto, ci farebbe del male. Se lo fa qualcun altro al nostro posto è più facile, no?

«Sul breve palcoscenico una donna 
fa, dopo il Cine, il suo numero.
Applausi, a scherno credo, ripetuti.

In piedi, 
dal loggione in un canto, un giovanetto,
mezzo spinto all’infuori, coi severi
occhi la guarda, che ogni tratto abbassa.
»

Una donna giunonica danza sul palcoscenico e viene schernita dagli applausi del pubblico.

Il giovane Saba, o meglio il giovinetto spettatore, guarda di rado la donna. Mantiene lo sguardo basso e austero, come quello di sua madre. Non deve, non può guardare questa donna così prosperosa.

«È fascino? È disgusto? È l’una e l’altra 
cosa? Chi sa? Forse a sua madre pensa,
pensa se questo è l’amore

I lustrini, sul gran corpo di lei, col gioco vario 
delle luci l’abbagliano. E i severi
occhi riaperti, là più non li volge.
» 

Il giovane Saba fa uno zoom sul bellissimo corpo della donna; le paiettes che si muovono a ritmo di musica, la luce che le colpisce grazie ai suoi movimenti sensuali.

Ed ecco che si fa avanti l’Eros freudiano, il principio di piacere che muove dal profondo tutte le creature.

Cosa resta da fare se non voltare lo sguardo? Già, la madre non accetterebbe mai qualcosa del genere, non l’ha educato per questo.

«Solo ascolta la musica, leggera 
musichetta da trivio, anche a me cara 

talvolta, che per lui si è fatta, dentro 

l’anima sua popolana ed altera, 
una marcia guerriera
»

Pur essendosi auto-censurato volgendo lo sguardo altrove, la musica continua ad alimentare l’eros tramite l’udito, e il giovane uomo capisce che non è una condanna, ma la scoperta della sua sessualità.

Nella mente di Saba, questa musica diventa una marcia guerriera, la stessa che  risuonava quando giocava con i soldatini insieme alla sua madre di gioia.

Pensando alla parte gioiosa della sua infanzia sparisce la censura, scompare l’austerità.

Umberto Saba si riconosce come uomo e rivendica il suo diritto di provare una spinta erotica, un’eccitazione, un impulso sessuale senza alcun senso di colpa.

Il suo diritto di alzare lo sguardo e di sottomettersi al piacere senza alcuna vergogna.

Catia Bufano

Illustrazione di Simone Passaro

Simone Passaro

Mi chiamo Simone Passaro e ho trentadue anni ma il dato è in continuo aggiornamento. Arrivato primo ad un concorso per sosia di Roy Paci, ho una controfigura che disegna al posto mio. Su di me Wikipedia dice: “la ricerca non ha prodotto risultati”.
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