Michele Pierangeli, influencer d’impatto che prova a cambiare il mondo
Dopo essere diventato una star di TikTok grazie al successo inaspettato della ricetta di un minestrone qualsiasi, Michele Pierangeli si impegna a mandare messaggi positivi per instaurare un cambiamento.
Chi è Michele Pierangeli e cosa fa nella vita? E chi è Michele il TikToker con ben 385k followers?
«Michele Pierangeli nella vita è un coach, consulente, facilitatore: in qualità di coach aiuto persone che hanno progetti, che vogliono cambiare il mondo ad essere più efficaci nella comunicazione, nell’idea, in quello che fanno; li supporto anche nella parte di gestione emotiva e di creatività.
Come consulente, all’interno di aziende, mi occupo della parte di realizzazione di prodotti digitali.
Come TikToker sono me stesso nella mia parte più intima, quindi mostro tutte quelle cose che mi piacciono e mi appassionano, facendo sì che possano vederle anche altre persone per ispirarsi e magari per riprodurle. Ma, soprattutto, il mio obiettivo è quello di lasciare un’emozione, un piccolo contenuto che può cambiare il mondo e far cambiare idea agli altri su come si può comunicare sui social e su come si possono fare certe cose».
Quindi, come dice la tua biografia di Instagram, sei un Emotional e Creativity coach. Quando hai capito che volevi fare questo nella vita e come ci sei riuscito?
«Ho sempre avuto l’attitudine a supportare le persone a scoprire il meglio di sé: mi piacciono le storie degli altri e mi piace vedere come possono contribuire a migliorare il mondo.
Io ho studiato psicologia cognitiva e poi l’ho unita a quella informatica. Ho co-fondato una startup a San Francisco, poi un’altra qui in Italia e dopo un po’ ho deciso che volevo lavorare nell’impatto sociale. Così, ho iniziato a seguire vari corsi sulla felicità, a Londra, poi a fare percorsi di facilitazione e di altre pratiche come Playfight.org e ho appena terminato un master in coaching, certificato dalla International Coach Federation, associazione internazionale di coaching; e percorsi U.Lab con MIT, che mi hanno portato ad avere, oltre al desiderio e alla passione a supportare gli altri, anche delle competenze che mi aiutano a farlo in modo più rigenerativo e sostenibile».
Possiamo, allora, dire che ti occupi del benessere delle persone e lo fai partendo dall’alimentazione. Infatti, il tuo profilo TikTok è prevalentemente una pagina di cucina e di piatti che escludono prodotti animali e che sono compatibili con le esigenze dell’ecologia. A questo proposito, ti sei definito “flexitariano”: cosa significa? Quanto è importante una dieta di questo tipo?
«Quello che faccio per l’alimentazione è semplicemente per mostrare ciò che mangio, perché come interesse c’è esattamente quello del mio benessere. Nel tempo ho imparato ad ascoltare il mio corpo e ho scoperto che mangiando alcuni tipi di cibi avevo più problemi di stanchezza, difficoltà a digerire. Si tratta di qualcosa chiamato Intuitive eating o Mindful eating e sta proprio nell’ascolto del proprio corpo. Cucinare è soprattutto un divertimento: mi piace condividere questa passione con gli altri, non sono né un nutrizionista né uno chef.
Io non sono vegano, non sono flexitariano, perché non è parte della mia identità, ma mangio flexitariano. C’è la cosiddetta Reducetarian Foundation, un’organizzazione che studia gli stili alimentari più sostenibili, che promuove proprio l’idea di diminuire i prodotti animali, per far sì che ci siano benefici sia a livello di salute sia a livello di impatto climatico, inteso come clima della nostra terra ma anche di clima interiore, di come noi gestiamo le nostre emozioni nella vita».
Da dove vengono i piatti straordinari che prepari?
«Le ricette che faccio vengono un po’ da quello che sperimento (metto insieme ingredienti a caso), un po’ da quello che mi ritrovo nel frigo, un po’ della tradizione di famiglia. Mia mamma è molto brava a cucinare, come mia nonna e come la mia zietta, che lavorava come cuoca in albergo, quindi ce l’ho un po’ nel sangue. Però mi piace sperimentare anche cose strane, cucine che non conosco, soprattutto asiatiche/orientali.
La cosa carina sta proprio in uno dei primi video che ho fatto, quello del minestrone, dove semplicemente ho raccontato il minestrone come lo faccio con la mia ragazza, come lo faceva mia mamma: è diventato un video virale! E lì i commenti delle persone erano “ah, cavolo, mi ricorda la famiglia” oppure “ma le verdure come le fai tu, le mangerei anch’io”. Questo mi ha permesso di cambiare un po’ le emozioni che di solito abbiamo associato alle verdure, che non sappiamo come mangiare, che sono difficili, che fanno schifo, eccetera eccetera. Sono emozioni date sia dalla pubblicità che non promuove molto le verdure, rispetto ai prodotti animali, sia dal fatto che c’è la credenza che ai bambini non piacciano, credenza che si continua a portare avanti.
Il video aveva fatto tipo 250.000 visualizzazioni nel giro di poco tempo ed era stato guardato 1500 ore. Questo mi ha fatto riflettere sull’impatto che posso avere sulle persone con una singola azione, ed è altissimo: posso realmente cambiare il mondo».
Hai detto che ti interessa molto l’impatto climatico e, in generale, l’ecosostenibilità, su cui oggi si discute molto. Pensi che i tuoi video, in questo senso, stiano dando un contributo alla causa ambientale? A che punto siamo?
«Ci tengo a dire che non sono un esperto, semplicemente mi documento in tanti modi ed è quello che suggerisco di fare a tutti: è importante che ognuno di noi faccia nel suo piccolo tutto quello che può per supportare il nostro ambiente, non solo per sostenerlo, ma anche affinché possa rigenerarsi.
Il rischio che la vita come la conosciamo sia in qualche modo minacciata è molto alto e noi come uomini abbiamo una grandissima responsabilità. Da questo punto di vista è un tema che credo dovrebbe appassionare tutti gli esseri viventi su questo pianeta: è come dire di non essere interessato al proprio corpo. Per me è importante portarlo nel modo più gioioso e semplice possibile, così che qualcuno possa trarre ispirazione, ecco».
Michele, hai detto tante cose giustissime e importanti, ma ora sono curiosa, voglio sapere: com’è essere una star di TikTok, com’è cambiata la tua vita?
«A dir la verità non mi sento una star, per me è un hobby e le persone che mi seguono sono più una community. La mia vita non è cambiata drasticamente: è più o meno come era prima, solo che ora ho tantissime persone a cui posso raccontare tante cose di me e questo mi dà dei feedback, per cui posso imparare di più da me stesso e dagli altri; ho accesso a una conoscenza condivisa, un supporto che prima non avevo. Poi, qualche piccola opportunità data dai risultati ottenuti. Per il resto sono lo stesso Michele, che i miei amici hanno sempre conosciuto, ma con qualche amico in più».
C’è qualcosa che vorresti assolutamente dire a chi ti leggerà?
«L’unica cosa che mi preme è il messaggio che sto cercando di dare in questo periodo: tutti noi siamo influencer, tutti noi abbiamo la capacità di influenzare con le nostre azioni. Ricordandoci questo, sentiamo più responsabilità e anche più potere rispetto alle scelte che prendiamo e alla consapevolezza che abbiamo. Chi ha più seguito semplicemente ha più potere, dunque più possibilità di influenzare, ma a livelli diversi, tutti siamo influencer».
Maria Paola Buonomo