Hey ufficiale, lEVAmi il perizoma!
Ei, tu, sì, sto parlando con te, sei comodo?
Sii pronto, oggi sono qui a raccontarti una storia, la storia di una Donna, una donna con la D maiuscola, sì.
Sai, siamo nel 2021 ormai, prova a svegliarti…
“Quante rose a nascondere un abisso.”
Saba
Le luci si riflettono nell’asfalto bagnato, illuminano il grigio di questa domenica invernale, avvolgendomi nel calore della sciarpa accorcio la distanza tra le case.
– “Evaaaa, apri, sono Federica!”
– “Vieni a mammà, entra!”
-“Tanti auguri di buon onomastico! Prendi i calici, da brava figlia ho portato lo champagne!”
Poggio la bottiglia sulla tavola, accolta dal profumo della torta di mele.
Tra sorrisi e bollicine raccolgo la tua storia.
«Ho scoperto di essere nel corpo sbagliato a 5 anni, avvertivo questa sensazione di diversità però non riuscivo a capire cosa mi stesse succedendo.
Il mio primo giorno delle elementari – a 6 anni – ho avuto il primo urto con la realtà. Già il distacco con mamma, a cui ero molto legata quasi in maniera morbosa, fu molto difficile in quella mattinata, ma la cosa terribile è stata vedermi addosso questo grembiule blu – dei maschi – non riuscivo a capire perché non fosse uguale a quello delle altre bambine.
A 7 anni ho iniziato con disturbi neurologici, tic, incontinenza e, intorno agli 8 e 9 anni, ero nella fase con disturbi alimentari, non ingerivo nulla, solo la frutta frullata. Vivevo in uno stato di ansia e agitazione perenne che ti prende dal mattino con l’avvicinarsi dell’ora dei pasti, sentivo una nausea forte, con conati di vomito. Questo stato mi ha perseguitata per molti anni, si è affievolito solo dopo l’intervento ma è tornato a farmi compagnia l’anno scorso quando ho avuto problemi con il mio compagno e la sua famiglia.
A 9 anni fu necessario un ricovero: vomitavo verde, la bile, e si rompevano i capillari, anche negli occhi, che erano sempre rossi. Iniziai con gli ansiolitici, da lì è tornata la colite, avevo fasi bulimiche, non volevo stare con i bambini della mia età, uscivo sempre e solo con i miei genitori, mai un amico o una amica.
Mi chiudevo nella mia cameretta piccola, ascoltando Madonna, con la sua musica mi sentivo me stessa, al sicuro.
Ho iniziato ad aprirmi al primo superiore quando ho conosciuto la mia migliore amica alla quale potevo confidare ciò che sentivo. Avevo iniziato a farmi crescere i capelli, della me di quei tempi tutti ricordano questa figura quasi eterea sempre bianca in viso, con i capelli lunghi, sempre vestita di nero.»
Come vivevi il tuo rapporto con i ragazzi?
«Nonavevo rapporti fisici, avendo una cultura cattolica il sesso lo vivevo come un peccato, avevo qualche petting ma non mi baciavano.
Poi, poco prima di iniziare la terapia ormonale, a 20 anni, conosco questo ragazzo, Luciano, amico di amici, andammo a prenderlo a Napoli e montò dietro. Iniziò a stuzzicarmi e a provocarmi “tu col tipo con quale ti vedi cosa fai? Ti sei baciata?” io risposi che davo solo qualche morso e, perciò, mi chiese di farglieli vedere sul mento e lì arrivò il mio primo bacio.
Avevo il cuore che sentivo uscire dal petto, fu un bacio molto dolce, poi, dopo diventò molto passionale e da lì ebbi la conferma da parte sua che ero una donna a tutti gli effetti, mi disse “baci proprio come una ragazza”.
Poi arrivarono anche tre giorni di militare, per quei tre giorni restai muta. Subimmo bullismo dal treno, io e un mio amico gay, ricevendo perfino proposte sessuali in cambio di soldi da cariche militari alte.
Io andai ben organizzata, con calze autoreggenti, completini intimi, quando mi spogliai creai un po’di caos. Fui riformata per omosessualità.»
Quando lo ha scoperto la tua famiglia?
«La mia famiglia venne a saperlo quando avevo 19 anni, da estranei e ci fu una tragedia greca, mio padre voleva farmi lasciare l’accademia di belle arti. Mi portarono in un consultorio familiare, avevo paura, perché mi fecero andare da uno psicologo e sessuologo prete, ma fortunatamente lui mi disse che non bisognava curare me: “tu sei palesemente donna”, bisognava cambiare la mia famiglia.
Perciò siamo andati da uno psicologo privato, consigliatomi da lui, e furono sedute molto dolorose, dopo pensavo molto al suicidio. Anche questo psicologo disse che l’unica soluzione era iniziare la terapia ormonale. I miei non volevano, infatti iniziai a pagarli io con la borsa di studio presa dall’accademia.
Nel 1999 in accordo con l’endocrinologo iniziai la cura di ormoni, di nascosto. In aprile di quell’ anno mio padre mi fece capire che potevo fare questo passo ma non potevo stare qua: “ti mandiamo da mio fratello a Torino”.
Io non ne volevo sapere nulla, dissi che me ne sarei andata e avrei vissuto con la prostituzione, tornando a Poggiomarino, da donna. Quando decisi di andarmene, sulla porta con le valigie mio padre mi fermò, tutti gli altri della famiglia si misero nelle orecchie: “maschio, femmina, è sempre tua figlia!”
Nel 2000 ci fu la svolta.
A Natale, per la prima volta, trovai un pacco con il nome femminile e il mio primo pantalone femminile regalati dai miei genitori.
Io scelsi come nome Eva ma i miei vollero farmi aggiungere come primo nome Nicoletta. Alla comunione di mia sorella ebbi il mio battesimo in società come Nicoletta Eva, con capelli lunghissimi, truccata, un seno adolescenziale, una camicetta semi-trasparente, dei pantaloni a zampa. Quel giorno fui riempita di complimenti da tutti e lì è iniziò la parte più sensuale, per me il confronto sessuale con gli uomini era importante.
Il permesso del tribunale per l’intervento arrivò nel febbraio del 2006, con una sentenza favorevole e una meravigliosa relazione. Andai subito al policlinico a mettermi in lista di attesa. A fine dicembre del 2006 mi hanno comunicato che l’11 gennaio sarei stata operata, mi hanno cambiato le feste di Natale.
L’8 mattina partii alle cinque da Poggiomarino consegnandomi con le mie gambe e la mia volontà nelle mani dell’anestesista e del chirurgo. Ancora oggi mi ricordo la sensazione che provai entrando in sala operatoria – il freddo alle gambe e alla schiena – e la felicità al risveglio, sentendo la dottoressa che mi disse:
“Sei finalmente donna.”
Fu tutto veloce, le 7 ore dell’intervento durarono 4 ore e mezzo, la guarigione di 6 mesi, solo 2 mesi, il mio corpo era pronto.
Arrivò così anche la mia prima volta, frequentavo un avvocato di Marcianise, io ero molto tesa, avevo paura di farmi male, lui organizzò in una camera d’albergo con veduta sul mare a Sorrento, con spumante e rose. Sentivo formicolii, scariche elettriche, erano sensazioni che non conoscevo.
Avevo un uomo finalmente sopra e non dietro.
Il vero piacere però lo scoprii da sola, un pomeriggio di primavera, ebbi un orgasmo dalla pancia e fu bellissimo sentirmi bagnata, sentirmi totalmente femmina.
A settembre dello stesso anno andai all’ufficio anagrafe dove ero nata, cancellarono “è nato un bambino e il nome precedente”, fu proprio rimosso e finalmente vedevo la F su miei documenti.
L’anno dopo ebbi l’intervento di estetica e nel 2009 mi sono rifatta il seno, nel 2012 ebbi l’intervento alle corde vocali, la mia voce da basso passò un contratto.
Passai finalmente da essere osservata ad inosservata, ora sono osservata solo quando voglio. Ho corso il rischio di non avere genitali, certo, ma non c’è paura che tenga. Mi sono consegnata quattro volte in mano ai chirurghi, tutte persone che hanno fatto opere d’arti e quelle poche cicatrici sono i miei disegni del mio vissuto, valgono più di tutto.»
Vuoi raccontarmi del tuo rapporto con Madonna?
«Madonna entra nella mia vita a maggio del 1986 quando a casa comprammo “sorriso e canzoni” e fui colpita dalle pagine in cui si parlava del suo cambio di look, un cambio totale di direzione musicale. Vidi questa donna totalmente diversa, c’erano due foto, una con capelli lunghi e mossi, l’altro con capelli corti, stile Marilyn, da signora anni ’50, un’immagine più pulita. Chiesi a mio fratello chi fosse e subii una fascinazione dai sui occhi così teatrali e dalla sua femminilità estrema, affermai “io voglio essere così da grande”. Iniziai a seguirla, tanto che mio padre mi comprò una cassetta registrata e costrinsi tutti a vedere un concerto su Rai uno, dove il pop-rock diventa teatro, diedi di stomaco per l’emozione.
Ha segnato e tuttora continua a segnare ogni passo della mia vita con album, canzoni, concerti con messaggi di libertà di pensiero, parola, donna bianca, potente, sensuale, blasfema, libera, carismatica, con mille qualità, cambiava look continuamente e mi innamoravo di questo suo essere camaleontica.
Tra i cd più significativi per me c’è “Ray Of Light”, anno della di rinascita di Madonna, uscito nel ’98, un album spirituale e introspettivo.
Fin da piccola imparavo le sue coreografie, posizioni, sguardi ed è per me diventato un lavoro durato dieci anni.
Ero invaghita da questa donna sincera, che non ha paura di essere una puttana.
Grazie a lei ho conosciuto la moglie del presidente argentino Eva Duarte de Peron, detta Evita. Un’altra donna, oltre mia mamma, le mie nonne e mia zia, fondamentale per me. Una donna che veniva dal nulla, la più amata e la più odiata dall’argentina, la donna che ha permesso alle donne di votare in Argentina.»
So che ami il teatro, ti va di raccontarmi questa tua passione?
«Il teatro è vitale per me, una messinscena equivale a dieci sedute dallo psicologo, tu ti svesti di te stessa, entri nel personaggio e riesci a diventare empatica verso il pubblico e viceversa. Vivi quell’ora ora e mezza di puro sogno e la difficoltà resta solo nei primi dieci secondi, in cui le luci si accendono su di te, poi diventa tutto così naturale e quella sensazione te la porti fino al giorno dopo. Soprattutto se trovi regista, truccatore, parrucchiere che vivono nella tua stessa emozione, non senti di dover arrivare la perfezione, la perfezione non esiste, la tocchi nel punto in cui vedi il pubblico emozionarsi nel momento in cui ti emozioni tu.»
Cosa consiglieresti a chi vive ora ciò che hai sentito da bambina e ragazza?
«Consiglierei alle donne di leggersi bene dentro e non fare a pugni con sé stesse, non siamo nel ‘98, siamo tante e oggi è ancora un problema, certo, ma il discorso è molto più amplificato. Ci sono molte associazioni e realtà che possano aiutarvi, è importante andare anche dallo psicologo. Soprattutto uscite truccate, vivete la femminilità nel quotidiano, anche prima dei cambiamenti fisici legati alla terapia.»
Com’è stato vivere a Poggiomarino?
«Il rapporto con il mio paese conflittuale, forte amore e senso di schifo, sia dalla mia parte e dalla parte degli altri, essendo una donna politicamente scorretta e fastidiosa c’è chi ama alla follia o mi odia alla follia fino a minacciarmi di donne.
Così come il rapporto con gli uomini e donne, uomini sempre la puttana. Quando si impara ad avere paura delle persone si può avere fiducia, vedere le persone al di là della loro sessualità.»
Ho notato che ti piace molto aiutare, come mai questa predisposizione?
«Sicuramente mi fa stare meglio il fatto di aiutare gli altri mi fa sentire come se avessi aiutato la me adolescente, il mio istinto materno si è affievolito ma ogni tanto diventa prepotente e l’idea che delle persone possano avere dei consigli su di me mi fa stare meglio e dormire la notte. Il mio grande cruccio è il fatto di non poter avere figli, poi anche l’adozione mi è passata perché ormai non potrei essere mamma ma più nonna e ho adottato simbolicamente delle persone e mi piace essere la pazza di turno e la mamma accogliente. Anche mia sorella di 14 anni più piccola di me la ritengo figlia più che sorella.»
Ti va di raccontarmi delle tue storie d’amore?
«In relazione sono una geisha quella che si dà al cento per cento, e realizza tutti i desideri al partner. Come relazioni fisse e stabili ne ho avute quattro: Maurizio, Antonio, Alessandro e Sebastiano.Con il primo e l’ultimo le cose sono andate a finire molto male.
Da operatrice che aiuta donne vittime di violenza sono diventata io stessa una vittima.
Mi ero chiusa in Nicoletta: la mamma, moglie, figlia perfetta.
Chiudendo in un lato nel mio cuore Eva: la madonna, passionale, libertina. Avevo cambiato sguardo, non solo modo di vestire e taglio il taglio di capelli.
Con l’ultima esperienza ho imparato a mettere me stessa al primo posto perché finisci sotterrata. Noi donne facciamo l’errore di cancellare e plasmare il nostro essere a piacimento del compagno. Volevo approvazione dal maschio ma la mia femminilità è mia e ce l’ho anche e soprattutto senza un uomo accanto. Per dirlo con le parole di Madonna “No tell to mo stop now”, non dirmi di fermarmi adesso.
Perciò adesso punto alla mia indipendenza, a far emerge Eva.
L’unico sempre presente nella mia vita è Antonio, almeno una mail all’anno ce la siamo sempre inviati ed è quello che mi ha conosciuta prima e dopo l’intervento, l’unico che mi ha amata e che mi ama. Mi dice sempre che in nove mesi gli ho dato l’amore che ha avuto solo dalla figlia.»
Forse aveva visto da sempre quello che c’era in te.
«Chiudo così, col sorriso di chi ha appena ascoltato la storia di una donna che non ha avuto timore di essere donna, lasciando fiorire la sua femminilità.»
Federica Auricchio
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