Sepolture peculiari al Complesso Monumentale Sant’Anna dei Lombardi
In piazza Monteoliveto, a Napoli, è sito un complesso monumentale.
L’edificazione, risalente al 1411, è un vero emblema del Rinascimento partenopeo.
Grazie a ParteNeapolis, Società Cooperativa Sociale del Consorzio Proodos, è possibile visitare il plesso museale in questione e in più partecipare a degli speciali eventi organizzati.
Scrigno di meravigliosi elementi d’arte, la chiesa di Sant’Anna dei Lombardi, durante il ‘500 aggiunse ai suoi ragguardevoli beni numerose sculture, notevoli altari e dei sepolcri molto particolari.
La quasi totalità delle sepolture in questione è di natura araldico epigrafica e risale al periodo tra il 1400 e il 1500.
Il sepolcro Trivulzio, che ne faceva parte, non è pervenuto ai giorni nostri, a seguito dei bombardamenti subiti dalla chiesa nella notte tra il 13 e il 14 marzo del 1944.
Tra quelli che permangono tutt’oggi, però, è presente un complesso architettonico e scultoreo degno di nota: la tomba della regina consorte del Portogallo Maria d’Aragona nella Cappella Piccolomini.
La quasi totalità delle sepolture in questione è di natura araldico epigrafica e risale al periodo tra il 1400 e il 1500.
Il sepolcro Trivulzio, che ne faceva parte, non è pervenuto ai giorni nostri, a seguito dei bombardamenti subiti dalla chiesa nella notte tra il 13 e il 14 marzo del 1944.
Tra quelli che permangono tutt’oggi, però, è presente un complesso architettonico e scultoreo degno di nota: la tomba della regina consorte del Portogallo Maria d’Aragona.
Sita sulla parete sinistra della cappella, l’opera risulta figlia dello scultore fiorentino Antonio Rossellino, scelto da Antonio Piccolomini sotto consiglio degli Olivetrani di San Miniato al Monte. I lavori furono infine terminati da Benedetto da Maiano nel 1491 o nel 1492.
Un vano accoglie il sepolcro, il quale è definito da un arco decorato a riquadri marmorei. Su questi si poggiano cortine aperte. Un sarcofago di foggia classica è posto su uno zoccolo alto dotato di rilievi allegorici, su cui è adagiata la figura della donna in compagnia di due putti. E tra i due angeli, a sormontarli, c’è il rilievo con la Resurrezione di Cristo, aggiunto da Benedetto da Maiano, e il gruppo della Madonna con Bambino, all’interno di una ghirlanda retta da altri due puttini in volo.
Sant’Andrea e San Giacomo si trovano sull’altare con busti di Profeti e putti che portano festoni. Si tratta di un’opera di Rossellino, così come il sepolcro che la affianca.
L’altare è caratterizzato dall’equilibrio tra la delicatezza dei putti e l’intensità dei Santi e dei Profeti, in un lavoro certosino di spazi perfezionati dalla tecnica, che ricorda Donatello, dello stracciato, utilizzato per i contorni delle figure adoranti il Bambino.
Il Complesso, poi, vede al suo interno la presenza di una specifica cappella: la Cappella D’Avalos.
L’importante famiglia spagnola si trasferì nel napoletano per seguire re Alfonso I d’Aragona, per cui Inigo d’Avalos, Alfonso, Rodrigo e Inigo Junior finirono per venire sepolti nella cappella gentilizia. Nello stesso ambiente fu seppellito anche l’abate Simplicio Celentano, commemorato con una lapide con tanto di ritratto. E, per questo motivo, il posto è noto anche col nome di Cappella Celentano.
Altre cappelle riempiono l’edificazione religiosa. All’interno della terza, nel corridoio destro, c’è il monumento funebre del nobiluomo Giovanni Cavaniglia.
Il progetto originale vide la realizzazione di Jacopo della Pila, ma ciò che è arrivato ai giorni nostri non equivale a quanto pensato dall’artista. Il tutto è infatti stato aperto e ricomposto. E il monumento funebre appare ormai quasi soltanto un rivestimento della parete. Al centro vi è il defunto ritagliato lungo i contorni. L’iscrizione sottostante è invece postuma rispetto al resto, corretta da Francesco Caglioti. Si pensava erroneamente, infatti, che si trattasse di Garzia Cavaniglia, il capostipite della famiglia nobiliare. Ma l’epigrade, dovuta alle guide di Napoli, conferma si tratti proprio di Giovanni.
E ancora, prima della Cappella Tolosa, si trova la lastra terragna nel pavimento. Si è in presenza della lapide sepolcrale di Paolo Savio (o Sapio).
Precedentemente la posizione di quest’ultima era maggiormente centrale. Si trovava infatti nel mezzo della navata. E dalle condizioni attuali pare proprio sia stata rimontata, probabilmente a causa di pezzi non sopravvissuti. È ancora presente però una grande lapide rettangolare in marmi policromi, molto manieristica. Quest’ultima poggia su di uno zoccolo basso ed è sormontata da una cornice la quale presenta due anfore laterali, e da un’edicola centrale, sulla quale vi è un serpente ondeggiante, stemma della famiglia Sapio. Una fascia in marmo nero, bordata in marmo rosso, cinge il perimetro. Vi erano anche alveoli con pietre a impreziosire la sepoltura, ma non sono sopravvissute al tempo. Al centro una lastra presenta le iniziali del defunto.
La Cappella Orefice, invece, è organizzata come un piccolo vano chiuso tra le mura della chiesa, che prende luce soltanto dal tamburo della cupola.
Piena di ornamenti tardo-cinquecenteschi, presenta nella parete di fondo un altare in marmi policromi, in quelle laterali, invece, due monumenti funerari, arricchiti da colonne in marmo colorato. Sulla parete sinistra vi è il sepolcro monumentale di Antonio Orefice, viceprotonotaio di Carlo V e di Filippo II. Su quella destra, il sepolcro del figlio, Giovan Francesco Orefice, vescovo d’Acerno. L’altare presentava la pala con l’Annunciazione di Francesco Curia, che oggi è esposta al Museo di Capodimonte.
Proseguendo verso l’interno si trova il Cappellone del Santo Sepolcro, con la Cappella Fiodo proprio all’inizio.
Lo spazio all’inizio dedicatole ora è ridotto, in quanto nello stesso luogo ci sono anche i resti dei monumenti funerari di Antonio d’Alessandro e di Maddalena Riccio, grande esempio di sepoltura coniugale napoletana.
L’ultima cappella a sinistra, invece, è la Cappella Correale, il cui primo ambiente risulta essere la Cappella Mastrogiudice.
Al suo interno c’è la presenza di un notevole sepolcro, proprio di fronte all’ingresso. L’impianto di quest’ultimo è addirittura su un doppio livello. In basso vi sono le lastre con le iscrizioni su di uno zoccolo in marmo colorato. In alto vi sono i gisants di Annibale II e di Giovanni Antonio Mastrogiudice, figli di Ottavio e morti in battaglia, su due urne di marmo, anch’esso rosa. Al centro, lo stemma di famiglia coronato è retto da due putti.
Foto Giovanni Allocca, Sergio Siano
Giovanna Iengo
Vedi anche: Sant’Anna dei Lombardi, il Rinascimento toscano a Napoli