Lili Elbe: morire in nome della propria identità
Gli ultimi fatti di cronaca nera, che hanno visto coinvolti Paola Gaglione e Ciro, un ragazzo transessuale, hanno scatenato un aspro dibattito su temi legati all’identità di genere e all’orientamento sessuale.
La transessualità, così come l’omosessualità, ancor prima che stigmatizzati, sono concetti spesso sfumati, confusi.
Non sentirsi a proprio agio nella propria pelle non è, come molti definiscono, una perversione figlia della modernità: vi racconto di Lili Elbe, la prima donna trans della storia, e di Gerda Cottlieb, sua moglie.
È probabile che a molti sia già nota la storia di Lili, la cui biografia viene narrata dallo splendido film The Danish Girl diretto da Tom Hooper, e dell’omonimo romanzo scritto nel 2000 da David Ebershoff.
Lili Elbe, nata Einar Mogens Andreas Wegener, nasce nel 1882 a Vejle, in Danimarca: egli, pittore specializzato in paesaggistica, conobbe Gerda Cottlieb durante la frequentazione della scuola d’arte di Copenaghen, e la sposò nel 1904. La nascita, o per meglio dire, la manifestazione di Lili, avvenne quasi per gioco: Gerda, che illustrava per riviste di moda, chiedeva spesso al marito di posare in abiti da donna. Einar, dopo un iniziale imbarazzo e smarrimento, si ritrova costretto ad ammettere di provare un certo compiacimento nel vestirsi ed atteggiarsi da donna, fino al punto da decidere di far emergere la sua identità femminile in pubblico, agli occhi del mondo, nella quotidianità. Chiaramente Gerda, confusa quanto e più del marito, cercherà, almeno all’inizio, di dare una spiegazione alle inclinazioni del marito in una qualche devianza psichica o squilibrio ormonale: l’esito verrà confermato dai medici del tempo, che gli diagnosticheranno diverse patologie tra le quali la schizofrenia. Einar e Gerda si trasferiranno a Parigi agli albori degli anni ’20. Einar, nel capoluogo francese, vivrà apertamente il suo genere, vestendosi come una donna e assumendo un nuovo nome: Lili Elbe. In questi anni apprenderà che in Germania vi fosse un medico che aveva già condotto un intervento di riassegnazione sessuale, sebbene si trattasse di un’operazione ancora in fase sperimentale. Nel 1930 si sottopose al primo intervento di asportazione degli organi sessuali maschili; l’anno successivo subì il trapianto di ovaie, rendendole di fatto possibile cambiare legalmente nome e sesso e di ricevere il passaporto come Lili Elbe; il re di Danimarca, Cristiano X, annullò il matrimonio con Gerda. Le abitudini di Lili cambiarono: ella abbandonò l’attività di illustratrice, perché appartenuta ad Einar.
Fu l’ultimo intervento, quello del trapianto di utero della ricostruzione della vagina, ad esserle fatale: morì il 13 settembre 1931.
Della storia di Lili Elbe, affascinante, seppur con un tragico epilogo, voglio porre l’accento su un personaggio apparentemente secondario, ma a mio avviso, di vitale importanza: Gerda. Immaginate di innamorarvi e di essere ricambiati, di scegliere quella persona come compagna di vita. Immaginate di sposarla, e di desiderare dei figli insieme a lei. Immaginate di avere una complicità tale da chiederle di vestirsi da donna perché vi serve che lei vi faccia da modella e riderne insieme. E poi immaginate di vedere quella persona sempre più angosciata, disgustata dalla propria pelle, e immaginate ancora di vederla felice solo con il rossetto ed una gonna a ruota. Immaginate di sentirvi dire dalla persona che amate che questa non si sente a proprio agio nel proprio genere.
Gerda ha scelto di mettere da parte il proprio amore per amore: è rimasta al fianco di Einar, guidandolo per mano lungo il percorso che l’ha visto lentamente lasciare il posto a Lili, non senza fatica, non senza il dolore di star perdendo un compagno di vita di cui credeva di conoscerne ogni sfaccettatura. Ma forse Gerda, in fondo, sapeva bene che non era Einar l’uomo di cui si fosse innamorata: Lili dormiva inquieta in un angolo della sua coscienza, aspettando che il momento giusto – i quadri di Gerda – le dessero finalmente modo di vivere alla luce del sole.
Gerda ha scelto di accettare la transizione di suo marito: ha scelto consapevolmente di lasciar andare Einar, di accettarne “la morte”, o meglio, la vera natura. Gerda Cottlieb nacque nel 1886, eppure non ebbe problemi a comprendere che la transessualità non fosse una deviazione, o una tendenza fortemente infettiva, né ebbe dubbi sul proprio orientamento sessuale, quando capì che suo marito preferisse farsi chiamare Lili.
E se una donna del 1886, con tutti i costumi e i pregiudizi del suo secolo, è riuscita ad accettare serenamente la felicità del proprio marito, mi viene da chiedermi perché sia così difficile farlo nel 2020.
Giovanna Alaia
Vedi anche: Maria Paola e Ciro, la storia dell’a-mors strappato dalla mancanza di tutele