La libertà di stampa ai tempi della Repubblica Popolare Cinese
Che le politiche della Cina riguardo la libertà di stampa e la censura siano da sempre rigide ed emblematiche, per usare un paio di eufemismi, è ormai un dato di fatto sin dall’istituzione nel 2006 del Great Firewall.
Ancora oggi, però, avvenimenti come quelli che stanno accadendo nella “Terra del Dragone” fanno e suscitano indignazione.
Parliamo delle indagini mosse contro il colosso cinese Jack Ma, oscurate e censurate dallo stesso governo cinese.
La misteriosa scomparsa dalla scena pubblica del fondatore di Alibaba ha destato ancor più sospetti in una situazione già tesa dopo le numerose accuse mosse dall’Occidente contro la Cina per la “cattiva” gestione delle informazioni sull’allora sconosciuto ma già famigerato Covid-19.
Con una media di crescita del PIL del 10% e con un sistema bancario ibrido tra socialismo e capitalismo, la Cina, ogni giorno che passa, si appresta a divenire la più grande potenza economica mondiale. Però, come spesso accade, per assicurare un così efficiente funzionamento di uno dei motori economici più produttivi della storia (vedi i numeri delle esportazioni) è necessario olio di gomito, e forse ricino, per non far sì che alcuna critica venga mossa per destabilizzarne il suo operato.
Ecco il caso di Jack Ma
Jack Ma, l’uomo più ricco della Cina (e 17° nel mondo secondo Forbes), lo storico fondatore di Alibaba e della Ant Group – di cui parleremo tra poco – è scomparso dopo la sua ultima apparizione pubblica del 24 ottobre 2020 in occasione del Bund Finance Summit di Shangai, durante il quale ha tenuto un importante discorso caratterizzato da forti critiche al sistema bancario cinese:
La Cina ha molte grandi banche. Sono più simili a grandi fiumi o arterie nel sistema circolatorio del nostro corpo, ma oggi abbiamo bisogno di più laghi, stagni, ruscelli e affluenti, e tutti i tipi di paludi. Senza queste parti dell’ecosistema, moriremo quando saremo allagati e moriremo quando saremo in una siccità. Quindi, oggi siamo un paese che corre il rischio di mancare di un sistema finanziario sano e dobbiamo costruire un sistema finanziario sano, non preoccuparci dei rischi finanziari sistemici.
Secondo alcune teorie, come ad esempio quelle di Reuters, sono state proprio queste dure parole del miliardario cinese a scatenare la reazione del Governo Centrale Cinese, a tal punto da spingere questo a costringere la Borsa di Shangai ad annullare – solo 48 ore prima – la più grande quotazione in borsa della storia umana: quella della Ant Group, con la vendita delle sue azioni per un valore di circa 37 miliardi di dollari.
Da lì è iniziato il declino del tycoon cinese, declino che ha trascinato con sé anche tutte le sue creature tra cui Alibaba, che oggi è sotto indagine.
Da come si apprende da Il Post, il Partito ha imposto ai media di «rispettare con rigidità» la linea ufficiale sull’indagine antitrust e di «non fare cambiamenti né proporre analisi più approfondite senza permesso». Come se non bastasse, ha anche espressamente richiesto di non «pubblicare, condividere o citare i media stranieri» nel caso in cui le dichiarazioni dell’azienda decidano di «andare contro la posizione ufficiale»
La Cina non è nuova a cadute di stile come questa: solo poco tempo fa, verso la fine di dicembre 2020, il New York Times aveva pubblicato un’approfondita inchiesta, nata da una fuga di informazioni pilotata dal gruppo di hacker C.C.P. Unmasked, secondo la quale il governo cinese avrebbe mentito, moderato – o meglio, censurato – e fatto di tutto per ridurre la percezione della pericolosità del virus.
L’inchiesta ha inoltre svelato il capillare e maniacale operato del C.A.C. (Cyberspace Administration of China), l’agenzia creata nel 2014 dal presidente cinese Xi Jinping per gestire e controllare la censura online e la propaganda di partito.
Dalla creazione del Great Firewall fino alla misteriosa scomparsa di Jack Ma, la Cina non smette di dimostrare al mondo quanto la sua potenza economica sia solamente l’arrogante facciata di un regime totalitario anti-democratico, la cui ricchezza si fonda su censura, coercizione, abusi o addirittura violenza esplicita.
Un modello statale a dir poco indegno, per il 21° secolo.
Antonio Alaia
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