Papavero, un fiore tra la vita e la morte
Dal latino papāver -ĕris.
Appartenente alla famiglia delle papaveraceae, il papavero è una pianta annuale, biennale o perenne, a seconda della specie.
Al ritorno della primavera cresce spontaneamente sulla terra ancora spoglia o sui capi di cereali.
È sia papaver rhoeas che papaver somniferum.
È sia vita che morte.
Il papavero è un fiore molto caro alla memoria dei popoli del mediterraneo ed è tra quei fiori che facilmente conducono il ricordo ai sentieri di campagna, ai prati, alla primavera. Nonostante possa apparire come una pianta molto fragile, in realtà, il papavero nel corso della sua stagione può produrre anche fino a 400 fiori e può raggiungere fino agli 80 cm di altezza, infondo lo sai che i papaveri son alti alti alti!
Ciò che rende molto particolare il papavero è la sua doppia valenza: c’è infatti il papaver rhoeas, comunemente chiamato rosolaccio, il papavero comune dal colore rosso intenso che, per la sua copiosità di semi, sin dall’antichità, è considerato il simbolo della fertilità e della rinascita; tuttavia, esiste un’altra specie di papavero, il papaver somniferum, conosciuto come papavero da oppio, da cui si ricava la sostanza stupefacente e, per questo, è considerato simbolo di sonno e, più in generale, di morte.
Questo fiore, in età antica, a seconda del significato che gli veniva attribuito, era accostato a diverse divinità: associato a Demetra, dea delle messi e dei raccolti e a sua figlia Persefone indicava, insieme alle spighe di grano, la rinascita e la fertilità della terra mentre, in perfetta antitesi, associato alla dea Notte ed ai suoi figli gemelli Hypnos e Tanathos indicava, appunto, il sonno e la morte.
Come sintesi dei due attributi, nel Museo di Taranto, troviamo un pinax raffigurante Ade e Persefone, re e regina degli Inferi, con un mazzo di grano e di papaveri tra le mani, simbolo quindi di morte e rinascita.
Da non dimenticare, è anche la figura mitologia di Morfeo, dio del sonno, che veniva rappresentato proprio con un mazzo di papaveri tra le mani.
Inoltre, il papavero nella cultura classica, in relazione alla metafora coloristica del rosso e del bianco, assieme ai gigli, divenne presagio di morte prematura ma anche di metamorfosi e immortalità.
Con l’arrivo dell’età cristiana, però, il papavero acquisisce nuovi valori simbolici: infatti, nonostante l’enorme importanza della rosa, anche il papavero ha un ruolo di rilievo nel cristianesimo. Esso è infatti molto presente nell’iconografia cristiana.
Un esempio è la trilogia dedicata a Giona che si trova a Siracusa, nelle Catacombe di Vigna Cassia: in una scena di Giona in riposo, infatti, è possibile intravedere dei dischi rossi che, nonostante varie ipotesi contrastanti, sono stati identificati come papaveri (anche se le immagini reperite sono in bianco e nero basti guardare in basso ed è facile notare dei cerchi scuri, questi, appunto, sono i papaveri). La figura di Giona non a caso è associata a quella di Endimione addormentato, un giovane pastore a cui venne donata l’immortalità da Hypnos, un’immortalità che, tuttavia, si manifestò attraverso un lungo sonno. C’è quindi una relazione che intreccia l’episodio biblico a quello mitico e viene sintetizzata nell’immagine con un duplice rimando al sonno, inteso in questo caso come riposo del defunto: Giona è sì disteso su un campo di papaveri ma il suo sonno viene conciliato anche dall’ombra di un pergolato di zucche.
Il papavero, dunque, divenne, in generale, uno degli elementi tipici dei luoghi di sepoltura cristiani perché, assieme al grano, simbolo del ciclo vitale, allude alla vita che verrà dopo la morte. A ciò si lega, inevitabilmente, anche il tema della passione di Cristo e dei suoi martiri: ci si riferisce quindi al compimento dei tempi e al riposo che attende il cristiano prima della resurrezione del corpo infatti, simbolicamente, il grano rappresenta l’attesa nel sonno e il papavero rappresenta la resurrezione. Tutto ciò è presente anche nelle riflessioni dei padri della Chiesa dove, il giallo del grano allude al corpo di Cristo e il rosso del papavero al sangue di Cristo e, di conseguenza alla sua passione e resurrezione.
Ad esempio di quanto appena detto, nell’affresco San Lorenzo sulla graticola, sito nella Cripta dell’abate Epifanio nell’abbazia di San Vincenzo al Volturno, viene rappresentato proprio il martirio di San Lorenzo e, ai suoi piedi, troviamo per l’appunto una distesa di papaveri.
Successivamente, l’immagine del papavero fu ripresa dal pittore francese Claude Monet, considerato il padre dell’impressionismo, in vari dei suoi dipinti. Il più celebre è Les Coquelicots (I Papaveri), un olio su tela del 1873. L’intenzione dell’artista era di rappresentare, attraverso l’immagine del papavero, il desiderio di natura in una calda giornata estiva e i colori non fanno altro che accentuare l’idea di calma e di bellezza che donano gioia allo spettatore.
Oggigiorno, l’idea che abbiamo del papavero, pur consapevoli delle sue proprietà oppiacee, è un po’ quella lasciataci in eredità da Monet: un fiore tanto fragile quanto bello che, con i suoi colori, riesce a colmare di gioia i nostri cuori portando il desiderio di una tanto attesa primavera.
«Through the dancing poppies stole a breeze,
most softly lulling to my soul.»
– John Keats
Mariachiara Di Costanzo
Vedi anche: Nel 2002, per un errore di stampa, Heather Renée Sweet diventa Dita Von Teese