Il caporalato: l’odierna schiavitú
Articolo 1:
“ l’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro”.
Articolo 4:
“la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.
Il lavoro non è solo un mezzo per guadagnarsi da vivere ma anche uno strumento che può avere una rilevanza collettiva e migliorare la nostra società.
Con questi articoli la costituzione ne sostiene l’importanza come dovere ma anche come diritto affinché il lavoro sia tutelato.
Inoltre negli articoli 36, 39 e 40 viene sancito il diritto ad una giusta retribuzione per le attività svolte, il diritto al sindacato ed il diritto allo sciopero.
Ci sono però forme di lavoro che non rispettano i dettami della nostra costituzione e vengono svolte nella totale assenza di questi diritti e del rispetto che ogni lavoratore dovrebbe avere.
Il caporalato di certo può essere tranquillamente definito una moderna forma di schiavitú ed è un tragico fenomeno di questa società.
Ma cos’è il caporalato e chi sono i caporali ?
Il caporalato è una forma di sfruttamento della manodopera, prevalentemente nel settore agrario ed edile, che viene reclutata ed organizzata da individui che agiscono come intermediari tra le aziende e i lavoratori, adottando dei veri e propri metodi criminali.
Secondo i dati forniti dall’osservatorio Placido Rizzotto della Flai-Cgil i lavoratori sotto caporale
- non ricevono nessuna tutela e diritti garantiti da un regolare contratto
- Hanno una paga media tra i 20 e 30 euro al giorno, in casi gravi di sfruttamento anche meno
- lavorano a cottimo per un compenso di 3-4 euro circa per cassa raccolta
- il salario è inferiore di circa il 50% di quanto previsto dal CCNL
- Le donne percepiscono un salario inferiore del 20% rispetto ai colleghi
- Orario medio che va dalle 8 alle 12 ore al giorno
- I lavoratori sono costretti a pagare il trasporto che è in media 5 euro e i beni di prima necessità al caporale.
L’Italia ha da sempre emanato provvedimenti contro il lavoro nero, ma sarà con le seguenti leggi che si avrà un sostanziale cambiamento nella lotta al caporalato.
Nel 2011 con il D.lgs n 138 convertito poi in Legge n 148 che si introdurrà il reato di “ intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” ( articolo 603 bis del codice penale).
Nel 2015 con l’entrata in vigore del Jobs Act, il D.lgs n 149 istituisce l’Istituto Nazionale del Lavoro con il compito principale di monitorare e vigilare in materia di lavoro.
Importante è l’entrata in vigore nel 2016 della Legge n 199 “ disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo”, che prevede un inasprimento delle pene sia per chi funge da mediatore, ossia i caporali, sia per chi sfrutta tale servizio.
Notizie incoraggianti ci giungono dalla cronaca che spesso ci informa dagli arresti e sequestri di aziende da parte delle forze dell’ordine, come dimostra l’operazione “Demetra”, che ha portato all’arresto tra la Campania e la Basilicata di 50 indagati e il sequestro di 14 aziende da parte della Guardia di finanza di Cosenza.
L’attuale situazione di emergenza causata dal virus ci ha costretto a guardare ancor più a quello che succede nelle campagne.
Le condizioni di vita di queste persone li rendono ancor di più esposti al rischio di contrarre il virus, vivendo purtroppo in condizioni pessime, costretti a dormire in abitazioni fatiscenti e sovraffollate senza norme igieniche e spesso senza acqua corrente.
Recente è la notizia di un boom di contagi nella comunità di braccianti Bulgari a Mondragone. Circa 50 persone sono risultate positive al test del virus cosicché la zona è stata sottoposta a quarantena fino al 30 giugno. L’episodio ha fatto riaccendere i contrasti tra la comunità di braccianti e i residenti scontenti del degrado e della sicurezza e numerose sono state le proteste e i tafferugli scoppiati.
È palese che ancora molto bisogna fare poiché questa forma di sfruttamento è comoda sia ai proprietari delle aziende,che hanno consacrato il loro operato al dio denaro e con poche spese di manodopera possono tranquillamente arricchirsi in barba ai diritti civili, sia alla criminalità organizzata che inesorabile tenta sempre di infiltrarsi nella gestione del mercato del lavoro.
Questo fenomeno riguarda tutti perché lede e impoverisce la nostra società.
Tu che in questo momento stai leggendo, magari mentre mangi quella frutta o quella verdura raccolta proprio da queste persone che per molte ore hanno faticato sui campi e tutt’ora sono lì a lavorare, rifletti attentamente sul fatto che in questo mondo ci sono troppe persone che vengono sfruttate, che troppo spesso gli ultimi rimangono ultimi e le loro condizioni di vita non migliorano .
Inaccettabile è che ancora oggi ci siano lavoratori trattati esattamente come degli schiavi, dei moderni servi della gleba che con i loro sforzi per tentare di sopravvivere arricchiscono l’ennesimo padrone che li priva dei loro diritti, sfruttandoli.
In un video, il sindacalista dell’ Usb Aboubakar Soumahoro, che da sempre si batte contro il caporalato e per i diritti dei braccianti, chiede al governo di regolarizzare i molti lavoratori irregolari. Egli citando a sua volta Giuseppe di Vittorio afferma: “ Regolarizzare tutti gli esseri umani, non per convenienza ma per dovere di Stato. E liberate tutti i braccianti, italiani e non, dallo strapotere della grande distribuzione se volete davvero combattere lo sfruttamento e il caporalato.”
Facciamo nostro questo monito.
Beatrice Gargiulo
Vedi anche: La crisi indiana dell’acqua