Accabadora: sacerdotessa della Morte o assassina?
In una Sardegna ferina si aggira una misteriosa figura vestita di nero, sospesa tra la verità e il folklore.
È S’accabadora,“colei che finisce”.
Ci sono storie radicate nella tradizione di un popolo, quelle che si raccontano attorno al fuoco, quelle che vengono tirate fuori in prossimità delle feste, dei riti.
A volte il confine tra la realtà dei fatti e ciò che è solo una leggenda non è così netto e ciò che pensiamo essere frutto della nostra fantasia è più vero di quanto crediamo. In terra sarda si racconta la storia di alcune donne, una sorta di “Angeli della Morte” che mettevano fine alle sofferenze di anime in agonia: le accabadore.
Di loro si sa poco e niente, non si hanno fonti certe che attestino le loro pratiche; ma Vox populi, vox Dei e se di loro si parla da secoli è probabile che un fondo di verità ci sia.
L’accabadora era in genere una vedova che, chiamata dai familiari del malato, lo aiutava a passare a miglior vita. Vestiva di nero perché mentre le ostetriche che aiutavano a dare la vita vestivano di bianco lei che aiutava a lasciarla indossava il colore opposto.
Il suo attrezzo da lavoro variava: poteva essere un cuscino, un bastone di ulivo o, peggio ancora, un martello di legno davvero inquietante.
Il suo servizio veniva richiesto quando lo spirito sembrava non voler abbandonare il corpo, prolungando l’agonia dell’infermo. Ciò accadeva quando la vittima aveva commesso un peccato vergognoso (per gli standard dell’epoca), quali spostare i confini di una proprietà o bruciare un giogo.
A quel punto l’accabadora interveniva ponendo sotto il cuscino un giogo in miniatura che avrebbe aiutato l’anima a lasciare il corpo più facilmente. Dalla stanza dovevano essere tolti tutti gli oggetti sacri e personali per rendere questo processo ancora più veloce. Così questa oscura figura poneva fine alle sofferenze altrui, senza accettare denaro dalla famiglia perché era contro la superstizione.
Secondo gli studi di alcuni antropologi, la figura dell’accabadora agiva in maniera meno cruenta: era una figura che dava assistenza e conforto al malato fino alla sua dipartita, senza dargli però il colpo di grazia ma praticando dei riti incruenti di cui oggi si è persa la memoria.
La sua figura sarebbe un mix di alcuni “tipi” appartenenti alla tradizione ellenica: le prefiche, cioè le donne che venivano pagate per piangere ai funerali, e, appunto, le accabadore. Effettivamente si va a creare una controversia alquanto complicata.
L’accabadora è un’assassina? Il suo atto è una sorta di eutanasia o una specie di omicidio?
Perché la Chiesa non ha mai impedito che queste donne commettessero questi danni se da sempre è contraria alla fine volontaria della vita? L’accabadora commette un atto benevolo o un peccato?
Sarà stata proprio l’aura di mistero e di irrealtà che le ha avvolte che ha permesso la pratica di queste azioni. Perché non abbiamo la certezza che l’accabadora sia reale. Ma non siamo neanche sicuri che non sia vera.
Maria Rosaria Corsino
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