Dentro il mondo di Stranger Things: messaggi dal Sottosopra
Qualcuno ha cercato di liquidare la serie dei fratelli Duffer come qualcosa di già visto, ma questa definizione non renderebbe giustizia ad una serie come Stranger Things.
Come Guillermo Del Toro ha sottolineato in un suo tweet: “Stranger Things può essere molte cose: King, Spielberg, gli anni Ottanta, me stesso, ma la cosa importante è che è bella!”.
D’altronde, a chi di noi non vorrebbe poter giocare a Dungeons & Dragons con Mike, Dustin, Lucas e Will per dieci ore di seguito o essere catapultato direttamente negli anni Ottanta?
Stranger Things è la serie televisiva a cura dei gemelli Duffer in cui l’ordinario incontra il paranormale, proiettandosi direttamente sul grande schermo.
I due fratelli hanno dichiarato in un breve saggio scritto per l’Entertainment Weekly che l’ispirazione per la serie di fantascienza derivi direttamente dai maestri Stephen Spielberg, Stephen King e John Carpenter.
Durante un’intervista con il News & Observer della Carolina del Nord hanno inoltre rivelato che la loro prima ossessione registica sia stata Tim Burton, in particolare Beetlejuice – Spiritello porcello del 1988 e Edward mani di forbice del 1990, insomma, due dei primi capolavori di Burton. I due gemelli iniziarono fin da bambini a girare un film ogni estate, improvvisandosi registi. Non ci meraviglieremo del fatto che siano poi finiti a studiare cinema alla Chapman University in California.
Dopo essersi aggiudicati il premio come Miglior cortometraggio al Deep Ellum Film Festival nel 2006 con We All Fall Down e aver realizzato per la loro tesi di laurea un adattamento cinematografico di Eater di Peter Crowther, grazie al quale ottennero un contratto con la Paradigm Talent Agency, riuscirono a vendere Hidden, primo lungometraggio da registi alla Warner Bros e ad ottenere grazie al regista M. Night Shyamala un lavoro come sceneggiatori e produttori esecutivi della serie televisiva Waywars Pines. Da allora si dichiararono pronti a produrre Stranger Things.
- La serie Stranger Things si configura come una commistione di riferimenti culturali agli anni Ottanta, ma non solo. Forse non tutti sanno che la sparizione di Will Bayers si ispira al film Prisoners del 2013 di Hugh Jackman. L’idea di “Winona contro il mondo” deriva invece da Incontri ravvicinati del terzo tipo di Richard Dreyfuss. Winona Ryder accettò subito dopo aver letto la sceneggiatura la parte, personalizzando addirittura il taglio di capelli del personaggio di Joyce Byers, interpretato nella serie, possiamo notarne infatti la somiglianza con quello di Maryl Streep nel film Silkwood.
- Inizialmente i fratelli Duffer pensarono di evitar l’uso degli effetti speciali durante il montaggio della serie sulla scorta di Alien, La cosa e altri colossi anni ’80 del cinema di fantascienza, ma dichiararono poi al Daily Beast di aver abbandonato l’idea dopo vari tentativi, tra cui quello di far spuntare un mostro da una parete con un effetto fisico, il cui girato di prova si rivelò non rispecchiare per niente le aspettative. Il compromesso a cui si giunse fu poi quello di pervenire ad una mediazione tra effetti fisici e digitali.
- Un altro aspetto peculiare della serie è il sound che sembra avere tonalità più simili a quelle degli anni Settanta. La band reclutata dai Duffer per la colonna sonora della serie sono i Survive, produttori anche della colonna sonora del film The Guest di Adam Wingard. Ma veniamo a riferimenti musicali in senso stretto. Nella tavola calda di Benny, sentiamo due canzoni del gruppo rock psichedelico Jefferson Airplan: She Has Funny Cars e White Rabbit, entrambe tratte dall’album del 1967 Surrealistic Pillow, in sottofondo quando Undici effettua una manutenzione alquanto aggressiva del ventilatore è invece Jenny Ma’ della band folk rock Trader Horne. Quando Hopper arriva alla stazione di polizia, concedendosi una chiacchierata con i colleghi, si sente alla radio la hit del 1965 Can’t Seem to Make You Mine dei Seeds. L’avevate riconosciuta? Quando Steve sgattaiola nella stanza di Nancy, lei sta ascoltando Every Little Bit di Jackie James e Ian Curnow. Nella scena del bacio invece possiamo ascoltare Africa dei Toto. Un altro brano iconico che si ripeterà più volte nel corso della serie, riportandoci indietro nel tempo è Should I Stay or Should I Go della nota band punk, che tutti abbiamo ascoltato almeno una volta nella vita, i Clash. Insomma la serie è intrisa di riferimenti musicali e potremmo davvero continuare all’infinito! Questi sono solo alcuni di quelli…
- Il nome che i ragazzi hanno conferito alla strada che Will ha percorso per tornare a casa prima della sua scomparsa è Bosco Atro e viene da Il Signore degli Anelli di Tolkien. Oltretutto anche Radagast, il nome in codice per l’accesso al fortino di Will è tratto dal romanzo stesso ed è il nome di un mago interpretato nei film di Peter Jackson dall’ex Doctor Who, Sylvester McCoy.
- Quando Will Byers sfida Dustin in una gara di velocità in bici, il premio in palio è un fumetto a sua scelta e lui opta per il numero 134 degli X-Men, la serie Marvel Comics. Una delle storie della serie fu la saga della Fenice Nera. Possiamo cogliere inoltre un parallelismo tra Jean Grey, personaggio femminile del gruppo al lancio del fumetto nel 1963, e Undici, in quanto entrambe sono dotate di poteri telecinetici. Anche Jean, come Eleven, si spinge oltre i propri limiti, tramutandosi in Fenice, ma quei poteri la trasformano poi in Fenice Nera.
Denise Bossis
Vedi anche: The Bleeding Edge: incubi distopici in campo medico