Vittoria: una “Colonna” portante della letteratura al femminile
Ci avete mai fatto caso che nei libri di letteratura (e non solo) è raro incontrare personaggi femminili attivi?
Sì, di donne ce ne sono tante, ma in qualità di donne-oggetto, muse angeliche o cuori di pietra.
Eppure la storia è fatta da uomini così come da donne.
Se le comparse femminili aumentano ufficialmente tra ‘800 e ‘900, pensiamo a Virginia Woolf o a Elsa Morante per restare in campo letterario, dovete sapere che andando a ritroso nel tempo donne-scrittrici valide esistevano eccome già da un pezzo.
In questo caso, facciamo un salto nel 1500. Vi viene in mente il nome di qualche intellettuale in rosa?
Dubito, ma se così fosse, complimenti!
Il ‘500 è di per sé un secolo bistratto. Infatti, salvo alcune eccezioni, la scena fu dominata dal petrarchismo: corrente poetica che seguiva le orme di Petrarca, a volte troppo fedelmente, tanto da peccare di originalità e da essere poi denigrata nelle epoche successive.
Ma noi uomini di oggi che, sulla carta, dovremmo avere la mente aperta, sappiamo che non bisogna fare di tutta l’erba un fascio. Il petrarchismo non è tutto da buttare, al suo interno si distinguono poeti eccellenti e singolari nonostante la base di partenza comune.
Questo movimento ebbe il merito di dare una spinta all’emancipazione femminile, permettendo a molte donne acculturate di esprimersi. Veronica Gambara, Isabella Morra… sono solo alcuni dei tanti nomi. Primeggia fra tutte per merito e per importanza Vittoria Colonna.
Nata a Roma, per parte di padre apparteneva alla nobile famiglia romana dei Colonna e per parte di madre era nipote del Duca di Urbino. Sposò Ferrante Francesco D’Avalos, Marchese di Pescara, da cui ebbe il titolo di Marchesa.
Questi fu un valoroso condottiero degli Aragonesi nelle Guerre d’Italia, legato a Carlo V e vincitore della battaglia di Pavia.
Vittoria, che era una fervente religiosa, si relazionò a predicatori famosi quali Juan de Valdés e Bernardino Ochino. Assunse una posizione culturalmente rilevante legandosi a Pietro Bembo, Sannazaro, Ariosto, Michelangelo Buonarroti…
E ancora, Vittoria che con suo gran dispiacere non ebbe mai figli, prese sotto la sua ala il cugino del consorte: Alfonso D’Avalos, un altro notevole poeta-cavaliere del secolo, nei cui versi è evidente l’influenza della mentore.
Tutta questa carrellata di nomi di spicco, solo per farvi capire quanto fosse pienamente inserita e centrale nelle principali relazioni politico-culturali e religiose del ‘500.
Per almeno trent’anni dimorò presso il Castello Aragonese di Ischia, animando un fervente circolo letterario che faceva invidia alle altre corti italiane. Più fonti riportano la testimonianza di un ambiente vivace, aperto alle questioni più disparate e attuali e caratterizzato da una cospicua “quota rosa”.
Ho avuto la fortuna di visitare il Castello (esperienza che vi consiglio vivamente) e ammetto che mi sono emozionata passeggiando negli stessi luoghi di Vittoria e del suo circolo; luoghi, ancora oggi, avvolti da un’aura magica.
Nel Castello, che è una vera e propria cittadella a sé, ci sono anche i resti della Cattedrale dell’Assunta, dove Vittoria e il suo amato Ferrante convolarono a nozze il 27 dicembre 1509.
Oltre alla posizione sociale, il prestigio della Marchesa deriva dalla sua abilità versificatoria. I filologi hanno notato che la sua produzione ebbe un’ampia e precoce diffusione, sintomatica del forte interesse da lei suscitato in quanto donna-poetessa e per di più diversa dalla mischia.
A tal proposito sia Bembo sia Michelangelo ne sottolineavano le qualità sui generis, paragonandola ad un uomo. Ciò che oggi a noi parrebbe un’offesa sessista, allora era ritenuto un complimento. Michelangelo la definì in una poesia: «Un uomo in una donna, anzi un dio».
Il cerebralismo e la profondità delle sue liriche erano tali che i copisti e i commentatori del tempo affrontavano serie difficoltà di interpretazione.
In cosa consiste la sua produzione?
Il sicuro termine post quem è il 1525, anno della morte del marito. Seppur si fosse trattato di un matrimonio combinato, il loro amore era stato sincero. La perdita prematura distrusse Vittoria, la quale decise prima di rifugiarsi nella poesia, come infatti rivela il sonetto proemiale Scrivo sol per sfogar l’interna doglia e poi nella religione.
Per l’appunto, la sua opera si divide in Rime amorose e in Rime spirituali.
Le amorose sono interamente dedicate alla rievocazione dell’amato e all’esternazione del suo dolore. Ferrante viene elogiato e quasi santificato come un uomo virtuoso oltremisura, equiparato al Sole, anzi addirittura superiore perché capace di illuminare i suoi cari persino dall’oltretomba.
Nel cuore della vedova si conservano vividi il ricordo e il sentimento al punto da cadere in depressione e desiderare la morte per ricongiungersi con lui.
Sono rime di un’estrema intensità che toccano anche le corde dei più duri. È la storia di un amore così forte da oltrepassare i confini della morte. Sembrerebbe una trama di Nicholas Sparks, invece è tutto realmente accaduto.
Una donna ancora nel fiore degli anni, bella, intelligente, benestante che avrebbe potuto rifarsi una vita senza problemi, ma che scelse di restare per sempre fedele alla sua anima gemella.
È doveroso inserire una sua poesia:
A quale strazio la mia vita adduce
Amor, che oscuro il chiaro sol mi rende,
e nel mio petto al suo apparire accende
maggior disio della mia vaga luce
Tutto il bel che natura a noi produce,
che tanto aggrada a chi men vede e intende,
più di pace mi toglie, e sì m’offende,
ch’ a più caldi sospir mi riconduce.
Se verde prato e se fior vari miro,
priva d’ogni sp’eranza trema l’alma:
ché rinverde’ Il pensier del suo bel frutto
che morte svelse. A lui la grave salma
tolse un dolce e brevissimo sospiro,
e a me lasciò l’amaro eterno lutto.
Le rime spirituali nascono dalla volontà della poetessa di trovare sollievo nella fede. Dopo il lutto si allontanò dalla vita mondana avvicinandosi sempre di più a Dio. Tentò di entrare in convento, ma le fu impedito da Clemente VII. Ciò nonostante, trovò il modo di dar adito alla sua devozione partecipando alle dispute religiose e compiendo atti caritatevoli.
I versi di questa sezione sono intrisi delle teorie platoniche e francescane, volte ad una spiritualità cristologica e semplice che auspica una riforma ecclesiastica.
Abbiamo tanto decantato la fedeltà e l’eternità del matrimonio tra i marchesi di Pescara, eppure se cercate in rete, potrebbero venirvi dei dubbi al riguardo…
L’amicizia che legò la Colonna a Michelangelo fu tanto appassionata da generare voci su una loro relazione amorosa. Addirittura, leggenda vuole che Michelangelo dimorasse nella Torre posta di fronte al Castello, per questo detta di Michelangelo, la quale sarebbe stata collegata da un tunnel sotterraneo in modo da raggiungere indisturbato l’amata.
Per quanto suggestiva, questa ipotesi andrebbe accantonata: non solo per la nota omosessualità dell’artista, ma anche perché questi pare non essere mai stato ad Ischia.
I due si sarebbero conosciuti nel 1536 a Roma e da lì avrebbero mantenuto un fitto rapporto epistolare, mosso da una sincera stima reciproca e dallo scambio delle relative opere.
La poetessa avrebbe allestito un codice manoscritto apposta per lui, che dal canto suo la ritrasse in diverse opere. Nella sua raffigurazione più famosa dell’amica si è addirittura scoperto che si cela un autoritratto di sé stesso.
Abbiamo a che fare con una donna eccezionale, soprattutto se consideriamo il periodo storico machista in cui è vissuta. Un motivo di orgoglio che non va cancellato né dai libri né dalla nostra memoria.
Giusy D’Elia
Vedi anche: (Non) si scherza con la letteratura: “i promessi sposi” come non li avete mai letti – Seconda parte