Non è una colpa essere donna
Drin drin, drin drin
Sono le sei e trenta del mattino e la sveglia mi urla di alzarmi, vorrei restare tra queste calde coperte ancora un po’, invece svelta mi alzo.
Mi lavo il viso e poi mi fermo un secondo a guardarmi allo specchio: non lo faccio spesso, di solito corro, però oggi i miei occhi mi hanno chiesto di essere visti. Li guardo e li vedo stanchi, mi chiedo: quante volte qualcuno mi ha guardata negli occhi solo per dirmi che ero sbagliata?
Tante, alcune volte mi hanno incolpata anche di essere nata femmina, per essere stata sensibile, per aver avuto paura, per aver gridato, per aver esitato, per essermi lasciata andare troppo presto, per essere stata troppo fredda troppo a lungo, per essermi fidata, per non averlo fatto. Oggi mi guardo allo specchio e mi dico che no, non è colpa mia, perché non è una colpa essere nata donna.
Indosso i miei tacchi alti al punto giusto, né poco perché mi fan sembrare sciatta e né troppo perché potrei passare per quella che “chissà che rapporto ha con il capo”. Corro al lavoro, nonostante questi tacchi i miei colleghi uomini sembrano comunque più alti di me. E non soltanto per i centimetri d’altezza. Ci dicono spesso che dovremmo lavorare il doppio, per essere all’altezza del lavoro che un uomo fa senza fatica, però nessuno ci dice mai che già siamo abbastanza, che non abbiamo bisogno di essere alte come loro. Perché no, non è colpa mia se tu, uomo, mi vedi diversa da te.
Faccio la strada per tornare a casa, con i miei tacchi sembro accattivante, potrebbe sembrare che io stia cercando un uomo. Penso che ho paura perché è buio e c’è poca gente. Il parcheggio sembra isolato ed io temo che qualcuno potrebbe avvicinarmi e dirmi che son bella, che potrebbe pensare che quel complimento mi faccia piacere, ma non penserebbe mai che potrei anche averne paura, qualora dopo quelle parole lui non volesse accettare un mio “no”. Però non è colpa mia se tu, uomo, non sai fermarti.
Penso a questi tacchi, penso che alcuni di voi maschi non sanno capire che un tacco, una gonna o una maglia scollata non vogliono dire “sì”. Penso a questo e ho paura, ho paura di poter essere incolpata se diventassi vittima di un maschio. Penso che non è giusto essere incolpata per essersi vestita elegante, per essere bella, per essere desiderata.
Penso che non voglio aver paura di sentirmi bella.
Penso che non è colpa mia se al telegiornale diranno che “ero da sola”, che “era buio”, che “con le mie forze non sono riuscita a difendermi”, che “non sarei dovuta andare a casa di un estraneo” e che “lui non è riuscito a tenersi fermo”.
Penso che non è colpa mia perché ho il diritto di camminare da sola, anche se buio, anche in minigonna, anche se ho poche forze per proteggermi.
Penso che non è colpa mia perché tu hai il dovere di rimanere fermo. Penso che non è colpa mia, perché la colpa è tua.
Torno a casa e accendo la tv. Parlano di una donna uccisa dal compagno. Usano frasi che mi annientano: “non è riuscita a denunciare in tempo”, “lui non ha resistito”, “lui non voleva quel bambino e l’ha uccisa”.
Mi sembra che vogliano giustificarlo. Ma come si può giustificare una persona che ne uccide un’altra? Mi sembra che vogliano incolpare lei per essere rimasta incinta, incolpare lei per non essere riuscita a denunciare, ma come si può incolpare la vittima? Penso che no, non è colpa sua perché lei è la vittima e lui è l’assassino.
Mio marito mi bacia, mi tiene stretta e mi chiede come è andata la giornata. Tutto bene, però vorrei che gli uomini fossero tutti come lui: incapaci di credere che una donna sia di loro proprietà. E di uomini veri ce ne sono molti, di uomini educati al rispetto. Ma purtroppo ce ne sono ancora troppi che non sono tali. E no, non è colpa mia se non sono tutti come lui.
Però sarà compito nostro educare il bambino che porto in grembo ad essere un uomo capace di capire che è colpa sua se userà il suo potere per far del male ad una donna. E che pertanto non dovrà farlo mai.
Martina Casentini
Disegno di Sonia Giampaolo
Guarda anche Welcome to the jungle