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The Haunting of Hill House: casa dolce casa… o no?

Non c’è nulla come casa propria.  

Ma se fra quelle quattro mura fosse successo qualcosa che ti ha segnato per sempre, riusciresti a tenere a bada l’irrefrenabile desiderio di scappare? 

Perché sì, nessun posto è come casa, questo è certo. Ma, soprattutto se si tratta di Hill House, forse è meglio così.  

Nel 2018, sulla piattaforma Netflix sbarca  una serie horror che, solo dalla locandina, istiga terribilmente alla visione: si tratta di The Haunting of Hill House, ideata e diretta dal regista Mike Flanagan, che ha sapientemente tratto ispirazione dal romanzo L’incubo di Hill House della scrittrice Shirley Jackson. 
 
Nei dieci episodi di cui è composta, la storia segue le vicende della famiglia Crain, ruotando intorno alle figure di questi cinque fratelli cresciuti ad Hill House, quella che verrà considerata una delle case più spaventose d’America proprio per gli eventi accaduti durante la loro infanzia.  
 
Una volta adulti, i ragazzi si trovano a dover affrontare un grave lutto che farà riemergere ricordi lontani, sepolti sotto le fondamenta della loro precedente e spettrale dimora, la quale, come una madre eccessivamente affettuosa, li richiamerà a casa, costringendoli ad affrontare non solo gli spettri presenti al suo interno che da sempre hanno disturbato la quiete della famiglia, ma soprattutto quelli che si portano dentro e che continuano ad infestare i loro animi.  
 
E se la trama non vi ha convinto del tutto e ancora vi viene da storcere il naso, ecco a voi tre ottime ragioni che potrebbero spingervi a vedere questa serie.  
 
1. Fa paura, ma paura davvero 
Sembra davvero scontato, eppure non lo è. Negli ultimi anni i film di genere horror sono diventati noiosi e ripetitivi, mentre Hill House riesce a mantenere la suspense puntata dopo puntata, tenendo alto il livello di inquietudine ed introducendo al momento opportuno una serie di jumpscare collocati in giusta quantità, in modo da non essere né troppo, né troppo poco.  
La regia, le atmosfere pesanti e la colonna sonora rendono il tutto ancora più raccapricciante. In senso buono, si intende.  
 
2. La psicologia dei personaggi  
Se la trama di per sé non è delle più innovative (una casa infestata non è esattamente una novità nel mondo horror), è il modo che hanno i protagonisti nell’interfacciarsi fra di loro e con Hill House stessa che rende questa serie una vera chicca.  
Si assiste alla loro crescita e alle loro perdite, alle ferite che ognuno, in maniera diversa dagli altri, cerca di guarire come può.  
Un continuo affrontare il dolore, passando dal rapporto con i genitori a quello con i demoni di cui si fanno carico, in maniera umana, cercando di non perdere del tutto il senno nel provare a riconoscere cosa è reale e cosa no.  
 
3. La casa-madre
Di questa metafora ne abbiamo già parlato qualche rigo più sopra.  
Evitando spoiler, sappiate solo che ciò che si percepisce in tutti gli episodi è questo costante richiamo che proviene dalla casa, come una madre affannata che non riesce a prendere sonno se non sa per certo che i suoi bambini sono nei loro letti, sotto il suo instancabile controllo.  
 
Una casa in grado di provare sentimenti?  
Potrebbe essere. D’altronde, come viene spiegato dalla madre dei fratelli Crain all’inizio della storia, “[…] i muri sono come le ossa, i tubi sono le vene. Ha bisogno di respirare, ha bisogno di luce… e tutto funziona insieme per mantenerci sani e salvi dentro […]”
Quindi, seguendo questo ragionamento, perché non dovrebbe possedere anche un cuore?  
 
 
Ilaria Aversa

Vedi anche: La Ruota dell’Anno: il calendario neopagano ed il viaggio del Dio
 
 

Ilaria Aversa

Classe 1996, Ilaria Aversa nasce a Sorrento in un lunedì di giugno. Fortemente convinta che la pasta sia il suo unico credo, si è laureata in Storia dell'Arte, dimostrando di sapersi concentrare ed impegnare seriamente, ogni tanto. Ama prendersi poco sul serio, infatti la sua massima più ricorrente è "Almeno sono simpatica". O, almeno, lo spera.

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