Martyrs: viaggio al termine della sofferenza

Negli ultimi fotogrammi del film muto del 1928 La passione di Giovanna d’Arco (La passion de Jeanne d’Arc), diretto da Carl Theodor Dreyer, la giovane donna condannata al rogo e in procinto di essere consumata dal fuoco, volge il suo sguardo costantemente verso l’alto.
I suoi occhi scrutano uno stormo di uccelli e probabilmente anche qualcos’altro. Ma cosa?
Nel 2008 il regista francese Pascal Laugier dirige uno degli horror, se così si può definire, più interessanti del nuovo millennio. Martyrs, presentato al 61° Festival di Cannes, è un piccolo capolavoro che confonde continuamente lo spettatore: comincia come un vero e proprio film horror, con le visioni spaventose della piccola Lucie scaturite dal trauma di una segregazione forzata in cui è stata torturata in tutti i modi possibili, ma prosegue lungo un percorso segnato da vendetta, amicizia e uno scopo, una missione che regge tutta la storia.
ALLERTA SPOILER!
Da bambina Lucie scappa da un capannone apparentemente abbandonato. Affidata a un orfanotrofio conosce Anna, quella che sarà la sua unica vera amica. Quindici anni dopo la scena si sposta all’interno della casa di una normale famiglia borghese che farà i conti con la sete di vendetta di Lucie. Stando a quanto afferma la giovane donna, i due coniugi erano i suoi aguzzini.
Ma come si fa a credere a una ragazza che mostra evidenti disturbi mentali?
Anna, nonostante il grande affetto provato nei confronti della sfortunata amica, prova ancora scetticismo finché trova un’altra ragazza ormai sfigurata e in fin di vita nel seminterrato attrezzato come un vero e proprio bunker dell’orrore.
Qual è lo scopo di tutta quella sofferenza inflitta? Di certo non si tratta di semplice sadismo. Dietro la distruzione programmata del corpo e delle anime di queste giovani ragazze, si nasconde una sorta di setta il cui obiettivo è quello di scoprire cosa c’è dopo la morte. Secondo “Mademoiselle”, la donna anziana che sembra stare al comando di tutto, l’unica via, per sapere se c’è qualcosa dopo questa vita e per averne una testimonianza è quella del martirio: “martire” significa infatti “testimone”, colui che accetta la sofferenza e che a un certo punto si trova in bilico, in estasi, tra la vita e la morte. L’obiettivo di questa organizzazione è raccogliere questa testimonianza, questa prova di un “dopo”.
Non tutti però possono essere martirizzati. I più, come Lucie, finiscono per diventare vittime, cioè coloro che si ribellano alla sofferenza, che col tempo apre nelle loro menti degli squarci da cui derivano allucinazioni che portano all’isteria.
Chi è allora il martire di questa storia?
Si tratta di Anna, che con la sua bontà cerca in tutti i modi di salvare la sua amica per poi trovare la sua fine, o meglio il suo inizio, dopo un percorso caratterizzato da torture e sofferenze atroci. Anna riuscirà ad alzare gli occhi al cielo, a guardare oltre, verso l’alto. Deumanizzata e portata allo sfinimento dallo scuoiamento finale, lei non appartiene più al genere umano, ormai è trasfigurata proprio come Giovanna D’Arco, bruciata viva e portata allo stremo.
Ma agli altri è data sapere la verità? No. Mademoiselle si spara un colpo di pistola in bocca dopo aver appreso da Anna quel tanto agognato segreto. I suoi adepti e il genere umano non conosceranno mai la verità, non sapranno mai se c’è qualcosa dopo o se sarà il nulla eterno ad abbracciarli. Resteranno in quel dubbio che continua ad animare la vita stessa degli esseri umani.
Maria Cristiana Grimaldi
Leggi anche: The Haunting of Bly Manor: il secondo capitolo di The Haunting of Hill house su Netflix