Inestasi: per vestirsi d’arte
L’Università non è solo un luogo di formazione, tra il fruscio dei manuali e il graffiare sulla lavagna del gessetto, può capitarti di sentire note di chitarra, scocchi di baci, risate di amici che ti addolciscono le giornate.
Percorrendo le sue scale e i suoi corridoi, attendendo il corso, con il mio solito sguardo nel vuoto tra i banchi non ho potuto fare a meno di notare una ragazza intenta a scarabocchiare tra i suoi appunti, con un sorriso fanciullesco.
Ora eccomi qui, nella sua stanza, un’isola incantata sorretta da poesia, arte e musica; inizia a snocciolare se stessa.
«Facevo artigianato già da bambina, attraverso il decoupage e dei disegni con la pittura. Poi ho abbandonato questo interesse e, dopo un periodo di silenzio, l’ho ripreso riallacciandolo anche alle altre mie passioni: la letteratura e la musica».
Così racconta la sua storia la giovane artista Margherita Levante, in arte inestasi, che con la sua arte ha deciso di “vestire” le persone.
«Volevo dare ad un oggetto quotidiano una carica intellettuale, per trasmettere un messaggio: si possono indossare cose anche perché portatrici di un senso, non solo per la loro bellezza.
Mi piacerebbe che questo senso appartenesse ad ognuno di noi e vorrei rendere l’arte, la letteratura e la musica accessibili a tutti».
Margherita crea anelli, bracciali e collane; non solo riempiendoli di valore artistico ma, soprattutto, ricercando una forte carica emotiva.
«Chiamo le mie realizzazioni talismani proprio per l’idea di protezione che trasmette la parola. Da piccola ero solita andare sulla spiaggia e cercare delle pietre porta fortuna che mi proteggessero dalle mie paure. Era la verità di una bambina. Perché non scegliere la verità di una bambina?».
Diventando adulti spesso ricerchiamo quelle verità nascoste da bambini adesso assenti in noi, e che solo guardandoci l’anima possiamo ricordare. Margherita ha deciso di farne il leitmotiv cardine del suo lavoro, riassumendo, appunto, nel suo nome d’arte, l’assenza e il tentativo di recuperare l’essenza.
«Quando creo mi sento in estesi, mi scollego da tutto il resto del mondo e rimango con questa sensazione, una sorta di sindrome di Stendhal che mi prende mentre modello le mie creazioni. Sento una vertigine che da un lato spaventa ma dall’altro è ebrezza; sono in uno stato ipnotico e vorrei che gli altri si rasserenino guardando i miei gioielli. Desidero fare un dono cercando di avvicinare le persone alle emozioni che sempre più spesso vengono sotterrate da cumuli di razionalità».
Il nostro percorso di studi determina la nostra vita, inevitabilmente, la nostra giovane artista porta alla luce le parole dai libri donando loro una nuova vita nel mondo contemporaneo.
«Essendo una studentessa di Filologia sono molto legata all’etimologia delle parole, infatti le mie creazioni hanno dei nomi precisi.
C’è, appunto, una linea dedicata agli scrittori, Writers, con anelli ispirati al mondo letterario, come Zanna bianca, un anello luminoso, o Pirandello, un anello a due facce metà viola e meta bianco e quello Virginia Woolf, un anello blu per sottolineare il legame della scrittrice col mare.
Ogni linea ha una ricercatezza precisa, come Egiptus: legata al colore dell’ottone e ricorda l’età dell’oro».
Margherita inoltre si occupa non solo i gioielli ma anche di piccole tele artistiche dove il personaggio di Snoopy, molto caro alla giovane napoletana, conosce i più grandi artisti come Van Gong, Bach e Dante.
«Ho voluto portare Snoopy a contatto con personaggi importanti della Storia per ironizzare, ma anche per guardare alla Storia sotto una nuova luce. Mi piace che siano gli altri a decidere. Dove lo vedi il tuo Snoopy? Con quale personaggio vorresti farlo parlare? Si rimane immobili e fermi se non si ascoltano i bisogni e le esigenze degli altri, non si cresce».
Al centro della sua attenzione non ci sono solo le sue creazioni, anzi, anche il loro involucro è molto importante.
«Mi piace avere molta cura anche del dettaglio, presto particolare attenzione anche alla confezione che tende a cambiare aspetto e colore a seconda del mio stato d’animo e del gusto delle persone. Aprire i pacchetti per me è un rituale».
Oltre al mondo dell’artigianato, Margherita sta provando a crescere in quello musicale.
«La musica è il mio grande amore, ho tenuto varie serate musicali in diversi luoghi d’incontro. Suono con il mio gruppo, ci chiamiamo Maccarìa e scriviamo anche canzoni nostre, canzoni popolari, nel senso che sono legate al popolo e alla quotidianità. L’obiettivo principale è quello di raccogliere le storie delle persone e musicarle per dare più eco alle parole. Mi piace provare a far emergere le emozioni degli altri attraverso le canzoni e le poesie. Da questo è nata la Serenata digital, attraverso dei podcast di Spotify compongo dei piccoli pezzi per lanciare messaggi ad amici e innamorati. Quindi con una mia creazione è possibile avere sempre in regalo una poesia o scegliere di acquistare anche una piccola composizione musicale».
Una vera trovatrice attenta non solo alla musica ma anche alle parole.
«Ho da poco scritto una raccolta di poesie, pubblicata con Dantebus: Un anno.Si tratta di un oroscopo particolare, poetico, attraverso cui cerco di portare a galla i luoghi dell’anima.
Dopo un periodo di crisi e buio la mia ancora è stata la parola. Guardavo fuori dal finestrino i passanti per immaginare i sorrisi e tenere a bada la negatività; per vincere con una poesia contro la morte “questo periodo storico”
La poesia è la mia coccola quotidiana.
Soprattutto rileggendomi prendevo vita nuovamente, e sentivo la necessità di dare una testimonianza che dai momenti di nero assoluto si può sempre uscire».
Ci sono anche delle esperienze molto importanti che hanno segnato la vita della scrittrice.
«Ho partecipato anche ad un progetto con Maurizio De Giovanni, per rendere cinematografico un suo romanzo. Io ho lavorato molto sul personaggio di Livia, lui mi disse “sentirò parlare di te, è questo che dovresti fare nella vita”, per me è stata una grandissima soddisfazione.
Inoltre, lavoro con gli stranieri che vogliono imparare l’italiano: svolgiamo lezioni di scrittura creativa. È bello dare una voce a chi non conosce ancora i suoni giusti.
Un’ultima esperienza importante è stata organizzare degli eventi di Human library, si trattava di dare spazio alle persone e dare voce alle loro storie come fossero dei libri; io facevo la libraria, chiunque voleva partecipare mi forniva il titolo della storia della sua vita e chi veniva in strada ascoltava il titolo scelto. Raccontare la vittoria di chi vive esperienze intense: è quello che vorrei fare con la mia arte».
Tra i modelli di riferimento di Margherita c’è Debussy ma in particolare mi racconta la scena di un film di Pasolini, Che cosa sono le nuvole.
«Otello si stende – insieme a Totò – su una discarica e guardando le nuvole per la prima volta, chiede, perciò, “cosa sono quelle?” e Totò risponde “Le nuvole” ed Otello si stupisce della loro bellezza.
Loro credevano che il mondo di finzioni fosse il mondo reale, invece, si rendono conto che il mondo reale è qualcosa di più semplice. C’è in particolare una canzone nel film, di Modugno, che canta “Il derubato che sorride ruba qualcosa al ladro, ma il derubato che piange ruba qualcosa a sé stesso… perciò io ti dico finché sorriderò tu non sarai perduta!”.
È il sorriso che non bisogna perdere per non perdersi. E cosa ce lo dà il sorriso se non la realizzazione dei nostri sogni? Io sogno, e voglio sognare insieme alle persone, e voglio far sognare le persone. Perché di sogni si vive».
Margherita cerca di donare al mondo la bellezza della diversità. Raccogliendo le sensazioni, le parole, i suoni degli altri, rendendoli unici. Così conclude l’intervista, narrandomi una piccola storia fatta di rivalsa, di arte, di recupero di valori antichi.
«Ad aggiungersi alle città invisibili di Calvino la nostra sarebbe la città dell’anonimato, fatta di case tutte uguali, macchine tutte uguali, caffè tutti ristretti e occhi tutti asciutti. Nessun paese dei balocchi. Il mondo gira in fretta e i tempi cambiano costantemente portandoci via gli ingranaggi, le penne stilografiche, i giradischi, i libri cartacei, i giocattoli di legno lavorato a mano.
Non si tratta di conservare certe cose impedendo il rinnovo della modernità ma di proteggere, accanto al tempo presente, l’esistenza di certi oggetti d’epoca che come dice Montale sono i correlativi oggettivi delle nostre sensazioni, delle nostre storie, cioè strumenti che rispecchiano la nostra essenza.
Hai meno paura, sei meno solo, sei più forte quando hai con te un oggetto che è in qualche modo estensione o piccolo pezzo porzionato della tua anima. Sì, hai meno paura. Acquistare un oggetto fatto a mano, con amore e dedizione, ci fa sentire meno soli perché portiamo appresso anche l’energia di chi lo ha fatto per noi.
L’arte è un’estensione.
Desidero ricreare sensazioni: una sensazione di premura, protezione, infanzia, personalità, richiamo a giorni memorabili, ricordi da custodire.
Occorre farci abitanti di noi stessi per popolare una città esclusiva e diversificata dalle altre, distinguere tra i capi da indossare… il nostro».
Solo ascoltando le vibrazioni che attraversano i nostri sensi possiamo capire ciò che in fondo siamo.
Solo leggendo le righe della nostra pelle possiamo scoprire le parole remote.
Solo mettendoci a nudo di fronte a chi è pronto a lasciarci approdare raggiungiamo il nostro porto.
Per questo vi consiglio di provare a scoprirvi: inestasi.
Per saperne di più visita:
Federica Auricchio
Vedi anche: Ninni: una nuova trincea napoletana