L’eredità di Kentaro Miura, padre di Berserk
Il celebre mangaka Kentaro Miura è stato stroncato a 54 anni da una dissecazione aortica del tutto imprevedibile.
Ci ha lasciati il 6 maggio ma solo stamattina è stata rivelata la notizia dalla sua casa editrice giapponese Hakusensha con cui ha lavorato 30 anni.
Scappando non troverai mai la felicità che cerchi. Dovunque si vada l’unico posto che ci attende è sempre un campo di battaglia.
Gatsu – Berserk
L’artista giapponese nato nella prefettura di Chiba nel 1966, ha cominciato a disegnare fin dall’età di dieci anni. Nel 1985 la sua carriera ha preso il via con il manga Futatabi, e nel 1989 ha pubblicato l’opera che lo ha consacrato come maestro indiscusso della nona arte nipponica. Ovviamente stiamo parlando di Berserk che con i suoi 40 volumi ha venduto più di 50 milioni di copie. Opera dark e apocalittica, stilisticamente magistrale, ha temprato gli spiriti di milioni di lettori affascinati dai disegni e dalla storia di un’epica che probabilmente resterà incompiuta.
Ma è davvero un problema?
L’incompiutezza dell’opera la dequalifica o la rende meno interessante? Assolutamente non è questo il caso. Ciò che ha costruito Kentaro Miura nel tempo è la parabola di un guerriero che va avanti nonostante tutto, e non avete idea, se non lo avete letto, di cosa possa racchiudere questo tutto. Messo alla prova nei modi peggiori e gettato tra le braccia dell’oscurità più atroce, egli continua il suo percorso perseguendo un fine alimentato dall’amore ma soprattutto dall’odio nei confronti di quello che un tempo era il suo migliore amico, Grifis, antagonista esemplare.
Antieroe con molte macchie che non andranno mai via, ma finiranno per sommarsi ad altre, nell’eterno bagno di sangue che rappresenta la vita di un guerriero, Gatsu è uno dei motivi per cui la fine dell’autore non sancisce la fine dell’opera. L’immortalità che ha saputo donare a questa saga è tale che il percorso di un uomo che agisce seguendo gli istinti meno nobili, prende scelte e vaga secondo le regole dell’avventura medievale, diventano simboli dell’eterno. Lo squarcio aperto nella narrativa, che forse non si richiuderà mai, è da raccogliere come un’eredità preziosa, ultimo lascito di un autore che non possiamo fare altro che ringraziare per averci messo davanti alla purezza dei sentimenti peggiori e contrastanti, alla bellezza di storie senza tempo e alla ferocia di amori spogliati della loro purezza e dati in pasto a carnefici senza remore.
Grazie a Kentaro Miura, Berserk esiste per ricordarci di quali atrocità siamo capaci e di quanta perseveranza possiamo disporre lungo il tragitto, attraverso i sogni e alla fine di certi incubi.
Maria Cristiana Grimaldi
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