Viva il marxismo, viva i Fratelli Marx!
Per coloro che potrebbero farsi ingannare dal titolo, lo preciso subito: non parlo di Karl Marx!
Bene, sciolto questo dubbio, posso tranquillamente definirmi un grande marxista; perché se parliamo di storia della comicità, dobbiamo assolutamente menzionare questa famigerata famiglia di artisti.
E dirò di più: non esagero quando dico che i fratelli Marx sono stati i comici più importanti e influenti in tutto il mondo, dall’avvento del sonoro ad oggi.
Andiamo a presentarli subito: Zeppo, personaggio più dedito a ruoli leggeri e romantici (che abbandonerà la recitazione nel 1935); Harpo, vagabondo muto leggermente tontolone con dei ricci biondi; Chico, bullo con un finto accento italiano e un debole per le donne; e infine il grande Groucho, baffone, brontolone e chiacchierone, sempre con una delle sue battute sferzanti e pungenti (quest’ultimo sarà l’unico a ricevere l’Oscar alla carriera).
In realtà ci sarebbe anche un quinto fratello, Gummo, ma abbandonerà presto l’arte comica per intraprendere la strada imprenditoriale.
Che sia il varietà, il cinema o la radio, il loro linguaggio è sempre riconoscibile: surreale, sopra le righe, anarchico, con quel continuo sberleffo verso la società americana e le sue ipocrisie. Prendono in giro altolocati, governo, istituzioni, non se ne salva uno!
Grazie a film come Animal Crackers, La guerra lampo dei Fratelli Marx, Una notte all’opera, i fratelli Marx hanno ispirato i comici delle generazioni successive.
“Groucho: …Scelga una carta.
Margaret Dumont: Scegliere una carta? Per farne cosa?
Groucho: La può tenere, me ne rimangono 51. Che cosa stava dicendo?
Groucho: Dove fu firmata la dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti?”.
Chico: In fondo al foglio, a destra.
Groucho: Perché canti?
Chico: Tanto per ammazzare il tempo.
Groucho: Certo possiedi un’arma micidiale!
Groucho: Non entrerei mai a far parte di un club che accettasse uno come me come socio.
Gruocho: Grazie, ho trascorso una serata meravigliosa. Ma non è questa.
Gruocho: Citatemi dicendo che sono stato citato male.”
Francesco Siliberto
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