Bettino Craxi: dall’altare alla polvere
Il 24 febbraio è il mio compleanno, ma forse a voi poco importa. Il 24 febbraio è il compleanno di Bettino Craxi e forse questo è un dato più rilevante.
Bettino Craxi, all’anagrafe Benedetto Craxi, è probabilmente, per varie e più o meno lusinghiere ragioni, il personaggio politico più noto degli anni ’80. Presidente del Consiglio dei ministri dal 1983 al 1987 e Segretario del Partito Socialista Italiano dal ’76 al ’93, fu il primo esponente socialista a ricoprire la carica di primo ministro.
Il primo e anche l’ultimo. Con lui, artefice di grandi successi elettorali, di fruttuose quanto opportunistiche coalizioni politiche, ma anche di ruberie che definire eclatanti è una gentilezza forse immeritata, il PSI, investito da un uragano di inchieste e processi si estingue. Assieme a lui si chiude un’era: la Prima Repubblica.
È il ’91 quando Antonio di Pietro, procuratore presso la procura di Milano, apre l’inchiesta nota ai più con la definizione giornalistica di “Mani pulite”: una maxi inchiesta che rovista nella pratica, più comune di quanto ci si potesse aspettare, dei finanziamenti illeciti ai partiti.
Il partito Socialista e, come affermerà quasi con candore Craxi, l’intero sistema dei partiti, nel tentativo di arrotondare quelli che dovrebbero essere i compensi necessari alla sopravvivenza politica, avevano organizzato un sistema perfettamente oliato: Tangentopoli. Si trattava di un equo do ut des tra imprenditoria italiana e partiti politici, fatto di bustarelle in cambio di importanti commesse statali.
Un sistema equo, che garantiva soldi ad entrambe le parti, che faceva contenti i partiti politici tanto quanto l’alta imprenditoria italiana: un sistema equo, se solo prendere tangenti per truccare gare d’appalto non fosse un reato penalmente perseguibile.
Craxi ed altri membri del PSI vengono investiti dallo scandalo mani pulite: molti affronteranno processi e condanne, alcuni non reggeranno all’onta e sceglieranno il suicido. Craxi, dopo svariati processi, due condanne definitive, (5 anni e 6 mesi per la corruzione dell’Eni-Sai e 4 anni e 6 mesi per i finanziamenti illeciti della Metropolitana milanese) qualche prescrizione e qualche sentenza provvisoria, in nome di una sempre difesa innocenza dal reato di corruzione, opterà per una codarda fuga il 12 maggio del ‘94 ad Hammamet, in Tunisia, dove morirà il 19 gennaio 2000, dopo 6 anni di latitanza.
La linea difensiva sarà sempre la seguente: Craxi era a conoscenza dei finanziamenti illeciti che confluivano nelle casse dei partiti ma mai si è appropriato di tale denaro. In una memorabile testimonianza offerta nel ’93, con un’inaspettata serenità e un lessico degno di una classe politica ormai estinta, ammette:
«Né la Montedison, né il gruppo Ferruzzi, né il dottor Sama, né altri, né direttamente, né per interposta persona, a me personalmente hanno mai dato una lira. Diversamente, sia il gruppo Ferruzzi, sia la Montedison hanno versato contributi all’amministrazione del partito: da quando, non saprei, ma certamente da molti anni e fino alle elezioni del 1992 (…) Ero comunque al corrente della natura non regolare dei finanziamenti ai partiti e al mio partito. L’ho cominciato a capire da quando portavo i pantaloni alla zuava!».
Ma la sua difesa non regge: la sera del 30 aprile del 1993, Craxi esce dall’Hotel Raphael, sua residenza romana, e viene travolto da una pioggia di monetine lanciate da un folto gruppo di contestatori.
Il tempo, si sa, è galantuomo ed è capace di avvolgere persone e fatti di un alone mitico, una patina di fascino. Su questo hanno puntato per anni i due figli di Craxi nel tentativo strenuo di riabilitare la figura del padre. La devota figlia Stefania, il più distaccato Bobo i quali negli anni hanno portato avanti una vera e propria campagna di difesa nei confronti di un uomo francamente indifendibile.
È un passato relativamente recente quello di Mani pulite, quello della fuga ad Hammamet eppure abbastanza lontano da poterlo trattare come un passato storico, da poter guardare a Craxi come ad un personaggio storico. E da personaggio storico Craxi si è guadagnato il diritto di non essere più giudicato, di non essere più oggetto di condanne nette o di funamboliche difese.
Craxi, a distanza di qualche decennio, può smettere i panni del ladro, del padre assente, del dandy donnaiolo, del corrotto statista, del vile in fuga, e indossare quelli, forse più dignitosi, di protagonista di un’epoca. Protagonista drammatico e controverso, punito dalla giustizia e lapidato dall’opinione pubblica, ha catalizzato su di sé l’odio di una generazione, la feroce indignazione di un popolo, quello italiano, spesso troppo indulgente verso il malaffare.
Gli si deve forse questo: aver risvegliato in una generazione il desiderio di giustizia.
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Valentina Siano