L’ 11 settembre secondo me (e chi ancora non c’era)
11 settembre 2001: la data delle date.
Abbiamo letto così tanti racconti, visto documentari, ascoltato storie e testimonianze.
Ognuno a modo suo conosce ciò che è accaduto quel giorno e potrebbe narrarne le vicende minuziosamente.
E chi neanche lo ricorda quell’ 11 settembre?
Io avevo poco più di due mesi, in quel preciso istante ero allattata da mia madre che era seduta sul divano, di fronte alla TV a vedere distrattamente una trasmissione del pomeriggio. Una scena di vita quotidiana, un momento normalissimo in una normalissima famiglia.
Lo strappo nel velo dell’abitudine doveva essere davvero violento allora, per scuotere tutti e cambiare le vite di milioni di persone nel giro di pochi secondi.
I canali improvvisamente hanno smesso di trasmettere e hanno ceduto la linea a New York, all’attentato, alla spiazzante scena del crollo delle torri.
Non ricordo il viso di mia madre, ma dai suoi racconti posso immaginarlo: deformato dallo sgomento e forse anche rosso di rabbia, ma sopra ogni cosa, confuso.
Ho dovuto aspettare dieci anni per ritrovare quella stessa espressione sul mio viso, mentre osservavo curiosa un documentario sull’11 settembre. Certo, la storia la conoscevo bene, ogni anno mi veniva narrata, ogni anno veniva arricchita con nuovi dettagli, perché ogni anno crescevo e così la mia curiosità. Ma la consapevolezza reale degli eventi, quella non l’avevo ancora acquisita.
Ho dovuto aspettare altri 3 anni e un esame di terza media da preparare. Con il ricordo dell’attentato a Charlie Hebdo di qualche mese prima, decisi che non potevo più girare intorno a quell’11 settembre. E così è stato.
Un mondo nuovo di fronte a me. E anche molto strano.
Per la prima volta la paura di volare, la paura di viaggiare.
Forse è stato proprio quel momento a segnare il mio passaggio verso un mondo più adulto. Il crollo del castello di innocenza che la mente di ogni bambino costruisce minuziosamente dai primi momenti dell’infanzia, quel castello così ricco di dettagli bellissimi, di finestre e colonne, e colori. Tutto si riduce a macerie e vetri infranti, proprio come le torri.
Per la prima volta l’11 settembre mi ha resa consapevole della crudeltà insita nella storia del genere umano, e della conseguente paura, della guerra e della distruzione, che possono colpire anche luoghi in cui gli uomini vivono in pace, della disperazione della perdita e dell’incapacità di agire, di quel sentimento di impotenza che si riversa sul resto della popolazione che resta inerme ad osservare.
Il resto è storia. Ogni anno una scoperta diversa, ogni giorno la rabbia di una nuova guerra e ogni minuto quella di una notizia sconcertante.
Mi ci sono voluti un altro paio di anni per scoprire che Oriana Fallaci quel giorno si trovava lì, a Manhattan, che aveva visto proprio tutto, e anche lei, che aveva assistito a guerre e conflitti, che aveva raccontato le brutalità in Vietnam agli italiani, proprio lei non riusciva a capacitarsi dello spettacolo a cui stava assistendo.
Mi sono sempre chiesta: cosa fanno questi eventi agli uomini?
L’intoccabile Occidente, l’intoccabile America, il paradiso, la terra dove i sogni si avverano e la meta di tutte le persone che decidono di chiudere con il proprio paese, il desiderio di tutti, improvvisamente non è più così intoccabile.
E la nostra città non diventa più casa, perché casa è sinonimo di posto sicuro.
Quindi ogni giorno, da quel momento, siamo tutti New York l’11 settembre.
Angela Guardascione
Illustrazione di Luca Casadio
Vedi anche Inquietudini di Settembre