Old, la recensione del nuovo film di M. Night Shyamalan
Il cinema ha riaperto, finalmente, i suoi battenti.
Dal 21 luglio è nelle sale italiane Old, il nuovo film di M. Night Shyamalan (Split, Il sesto senso). La pellicola è tratta dalla graphic novel Castello di sabbia, di Pierre-Oscar Levy e Frederick Peeters.
Attenzione: l’articolo contiene spoiler sul film.
La trama
Una tipica famiglia americana di ceto medio-alto decide di andare in vacanza in un paradiso per ricchi. Lei, Prisca, è una curatrice di un museo di storia naturale, lui è Guy, e si occupa di analizzare i rischi riguardo alle coperture per la sua compagnia di assicurazioni. La coppia non è felice e sceglie di fare questo viaggio per regalare ai figli, Trent e Maddox, un ultimo ricordo sereno prima di separarsi.
Giunti sull’isola, la famigliola incontra altri personaggi. Un medico piuttosto ambiguo, Charles, la sua giovanissima moglie Chrystal, la loro figlia Kara e la madre di lui, Agnes. Altri personaggi importanti sono l’infermiere Jarin, sua moglie Patricia, e Kevin Sedan.
Tutti questi personaggi scelgono di giungere su una spiaggia selvaggia, ben nascosta ed isolata. Resteranno lì finché vogliono, basterà chiamare l’hotel per poi tornare indietro.
Sembra tutto tranquillo e rilassato, giusto? Ma non è così. Ben presto, giunti tutti sulla spiaggia, il sogno diventa un incubo.
Suggerimento: non guardate il trailer, contiene tantissimi spoiler.
Mai sottovalutare il tempo
Una spiaggia isolata, fuori da qualsiasi punto di riferimento, un cartello che esplica chiaramente che non si potrebbe attraversare quell’area: sembrano ingredienti giusti per andare in un posto poco consigliabile… Capita spesso anche negli horror: in una casa, rigorosamente ubicata nel nulla, sono morte tante persone e probabilmente è infestata, ma i protagonisti ci vogliono vivere lo stesso.
Quindi, completamente naïf al punto da sembrare degli sprovveduti, i nostri arrivano sulla spiaggia, sfoggiano un bel sorriso, mangiano buon cibo, si sistemano con asciugamani e quant’altro. C’è un problemino, però. Trent è in acqua e lo tocca il cadavere di una giovane donna, conoscente di Kevin Sedan. Da questo momento in poi, finalmente, il gruppo si allarma.
Dopo varie morti, il medico che impazzisce completamente (si scoprirà che è affetto da schizofrenia) e un sentore di guardare un thriller che ricorda a tratti Lost, accade che i bambini diventano adolescenti.
Mezz’ora prima sei un piccolo essere umano ingenuo ed innocente, mezz’ora dopo un adolescente con turbe ormonali. Trent, Maddox e Kara hanno tra i 15 e i 18 anni all’improvviso.
Le domande sono tante. Com’è potuto succedere? A poco a poco, dopo molti dubbi e perplessità, si scopre che ogni mezz’ora sull’isola corrisponde a due ore della propria vita.
Si tentano varie vie di fuga, ma la spiaggia sembra stregata. I personaggi sono costretti a restare lì. Tanta è la disperazione, e gli unici a morire sull’isola in modo sereno saranno Prisca e Guy.
La coppia sembra aver ritrovato un equilibrio, sembra aver raggiunto la consapevolezza che il tempo è davvero poco. Scorre inesorabile, il tempo, troppo in fretta. Trattenere il tempo è come cercare di trattenere il mare.
Scienza ed etica
Trent e Maddox non ci stanno, però. Hanno ormai più o meno 50 anni, e scelgono di provare ancora una volta la via di fuga. O la va o la spacca, pensano loro. Trent aveva conosciuto, da bambino, il nipote del proprietario dell’hotel. Tramite messaggio decifrato, lasciato dal bambino amico di Trent, i ragazzi/adulti scopriranno che l’unico modo per evadere da questa maledetta spiaggia è di tuffarsi in mare, ma solo dove è presente il corallo.
Dopo aver nuotato, per tanto tempo, trattenendo il respiro in modo eccelso (Federica Pellegrini scansate) Trent e Maddox tornano all’hotel. I due avevano trovato il quaderno di un’altra cavia umana dell’hotel, una cavia lasciata sulla spiaggia. Il proprietario del quaderno descrive dettagliatamente tutto quello che era accaduto prima dell’arrivo dei nostri sulla spiaggia.
Il copione è sempre lo stesso. C’è un piano sotto, ed esce allo scoperto. La questione è la seguente: un team di scienziati, tra il sadico e il professionale, seleziona accuratamente persone che hanno problemi di salute cronici e gravi.
Prisca aveva un tumore benigno, Patricia era affetta da una grave epilessia, per esempio. Ma non sono le uniche: precedentemente al loro arrivo, un paziente affetto da Alzheimer era stato utilizzato dal team.
Perché gli scienziati scelgono queste persone? Ma è semplice, dice il direttore dell’hotel. La natura, secondo quest’uomo, ha predisposto l’uomo ad utilizzare questa comoda spiaggia – laboratorio per poter accelerare un processo di ricerca che altrimenti durerebbe moltissimi anni.
Somministrando farmaci agli insospettati pazienti, il team ha accuratamente seguito il loro percorso medico. Non tutti gli scienziati sorridono alle parole del direttore. Qualcuno si chiede per quale motivo vengono posti sulla spiaggia sia pazienti affetti da malattie fisiche sia pazienti affetti da malattie mentali. Queste ultime, infatti, non vengono trattate dal team.
E ancora, perché coinvolgere la famiglia dei pazienti malati? Il direttore chiude il discorso così: sacrificare pochi per il bene di molti. Con l’accelerazione della ricerca, si salvano molte vite. Si evita di sottolineare, in questo discorso, il dettaglio che muoiono inconsapevolmente e in modo atroce molte vittime, per un bene che è considerato superiore.
A grandi, grandissime linee, questo finale mi ha ricordato il piano adoperato da Ozymandias in Watchmen: sacrificare alcune città per il bene dell’umanità.
Pro e contro di Old
Il cast (composto da: Rufus Sewell, Ken Leung, Nikki Amuka-Bird, Abbey Lee, Aaron Pierre, Alex Wolff, Thomasin McKenzie) è buono, così come la fotografia e il montaggio. Alcuni elementi horror sono molto pertinenti per un film angosciante come questo. Il personaggio di Chrystal è sicuramente il più inquietante tra tutti, preso com’è dal terrore di invecchiare.
Alcuni spunti narrativi sembrano essere solo abbozzati. Bella la questione del tempo, ma è soprasseduta dalla negatività della spiaggia (morti vari, impossibilità della fuga) e poco aiutata da dialoghi telegrafici. L’ultima questione, la scienza e l’etica, pure sembra solo abbozzata, anche perché fa parte del finale, di per sé breve.
Old è, in conclusione, un buon film, da vedere al cinema, ma avrebbe potuto essere più memorabile se ci fossero stati più approfondimenti.
Aurora Scarnera
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