Quella volta che KIMA: Colour in 360 fece suonare Van Gogh
A volte recarsi nei musei sembra un compito così laborioso.
Ti senti impacciato, costretto a stare lì, perso in colori che non ti appartengono, che non ti parlano, come se l’arte potesse stare tutta in una cornice.
È così che entrano in gioco gli artisti, gli unici maghi in grado di cambiare le cose e essere catalizzatori di energie creative, esplorando e trovando percorsi inediti per esprimersi.
Ma per fare questo l’arte deve essere capace di cambiare rotta, ripensarsi radicalmente, andare “fuori di sé”, come diceva Andrea Balzola degli Studio Azzurro.
L’arte ha bisogno di azioni creative che la trasformino, ribaltandola in una grande opportunità; solo allora potremmo dire che si sia trasformata, grazie ad un uso intelligente e creativo delle risorse messe a disposizione, come le tecnologie più avanzate.
Oggi siamo più al livello della trovata che dell’idea, perché il sistema chiede qualcosa di immediatamente riconoscibile, riproducibile serialmente e facilmente riconducibile alle categorie delle grandi manifestazioni artistiche. Appena si entra in una dimensione di complessità il rischio per gli artisti di essere marginalizzati o ignorati diventa molto alto.
Il presente ha bisogno dell’arte, ma non di un’arte di deriva o di rappresentazione, bensì un’arte di progettazione, che emozioni con la tecnologia ma che sappia parlare anche al futuro.
Alla National Gallery di Londra, per esempio, finalmente è possibile fruire di alcune opere in maniera alternativa. Parliamo del Ritratto dei coniugi Arnolfini di van Eyck, Le ninfee al tramonto di Monet e Campo di grano con cipressi di Van Gogh.
Nonostante gli innumerevoli sforzi compiuti durante il lockdown nel cercare soluzioni per le riaperture museali, un gruppo di artisti riunito sotto il nome di Analema Group – che produce esperienze partecipative immersive esplorando gli aspetti visivi, acustici e spaziali del suono – formato dall’artista Evgenia Emets, dal sound designer Alain Renaud e dall’artista Oliver Mag Gingrich, ha indagato in che modo un’esperienza artistica o culturale potesse essere traslata in vera e propria esperienza multisensoriale.
KIMA: Colour in 360 è il loro progetto!
Kima, dal greco, vuol dire onda. Ed è proprio attraverso lo studio e l’analisi delle onde propagate dai colori dei dipinti, e grazie anche dell’aiuto di esperti di algoritmi del King’s College di Londra, che il collettivo è riuscito ad avere a livello scientifico una valutazione più approfondita delle opere, e al livello performativo la possibilità di tramutare quei dati in segnali luminosi e sonori.
KIMA: Colour in 360 intende infatti porre gli spettatori nella condizione di ascoltare e percepire i dipinti attraverso coinvolgenti video multisensoriali a 360°. Così un Van Gogh è – finalmente – in grado suonare e il pubblico è in grado di sentire, ascoltare e percepire i dipinti classici riscoprendone il colore e la maestosità in maniera meno passiva.
Queste opere rivalutate, pezzi originali di cui l’arte oggi ha necessariamente bisogno per non cadere nella noia di stanze tutte uguali, si basano sulla residenza artistica di Analema Group presso la National Gallery X.
National Gallery X è uno “studio infinito” aperto a settembre 2019, che esplora come le tecnologie emergenti possono aiutare a creare oggi l’esperienza museale di domani.
L’esperienza, per quanto visiva, è corporea.
L’ambiente non va “fruito”: va “sentito”.
Un museo non può affidare la propria funzione educativa ad una fruizione basata sulla pura e semplice contemplazione delle opere, ma deve essere in grado di sviluppare e trasmettere dati, informazioni e notizie sulle proprie collezioni in modo sempre diverso: mutarne logica per garantirne un’attiva partecipazione.
È necessario investire di più, anche se il museo perfetto è solo un sogno. O forse no…
Serena Palmese
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