Fukushima fa ancora paura
Nel marzo del 2011 un violento terremoto di magnitudo 9.1 colpiva il Giappone.
L’epicentro di questa violentissima scossa, la più forte che il Giappone avesse mai registrato, fu a 97 chilometri di distanza dalla centrale nucleare di Fukushima Daiichi.
Non fu però il terremoto a generare il disastro nucleare, ma lo tsunami che avvenne esattamente un’ora dopo il terremoto.
Un’onda alta 14 metri colpì la centrale, i cui sistemi di sicurezza si erano attivati appena percepita la scossa, ma erano del tutto insufficienti per arginare l’onda che si abbatté su di essa.
I generatori di emergenza che si erano attivati per raffreddare i reattori, dove al loro interno la fissione nucleare delle barre era stata interrotta, si spensero innescando l’esplosione di tre dei sei reattori, che per catastroficità è seconda solo a quella che avvenne a Chernobyl trentacinque anni fa.
A dieci anni di distanza dalla catastrofe, i riflettori si sono riaccesi sulla vicenda. È di pochi giorni fa, infatti, la decisione molto discussa del governo giapponese di riversare l’acqua utilizzata per raffreddare i reattori nell’oceano Pacifico.
Un milione e trecentosettantamila sono le tonnellate di acqua radioattiva, usata in dieci anni per raffreddare i reattori, che si sono accumulate intorno alla centrale in circa mille cisterne. Fra un anno lo spazio per conservare quest’acqua sarà esaurito, sostiene l’azienda che si occupa della centrale, la Tokyo Electric Power Co (Tepco), e si teme anche per la pericolosità di queste cisterne, che in caso di un altro terremoto la conseguente dispersione nell’ambiente del loro contenuto porterebbe ad un disastro ecologico irreparabile.
Il premier Yoshihide Suga ha affermato che il progetto ha avuto l’approvazione dell’Agenzia internazionale per l’energia (Aiea) e che le operazioni cominceranno tra due anni e dovrebbero durare almeno altri tre decenni. Secondo quanto sostiene il governo nipponico, l’acqua prima di essere riversata verrà diluita in modo da eliminare la radioattività. Resterà però sempre presente in queste acque il Trizio, l’isotopo radioattivo dell’idrogeno.
Le proteste per la linea presa sono state immediate, la popolazione teme fortemente per la propria salute e per i danni inevitabili di questa scelta nei settori dell’agricoltura e dell’ittica.
Anche i paesi limitrofi hanno espresso le loro forti preoccupazioni e il loro dissenso, considerando la questione di interesse comune e non solo un problema interno del Giappone.
La Cina ha definito la scelta di Tokyo: “Irresponsabile e gravemente dannosa per la salute e la sicurezza pubblica internazionale” e che “l’oceano è proprietà comune dell’umanità”.
La Corea del Sud ha convocato l’ambasciatore giapponese Koichi Aiboshi e ha tenuto una riunione per decidere la linea da adottare nei confronti di Tokyo ed ha espresso: “Il rammarico del governo per la decisione del rilascio dell’acqua contaminata”.
Gli Stati Uniti invece hanno approvato la scelta plaudendo alla trasparenza della decisione e alla conformità del progetto agli standard di sicurezza.
La condanna netta è arrivata anche da Greenpeace, che ha accusato il governo di aver fatto la scelta più economica e non quella più giusta. Kazue Suzuki, esponente di greenpeace ha affermato: “Il governo ha preso la decisione del tutto ingiustificata di contaminare deliberatamente l’Oceano Pacifico con rifiuti radioattivi. Ha scontato i rischi di radiazioni e ha voltato le spalle alla chiara evidenza che una capacità di stoccaggio sufficiente è disponibile sul sito e nei distretti circostanti”.
Beatrice Gargiulo
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