Una notte al museo: i tirannicidi. Non una convenzionale storia d’amore
Fieri, imponenti e valorosi: tre aggettivi per descrivere i due marmi conservati al MANN di Napoli raffiguranti i due tirannicidi di Atene, i quali, con il loro coraggioso gesto, rovesciarono la situazione politica della città.
Tutto molto bello, tutto molto eroico.
Ma l’avreste mai immaginato che le motivazioni alla base del colpo di Stato fossero di stampo più personale e… sentimentale?
Atene, 513 a.C. Nel corso della ferrea tirannia al cui capo erano stati posti Ippia ed il fratello minore Ipparco, si racconta che quest’ultimo si fosse invaghito del giovane Armodio, un fanciullo di quindici anni nel pieno dello splendore adolescenziale che, però, intratteneva una relazione intima ed amorosa con l’anziano Aristogitone.
Nonostante le continue avances del tiranno, Armodio restò fedele al suo amato, rifiutandolo brutalmente.
Tale azione causò in Ipparco una frustrazione tale da escludere la sorella di Armodio dalla cerimonia delle Panatenee in onore della dea Atena, accusandola di non essere vergine – virtù fondamentale per poter partecipare alla cerimonia – ed umiliandola pubblicamente. Denigrato l’onore della giovane, non restava ai due amanti che farla pagare cara al tiranno solo ed unicamente in un modo: con la morte.
Quel barlume di giustizia fu il primo passo che portò a qualcosa di ancora più grande della semplice vendetta personale. Il malcontento generale per la condizione politica si faceva sentire sempre di più in tutta l’acropoli. Era giunto il momento di capovolgere la situazione e riscrivere la storia.
Durante la sopracitata festa, Armodio e Aristogitone, che da quel momento vennero soprannominati come liberatori e tirannicidi, riuscirono ad uccidere Ipparco, ma quel colpo fu loro fatale. Morirono infatti nell’attentato per mano delle guardie devote al tiranno, ma furono presi insieme. Trionfanti e vicini.
Ed è proprio così che vengono rappresentati nel marmo, l’uno lo speculare dell’altro.
In posizione stante, Aristogitone, dalla folta barba e lo sguardo serio che rispecchia la sua maturità fisica ed intellettuale, affianca Armodio, dal corpo perfetto e lineamenti sottili, intento nel preparare il fendente, pronto a colpire il suo nemico.
Accomunati dallo stesso desiderio di ribellione, per loro stessi e per la loro patria, i tirannicidi hanno rappresentato un modello virtuoso da seguire nel corso dei secoli.
Nonostante le due basi su cui posano rispettivamente le sculture siano separate, esse sono unite da qualcosa che va ben oltre la fisicità, che dura e resiste al tempo sconfiggendo ogni cosa, anche una tirannia: l’amore.
Ilaria Aversa
In copertina, scatti di Raffaele Iorio
Vedi anche: Una notte al museo: la Venere Callipigia, inno alla sensualità femminile