All hail Queen Zendaya! Emmy Awards 2020: highlight, vittorie, sconfitte
Quando si avvicina l’inizio dell’inverno, il mondo intero si ferma per un attimo; tira un respiro e attende.
È solo un momento brevissimo di stasi, prima che tutto ritorni alla normalità: si stanno per annunciare le nomination degli Academy Award, più volgarmente conosciuti come Oscar.
Quella stessa trepidante attesa, per alcuni nerd come la sottoscritta, viene percepita – palpabile – agli sgoccioli di un’altra grande premiazione: gli Emmy Awards.
Il pubblico che considera gli Emmy Awards come una versione meno importante, in piccolo, degli Academy, non sa proprio di cosa sta parlando. Il grandeur ed il glamour della serata di Gala è altrettanto potente, risplende come solo un red carpet a Los Angeles sa fare e mette in gioco tutto: gossip, momenti cringe, momenti cult, moda, arte.
L’emergenza Covid non poteva in alcun modo polverizzare l’entusiasmo dello star system, la voglia di eleganza, di vestiti Valentino, Versace e Vera Wang, anche se a distanza; ognuno nel salotto di casa – o attico, villino, mega-villa, cottage di lusso, poolhouse, mansion e via dicendo – si è fatto vestire, truccare, pettinare, restaurare e riprendere. Assistiamo a quella che è, probabilmente, la videoconferenza più glamour del globo.
Vedete, il bello degli Emmy è che si focalizzano su un universo artistico vastissimo, intricato, ricco: quello delle serie TV. Le serie TV sono l’arte del secondo (e forse anche del terzo) decennio del duemila, sono il nuovo cinema, l’arte visiva crocevia di poliedrici talenti, grandi attori, storie a puntate difficilmente narrabili attraverso una sola pellicola, e ancora videomaker emergenti, sceneggiatori alle prime armi, attori che hanno provato a sfondare nel cinema ma il cui volto era destinato al piccolo schermo. Nella serie TV chiunque può spaziare, prendersi terreno, reinventarsi.
Ora basta con il pippone filosofico sull’arte del telefilm, parliamo degli Emmy: il grande vincitore è la commedia canadese Schitt’s Creek, che con sette vittorie si aggiudica un primato nella storia degli Award. No, non l’ho – ancora – vista. Però voi dovreste, a quanto pare. Altri grandi vincitori sono stati il drama dell’HBO Succession e lo splendido Watchmen. Moltissime nomination anche per il cupo e divertente Ozark.
Ed i talenti vincenti sono stati tanti, meritevoli, dotati, meravigliosi.
Il mio cuore di scrittrice e donna, però, brama senza scappatoia o svincolo di poter parlare delle regine indiscusse, delle due donne incredibili della serata di ieri: la piccola, gargantuesca Zendaya e la gigantesca, dolce Regina King.
Zendaya è il dono di una divinità esteta e sapiosessuale all’umanità.
Quel viso, quell’ironia, quella classe!
La performance di Zendaya, che a 21 anni appena compiuti è così giovane da poter essere mia figlia (sono i trentadue, non fateci caso, non è vero), nel teen drama Euphoria è matura, inquietante, splendente.
L’evoluzione della carriera di questa ragazza, di questa artista, continua ad essere affascinante, provocatoria ed elegantissima. Come del resto era lei durante la premiazione, gioiosa e bellissima nel suo Armani Prive, la sua pettinatura alta e i gioielli Bulgari.
Zendaya è una principessa Disney, questo è poco ma certo.
E Regina, Regina King è l’immagine icastica del suo regale nome: una supereroina anche nella vita, mentre durante il discorso d’accettazione del suo Emmy indossa una t-shirt che ricorda la realtà sociale e politica, ci riporta alla mente #Blacklivesmatter, George Floyd ma soprattutto la tragedia irrisolta della giovane Breonna Taylor. A rappresentanza della possibile coesistenza tra lusso, stardom ed impegno, supportando la ricerca e mettendosi a simbolo di un’idea. Watchmen ha reinventato e stravolto le superhero stories muovendosi trasversalmente e annientando con micidiale precisione, uno dopo l’altro, tutti i pregiudizi e stereotipi del genere. Sì, del genere ma anche della società, del patriarcato, della storia dell’iconografia.
I grandi sconfitti di questa 72esima edizione degli Emmys cono proprio loro: i giudizi facili, le banalità, i paternalismi, il patriarcato e le stigmatizzazioni, l’emarginazione, il “è sempre stato fatto così”, tutto ciò che è retrogrado, passato, limitante.
I gala, eventi come Academy Awards, Golden Globes, Tony Awards e Emmys non sono solo fenomeni patinati che inscenano le frivolezze, la moda, il make-up, le vite altre e straordinarie delle divinità hollywoodiane. Sono fenomeni culturali, che in una modernità dettata e stabilita da media e social, possono cambiare e influenzare la storia dell’uomo.
Sveva Di Palma
Vedi anche: The Boys II, il ritorno dei “cattivi ragazzi” su Amazon Prime