Karol Wojtyla: il papa giovane
Anche il più ateo tra di voi conoscerà Papa Giovanni Paolo II, il cui vero nome è Karol Jòzef Wojtyla, il 264° papa della Chiesa cattolica, eletto proprio il 16 ottobre del 1978 a soli 54 anni.
Forse lo ricorderete per l’attentato alla sua persona il 13 maggio del 1981, giorno in cui Mehmet Ali Agca gli sparò due colpi di pistola, ferendolo gravemente, infatti uno dei proiettili raggiunse l’addome, fino ad arrivare a perforare il colon e l’intestino tenue.
Il giovane di ventitré anni faceva parte di un gruppo di estremisti e fu subito incarcerato, mentre Wojtyla fu soccorso ed operato.
Tre anni dopo il Papa decise di andare a trovare il suo omicida in carcere per perdonarlo: nel frattempo Ali era stato condannato all’ergastolo, per poi essere estradato in Turchia.
“Ho parlato con lui come si parla con un fratello, al quale ho perdonato e che gode della mia fiducia. Quello che ci siamo detti è un segreto tra me e lui”, dichiarò Wojtyla.
Questo fatto colpisce perché avvenne nel giorno del ricordo della prima apparizione della Madonna a Fatima e il papa asserì che fu propria lei a salvarlo da morte certa, essendo il killer un ottimo tiratore.
Ma raccontiamo qualcosa in più su questo pontefice.
Il suo pontificato è stato uno dei più duraturi della storia, essendo stato appunto di 27 anni.
Un altro suo primato è stato quello di essere il primo pontefice polacco e primo Papa italiano dopo 455 anni.
Svolse una politica anticomunista ed è ha avuto un ruolo fondamentale nella caduta del socialismo reale.
Nacque in Polonia il 18 maggio 1920. Nel 1938, si iscrisse all’Università di Cracovia, dove studiò filologia, lingua e letteratura polacca, lavorando come bibliotecario volontario e arruolandosi nella legione accademica. Nel frattempo, aveva già imparato altre lingue, quali lo slovacco, il russo, l’italiano, lo spagnolo, il francese, il portoghese, il tedesco, il polacco, lo svedese, l’ucraino, l’inglese e il latino.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, lavorava in una fabbrica, evitando così la deportazione.
Un incidente che lo costrinse a passare due settimane in ospedale gli fece rafforzare il suo credo e la sua vocazione, che fu praticamente confermata.
Gli orrori della guerra non erano ancora finiti ed infatti la Gestapo, nell’agosto del 1944, durante il cosiddetto “lunedì nero”, perquisì Cracovia, arrivando in casa del pontefice, che anche stavolta, riuscì a non essere catturato e deportato perché si nascose dietro una porta, per poi rifugiarsi nel Palazzo vescovile, dove vi rimase fino alla fine della guerra.
Nel 1942 iniziò a seguire i seminari, che allora erano illegali, presso il palazzo in cui si era stabilito e riuscì a diventare sacerdote, proprio nel periodo in cui la Polonia si era trasformata in regima comunista, quindi fortemente ostile al cattolicesimo, nonostante fosse una delle religioni più professate nel paese e fu proprio in quegli anni che divenne prete. Si recò poi a Roma per poter studiare teologia.
Inoltre, si dilettava scrivendo poesie, pubblicando articoli e saggi vari, contemporaneamente al suo ruolo di insegnante di filosofia e teologia a Dublino.
In contrasto con il potere, riusciva tuttavia ad organizzare escursioni con messe all’aperto.
Iniziò così la sua scalata: venne nominato vescovo ausiliario di Cracovia e poi arcivescovo, successivamente cardinale.
Alle 18:18 del 16 ottobre arrivò la nomina di Papa con nome Giovanni Paolo II, anche se inizialmente avrebbe voluto chiamarsi Stanislao I, in onore del Santo patrono di Cracovia, me gli fecero cambiare idea per essere in linea con la tradizione romana. Celebre è la sua frase “Se sbaglio mi corrigerete!”, con cui superò le iniziali titubanze per il suo essere straniero.
Molte furono le rivoluzioni che compì: scelse una semplice messa come cerimonia di inaugurazione papale, fece a meno di tanta simbologia in quanto non voleva creare un regno e si distinse per le sue opere missionarie, che gli permisero di viaggiare in tutto il mondo con lo scopo di “abbracciare” tutti i fedeli e diffondere il Cattolicesimo, in particolare tra i giovani.
Fu il primo pontefice romano a pregare in una sinagoga, riconobbe lo Stato d’Israele e avviò le Giornate Mondiali della Gioventù, per riunire tutti i giovani del mondo, a cui si sentiva profondamente legato e in una di queste manifestazioni, la stampa utilizzò il termine “papaboy” per indicare i seguaci del papa, per l’appunto!
Chiese perdono per tutte le atrocità commesse dal Cattolicesimo, in particolare le persecuzioni contro gli ebrei, contro Galileo Galilei, la tratta degli schiavi africani e proclamò 1338 santi (un record per un solo papa).
Era tollerante, soprattutto da un punto di vista religioso e si schierò contro l’aborto, la pena di morte, l’eutanasia e la fecondazione artificiale. Non accettava le relazioni omosessuali, le unioni civili e il sacerdozio femminile.
Forte era la sua opposizione contro il potere mafioso, soprattutto dopo gli attentati a Falcone e Borsellino.
Sensibile ai problemi ambientali, si diede da fare anche nell’ecologia.
Non accettava nessun tipo di violenza e auspicava a risolvere i conflitti con la pace, motivo per il quale Mikhail Gorbachev, leader sovietico, entrò in Vaticano, per impedire che il movimento clandestino cattolico polacco ostile al comunismo non ricorresse ad approcci aggressivi.
In Turchia, incontrò il capo della Chiesa ortodossa per unire le due comunità religiose.
Nonostante gli fu diagnostico il morbo di Parkinson, non smise di viaggiare e trasmettere i suoi insegnamenti, fino alla sua morte, avvenuta il 2 aprile del 2005.
Fu beatificato da Papa Benedetto XVI nello stesso anno, sebbene la regola prevedesse che dovessero passare prima cinque anni dalla morte, così il processo per renderlo santo avvenne nel 2014.
Alcune curiosità:
- effettuò tre esorcismi;
- era soprannominato “atleta di Dio” per la sua sportività, appassionato nuotatore nonché scalatore e sciatore. Giocava anche a calcio come portiere;
- nel 1982 fece visita a degli operai di Rosignano Solvay ed egli stesso aveva lavorato in una di quelle strutture;
- sono state scoperte uscite segrete dal Vaticano per riposare, soprattutto sui monti dell’Abbruzzo.
Molte sono però le critiche che aleggiano sul suo operato, ma io vorrei ricordarlo con questa frase: “L’amore non è una cosa che si può insegnare, ma è la cosa più importante da imparare!”.
Alessandra Liccardi
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