L’omicidio di Agitu Gudeta: simbolo di un’Italia ingiusta
Agitu Gudeta è stata assassinata il 29 dicembre.
Agitu Gudeta era un’imprenditrice, un’attivista di 42 anni, fuggita dall’Etiopia perché minacciata.
Agitu Gudeta risiedeva in Trentino, nella Valle dei Mocheni.
Nota in Italia e anche all’estero per il suo impegno nei confronti dell’ambiente e soprattutto degli animali. Aveva, infatti, fondato un allevamento e un caseificio chiamato “La capra felice” con l’obiettivo di proteggere la capra pezzata mochena, una specie a rischio d’estinzione.
Viene definita dai media “simbolo di integrazione”, quasi un modello da seguire per il resto degli immigrati che risiedono in Italia. Ma la verità è che dietro questo ridicolo appellativo si celano l’odio razziale, la xenofobia e il terrore del diverso che purtroppo continuano a dominare le menti della nostra società.
Agitu Gudeta era un’imprenditrice e un’attivista, non era simbolo di integrazione, semmai simbolo di rinascita, simbolo di indipendenza, simbolo di una generazione che ha a cuore l’emergenza ambientale e climatica e vuole fare il possibile per cambiare le cose.
Ma soprattutto, Agitu Gudeta è l’ennesima vittima del sistema giudiziario italiano. Smettiamola di ostentare l’integrazione, quando abbiamo di fronte una ragazza che nel 2018 ha subito insulti razziali da diverse persone, specialmente dal suo vicino di casa. Un uomo che dopo ben due anni è stato condannato a soli 9 mesi di carcere, perché il giudice si è rifiutato di considerare la pena in relazione all’aggravante di stalking e di discriminazione razziale.
Un giudice che non accetta il fatto che una donna “integrata” subisse insulti su base xenofoba, ecco, questo è quello che intendo con “Italia ingiusta”, questo è il motivo per cui Agitu Gudeta è vittima di un sistema giudiziario completamente sbagliato.
Agitu Gudeta è stata assassinata il 29 dicembre. Si sospetta che l’omicida sia Adams Suleimani, un uomo di 32 anni che lavorava per l’allevamento di Agitu.
Agitu non è stata solo colpita più volte con un martello, è stata anche violentata sessualmente quando era già in fin di vita.
E il fatto che il sospettato sia di origine ghanese ha solo peggiorato le cose agli occhi dei media, un uragano di insulti razziali, una “giustificazione”, perché tanto ad ucciderla non è stato un italiano, non è stata vittima di un omicidio a sfondo razziale.
Ancora una volta, la conferma.
Una società italiana ancor profondamente acerba, ridondante di stereotipi, dove il razzismo non si vede ma si sente, si percepisce, nei dettagli: nella stampa, nel sistema giudiziario, nelle credenze comuni.
Quello di Agitu Gudeta forse non è stato un omicidio su base razziale, ma ha fatto emergere la natura razzista dell’Italia.
Vedi anche: 2021, tanto l’aria s’adda cagnà