L’altro Giappone: “A stranger in Shanghai” in un profetico venerdì d’autunno
La rassegna cinematografica “L’altro Giappone”, tenutasi con incontri virtuali e proiezioni nell’auditorium del Mann di Napoli, si è conclusa con grande successo venerdì scorso, adottando come chiosa finale il film A Stranger in Shanghai.
Un preludio introduttivo e digressivo, sfortunatamente distanziato ed in videoconferenza, da parte di Antonella Cilento e Giorgio Amitrano ha invitato il pubblico in sala alla scoperta della figura di Ryunosuke Akutagawa, l’autore di Rashomon. Sì, proprio quel Rashomon lì, trasformato in una delle pellicole storiche più celebri della storia da Akira Kurosawa.
La grande ricerca filosofica e di pensiero dell’autore giapponese viene approfondita e scandagliata con attenzione dai professori, coinvolti chiaramente da un legame affettivo oltre che artistico ed accademico con Akutagawa.
La sua scrittura rivoluzionaria, pioneristica e tormentata è un assaggio del romanzo breve a noi contemporaneo, storie che si soffermano sul pensiero senza sosta, la ricerca indefessa dell’essere umano sulla sua esistenza.
La conclusione dei suoi racconti immaginifici è sempre chirara: la fantasia è la salvezza, la fuga dalla consistenza inconsistente di una realtà dura ed inafferrabile.
La concretezza della vita, la sua quotidianità, si mistifica attraverso la favola, la creazione di storie di profeti, samurai, mostri e fanciulle.
A Stranger in Shanghai, uscito nel 2019 per la regia di Tatu Kato, si propone appunto di mostrare il lato più sfrenato della mente creativa di Akutagawa, raccontando delle sue avventure nella grande, multiculturale città cinese.
Ogni sua vicenda viene sublimata in un racconto mitologico, cerca una spiegazione nell’intreccio favoloso ed irreale di una Cina immaginata e costellata di simboli, simboli che sono tratti dalla opulenta e sfarzosa iconografia della mitologia cinese, evidentemente antichissima ma – nella mente sfrenata di Akutagawa – anche dialogante con la modernità.
Oltre ad una pellicola dedicata alle elucubrazioni e al tormento di un autore, A Stranger è il dipinto di un paese, di una cultura in tumulto: la Cina di circa di un secolo fa. La politica segna una forte parentesi nell’intreccio, per quanto sia sempre affrontata con poesia, con l’evidente delicatezza del punto di vista dell’autore giapponese, incapace di trovare spiegazioni per la violenza alla quale invece il regista Tatu Kato ci fa assistere.
La povertà, le rivolte, la morte si fa largo nell’altrimenti irreale approccio di Akutagawa alla vita, sospesa sempre tra il racconto, il disegno, la fiaba ed il sogno.
La verità, oltre ad essere senza equilibrio tra il bene ed il male, è spesso senza poesia.
E il surreale, fragile e delicato Akutagawa, affascinato dalla bellezza e dalla grazia, non resiste al contatto forzato con essa, rifiutandola al punto da togliersi la vita con una overdose di sonniferi.
Come prima accennavo, la dimensione onirica di questo film si scontra con la realtà delle rivolte popolari della Cina degli anni ’20, ridotta alla fame e alla povertà prima dell’avvento del regime di Mao. E quasi profeticamente, le rivolte dallo schermo si sono trasferite alla nostra vita quotidiana, in quello stesso venerdì 23 ottobre. Mentre nell’auditorium del Museo Archeologico di Napoli il boy prositute Lele moriva dissanguato su uno schermo dopo uno scontro da manifestanti e polizia, la città intera si preparava a scendere in piazza per contestare le parole ed i provvedimenti del proprio governatore.
Un venerdì mistico, magico, dagli strani risvolti consci ed inconsci.
Uno che sicuramente non dimenticheremo.
Al prossimo anno con L’altro Giappone, sperando che le prossime profezie possano essere emblematiche di un futuro più roseo.
Sveva Di Palma