Resurrexit Cassandra: vergogna all’umanità!
Ruggero Cappuccio, per il Napoli Teatro Festival 2020, firma un testo geniale, provocatorio, visionario: a trasformarlo in un capolavoro è la regia di Jan Fabre e l’interpretazione potente di Stella Höttler.
In un Bellini popolato dai fantasmi di Audrey Hepburn, Frida Kahlo, Charlie Chaplin Jan Fabre dà luce e colore ad un testo cupo e apocalittico come Resurrexit Cassandra, monologo in tedesco in cinque quadri scritto da Ruggero Cappuccio e interpretato da una magnetica Stella Höttler.
È un presente imprecisato quello in cui Cassandra, risorge dalla terra: la terra è da millenni la sua casa, quella terra da cui fu sepolta, in un passato remoto, dopo aver accolto la morte per mano di Clitennestra. Cassandra risorge dalla terra e con la gola ancora strozzata dal fango, la voce spezzata dalla polvere urla l’ultima delle sue profezie, la più infausta.
“Ototototoi popoi da“ è il grido di dolore di una Cassandra a cui non fu data la grazia della morte, a cui non è concesso il riposo eterno, una Cassandra che da millenni sconta l’ingiusta vendetta di Apollo.
La condanna di Cassandra è una vita eterna, una continua reincarnazione in presenti sempre più bui, che la costringe ad attraversare i millenni, a sentire il dolore dell’umanità, ad assistere a sempre nuove catastrofi, sempre più atroci delitti.
Cassandra, figlia prediletta di Priamo ed Ecuba, per il perfido tiro di quel dio che non amò, diventa la veggente inascoltata di ogni disgrazia, di ogni rovinoso futuro che pende sull’uomo e sulla terra.
Inascoltata preannuncia l’ultima sciagurata notte di Troia, in cui la sua città muore e la sua libertà finisce. Schiava di Agamennone, ne predice la morte a tradimento: ancora una volta la sua voce resta inascoltata. I suoi occhi vedono quello che già sanno: la morte dei suoi cari, dei suoi concittadini, del suo nemico e, infine, la sua.
Ma Cassandra è risorta ora, per l’ennesima volta, dalla terra per la terra: l’ultimo vaticinio è insieme un avvertimento e una preghiera. Cassandra si rivolge all’uomo del presente e implora pietà per la sua condanna: prestar fede al suo vaticinio significa per lei la libertà, il dono tanto desiderato dell’eternità. E allora funesta e agghiacciante arriva la sua premonizione: la fine del mondo in un mare di immondizia.
Un’isola di rifiuti, grande quanto la penisola iberica, danza a largo del Pacifico; orsi polari assistono inebetiti allo scioglimento dei ghiacciai, alla distruzione del loro habitat; il livello del mare si alza: qualche centimetro in più e addio Venezia, addio Rio de Janeiro, addio Napoli.
Abbiamo ucciso e devastato più di qualunque guerra; siamo responsabili delle macerie del passato e del presente, genitori irresponsabili di un futuro già irrimediabilmente menomato.
Cassandra urla disperata, si muove sulla polvere in una danza inquietante, si contorce convulsa su una terra violata, devastata, prosciugata dall’incuria umana, dalla barbarie e dalla noncuranza di cui solo un uomo miope è capace. La voce straziante di Cassandra ci invita alla vergogna, ci sputa in faccia il suo disprezzo, ci impala alla croce delle nostre responsabilità, ci preannuncia un futuro, neanche tanto remoto, di morte.
La voce di Cassandra pretende da noi ascolto e le sue parole così come la polvere che si alza sotto i suoi piedi, non possono non seccare la gola.
Valentina Siano
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