The Serpent: la potente Limited Series da non perdere su Netflix
Potemmo definire The Serpent una crime series.
Non sbaglieremmo.
Sbaglieremmo, invece, a credere che solo di questo debba trattarsi. Al contrario, questo prodotto originale Netlix ha da offrire molto di più dei cliché tipici del proprio genere.
Basato su una storia vera, e dunque aggiungendo un “true” (vero) al “crime”, The Serpent è agghiacciante e distante dalla vicenda che narra in egual misura. Una regia sapiente ma in qualche modo “distaccata” mostra ed indaga il caso del serial killer, con-man (truffatore) e ladro francese Charles Sobhraj.
La sua storia, diffusasi attraverso i media del mondo intero durante gli anni ’70, è raccapricciante e – come per tutte le grandi menti criminali della storia – incredibilmente affascinante. Le vittime preferite di questo killer, turisti occidentali in visita sulla Hippie Trail nel Sud Est asiatico, venivano truffati subdolamente, derubati ed infine uccisi. Dai giornalisti, venne soprannominato il “Serpente” proprio per i suoi modi di fare raffinati, credibili, e profondamente ingannevoli. Il suo odio per gli hippie, irrefrenabile, lo portò all’omicidio di almeno dodici persone. Fiero delle sue gesta, descritto come un uomo molto attraente e dal forte savoir-faire, divenne una star prima ancora di uscire di prigione.
La forte personalità e le manie di protagonismo scatenate, resero Charles protagonista di innumerevoli interviste, tre biografie ed ispirazione dietro prodotti di massa, come per l’appunto la serie Netflix. Oltre allo status di celebrità assoluta, Sobhraj ha lucrato attivamente e con successo sulle opere dietro la sua mitizzazione. Un uomo, insomma, a cui non manca di certo la sicurezza in se stesso. E anche, bisogna ammetterlo, una certa dose di talento.
Con altrettanto talento, il creatore Richard Warlow e i registi Tom Shankland e Hans Herbots portano sullo schermo i crimini di un raffinato psicopatico, intrattenendo ma lasciandoci osservare. Nessun giudizio viene espresso attraverso trama e montaggio della serie, che segue gli eventi in un ordine sparso, ad una prima visione addirittura confusionario. Un’impronta narrativa ricercata veicola la ricezione degli avventimenti in modo subdolo, quasi quanto Sobhraj stesso. I protagonisti Jenna Coleman e l’algerino Tahar Rahim nei panni del “Serpente” sono forti, impegnati in una interpretazione immersiva dei loro personaggi.
Una serie, insomma, che scorre piacevolmente ma impegna al contempo la mente nella risoluzione di un uomo-egnima le cui motivazioni risultano palesi ma inspiegabili. La psiche di Sobhraj – malata e lucidissima – è propulsore e repulsore, privata di quel coinvolgimento emotivo che utilizza la pietas come stratagemma narrativo o chiave di lettura.
Le chiavi di lettura, se presenti, sono nascoste bene, liddove né il narratore né il fruitore possono mai arrivare fino in fondo. Ma l’oscura freddezza del racconto non gioca a suo sfavore, limando invece una sottile suspence. Il gioco del vedo-non-vedo funziona come forza d’attrazione massima, incollando lo spettatore allo schermo dall’inizio alla fine. Un binge-watching assicurato.
Fortemente consigliato! Buona visione!
Sveva Di Palma
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