La Dichiarazione universale dei diritti del’uomo e del cittadino compie 231 anni
Quest’anno ricorre il 231° anniversario di un documento che ha segnato la storia: la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino.
Un atto rivoluzionario, fonte di ispirazione per i regimi liberali e democratici delle società contemporanee.
Non sono stati anni facili quelli che hanno preceduto l’emanazione della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino. Anni in cui nessun diritto era riconosciuto alle persone più povere e fragili. Il feudalesimo era il sistema politico in vigore all’epoca. Una particolare organizzazione sociale in cui solo i nobili e i cavalieri potevano godere di un certo status e dei diritti a esso legati.
La società, intendiamoci, e i suoi valori erano ben diversi dai nostri: la vita umana non aveva il peso che le attribuiamo noi.
Questo contesto è quello che ha dato origine a un movimento foriero di gli eventi illuminati e sovversivi: la Rivoluzione francese.
Dopo appena sei settimane dalla presa della Bastiglia e tre dall’abolizione del feudalesimo, il 26 agosto 1789, alla luce delle condizioni in cui lo Stato versava, un atto molto importante fu emanato per sancire i principi fondamentali che avrebbero regolato, da allora in poi, il rapporto tra istituzioni e cittadini.
“I Rappresentanti del Popolo Francese, costituiti in Assemblea Nazionale, considerando che l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti dell’uomo sono le uniche cause delle sciagure pubbliche e della corruzione dei governi, hanno stabilito di esporre, in una solenne dichiarazione, i diritti naturali, inalienabili e sacri dell’uomo, affinché questa dichiarazione, costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, rammenti loro incessantemente i loro diritti e i loro doveri; affinché maggior rispetto ritraggano gli atti del potere legislativo e quelli del potere esecutivo dal poter essere in ogni istanza paragonati con il fine di ogni istituzione politica; affinché i reclami dei cittadini, fondati da ora innanzi su dei principi semplici ed incontestabili, abbiano sempre per risultato il mantenimento della Costituzione e la felicità di tutti”, così recita il preambolo.
Nelle settimane seguenti si iniziò a discutere dei princìpi costituzionali e dopo giorni di confronti, l’Assemblea procedette alla redazione della dichiarazione. Diverse furono le posizioni ideologiche a cui i rappresentati si ispirarono: l’Illuminismo e filosofi come Thomas Hobbes, Jean Jacques Rousseau e Montesquieu. Sicuramente emerge il richiamo alla Dichiarazione d’Indipendenza americana del 1776, evidente in alcuni articoli:
- “Gli uomini nascono liberi ed uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune”;
- “Il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali ed imprescrittibili dell’uomo. Questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione”;
- “La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce agli altri. Così, l’esercizio dei diritti naturali di ogni uomo non ha limiti che quelli che assicurano agli altri membri della società il godimento di quegli stessi diritti; questi limiti non possono essere determinati che dalla legge”.
Il 20 agosto fu approvato il preambolo e i primi 17 articoli in cui venivano riconosciuti i diritti naturali, inalienabili e sacri dell’uomo: i diritti fondamentali, base della Costituzione. Tra questi venivano sanciti la libertà e la resistenza all’oppressione (art.2), l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge (art.6), e la sovranità nazionale (art.3). La dichiarazione stabiliva, inoltre, la libertà di espressione e di stampa (artt.10-11) e nell’ultimo articolo definiva la proprietà privata un diritto inviolabile e sacro. Nonostante la rilevanza di questa dichiarazione, il documento non fa nessun accenno alle donne e agli schiavi.
Seppure la sua forza rivoluzionaria sia palpabile, per comprendere la spinta propulsiva che essa ebbe è essenziale contestualizzare e circoscrivere il periodo storico. La dialettica della rivoluzione si svolgeva tra due attori: proprietari con privilegi – l’aristocrazia – contro proprietari senza privilegi – la borghesia.
La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino, è considerata l’atto che ha messo fine all’ancien régime e ha comportato uno sconvolgimento radicale nella società dell’epoca. È certamente per questo motivo che è divenuto un modello per i regimi liberali e democratici.
Un documento precursore, tanto che gran parte di esso è confluito nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo adottata dalle Nazioni Unite nel 1948, e dal 2003 è stata inserita dall’Unesco nell’Elenco delle Memorie del Mondo.
Grazie ad essa, molte battaglie sono state vinte. Oggi è da considerarsi quasi vincolante perché ascrivibile al diritto consuetudinario, ma tante sfide restano ancora aperte.
Rosaria Vincelli