Lasciare spazio all’emozione: Padre Nostro al TAN
Teatro come spazio emotivo al quale non si vuole e non si può rinunciare.
È questo l’assunto di base dal quale parte la compagnia Babilonia Teatri con l’obiettivo di lasciare spazio alle emozioni, nonostante il periodo di estrema difficoltà per il mondo dello spettacolo e le chiusure forzate che l’emergenza sanitaria impone ad oltranza.
Ecco che la messa in scena dello spettacolo Padre Nostro – che aveva già debuttato nel 2019, al Festival B. Motion di Bassano – apre la stagione 2020/2021 al TAN con gli spettacoli del 17 e 18 ottobre; quasi a simboleggiare le canne al vento di Grazia Deledda, che percosse dal vento, restano fortemente ancorate alla terra senza spezzarsi.
Scritto e diretto da Enrico Castellani e Valeria Raimondi con Maurizio, Olga e Zeno Bercini, Padre Nostro aspira ad inscenare il rapporto tra generazioni messe a confronto: un padre ed i suoi due figli, con tutto ciò che li unisce e li allontana.
Tutt’altro che un’immagine familiare idealizzata, di paternità in grado di lasciare in eredità ricordi che siano solo idilliaci.
I conflitti, le istanze del reale e dello stereotipo che avvolgono il concetto di famiglia e con esso si scontrano, sono tutti sulla scena, in un attrito costante che si avverte nella recitazione dei figli.
Concentrandosi principalmente sulla figura del padre che intende non essere abbandonato, lasciato a se stesso; si accompagna la voglia dei figli di essere benvoluti dal genitore stesso, manifestando un’aura di tensione palpabile tra i personaggi stessi che rende merito in particolare al giovane Zeno Bercini.
Una delle scene più coinvolgenti ed ironiche è la simbolica autopsia del corpo paterno, dalla cui vivisezione emerge il fegato come espressione della sua rabbia repressa, del “bicchiere di troppo” di lambrusco che ne compromette il colorito.
A ciò si accompagna la parafrasi della preghiera omonima che risalta l’estraneità dei tre, che sono padre e figli anche nella realtà e che forse per questo inscenano senza difficoltà la disarmonia familiare, e che seduti ad una stessa tavola non conoscono e riconoscono il padre.
È estraneo per quegli affetti che dovrebbero essere i più cari.
Il progetto di programmare 6 spettacoli, dal 17 ottobre 2020 al 6 gennaio2021, con tutti gli accorgimenti previsti dalle normative vigenti per non mettere a rischio la salute di nessuno, ha purtroppo subito una sprangata con la decisione del DPCM 25 ottobre.
Si comunica, infatti, la chiusura totale di cinema e teatri, che Dario Franceschini – Ministro per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo – ha commentato:“Un dolore la chiusura di teatri e cinema. Ma oggi la priorità assoluta è tutelare la vita e la salute di tutti, con ogni misura possibile. Lavoreremo perché la chiusura sia più breve possibile e come e più dei mesi passati sosterremo le imprese e i lavoratori della cultura”.
Possiamo solo auspicare che la chiusura sia effettivamente quanto più breve possibile nella realtà, poiché investe uno dei settori già in ginocchio a causa della pandemia mondiale e che prevedeva già non solo ingressi contingentati, ma anche il rispetto del distanziamento tra le sedute.
Ulteriore perplessità desta la non-applicazione dello stesso provvedimento ai musei, che restano per il momento ultimo baluardo di fronte alla mortificazione della cultura.
Alessandra De Paola
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