Sessismo in tv: è nata prima la gaffe o la televisione italiana?
Ce lo siamo chiesti tutti: è nata prima la gaffe o la televisione italiana?
Il palinsesto Rai e non meno quello Mediaset ci hanno più volte fatto maledire il giorno in cui abbiamo comprato il televisore e lo abbiamo piazzato in salotto.
L’esempio a noi più vicino di sessismo e gaffe è esplicato dal triste siparietto della spesa sexy a “Detto Fatto”.
Proteste sui social, le scuse di Bianca Guaccero, un’istruttoria indetta da Fabrizio Salini (amministratore delegato della Rai), fulmini, saette… insomma, per la Rai non è un bel periodo.
Ma davvero ci stiamo soffermando su uno sketch di cattivo gusto quando la televisione italiana da anni ci propina le solite scenette sessiste? Soltanto adesso riusciamo a dare un nome ed uno sguardo critico a ciò che abbiamo avuto davanti agli occhi per decenni?
Abbiamo assistito per anni alla “scossa” dell’Eredità dove le professoresse, prima ereditiere, venivano inquadrate dalle cosce fino ad arrivare al seno, dimenandosi e ballando sotto lo sguardo di un fiero Amadeus. Potremmo ricordare ancora Passaparola con Gerry Scotti e le sue letterine, sempre sorridenti e in secondo piano. Insomma, letterine, ereditiere, professoresse che siano, il ruolo delle showgirl è sempre stato ancillare rispetto a quello dell’uomo conduttore, capace di essere carismatico e di raccogliere consensi circondandosi di belle donne.
Cerchiamo ora di capire quale sia stato il passaggio chiave che ha fatto sì che dalla rappresentazione del corpo nudo come messaggio di liberazione sessuale siamo passati alla sua esibizione col fine di compiacere lo sguardo dello spettatore medio.
In Italia, negli anni ’70, si passa dalla televisione pubblica a quella commerciale e a differenza della prima, che era finanziata dal canone, la televisione commerciale cresce grazie al finanziamento privato delle aziende, attraverso ad esempio le inserzioni pubblicitarie.
L’obiettivo delle tv commerciali è quello di cercare l’approvazione ed il coinvolgimento di una fetta di pubblico il più vasta possibile per “venderla” agli inserzionisti pubblicitari e ottenere, di conseguenza, sempre più finanziamenti.
Il fine primario di chi è ai vertici è dunque quello di trattenere il pubblico davanti alla televisione, e quale modo migliore avrebbero potuto trovare se non quello di nutrire la grande società patriarcale italiana, logorata dalle sue radici dal maschilismo e dal machismo tossico, con scene di donne sorridenti, felici di mostrarsi sempre un passo indietro rispetto all’uomo?
Indignarsi per uno sketch e non aver mai proferito parola riguardo un sistema sbagliato dalle sue fondamenta, cambierà davvero le cose?
Come direbbe il nostro caro Manzoni in casi come questi, ai posteri l’ardua sentenza.
Catia Bufano
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