Per fortuna che c’è Jane! 5 buoni motivi per rifugiarsi in miss Austen
Sono mesi difficili, questi. Bisogna stare in casa, limitare i contatti con l’esterno. E alla noia domestica si aggiunge la malinconia che arriva col mal tempo.
Come sopravvivere ai lunghi pomeriggi invernali senza dare di matto? La risposta si trova (come sempre) nella materia letteraria e, in particolare, nella mente creativa di miss Jane Austen.
Scrittrice britannica tra le più note nel panorama letterario mondiale, figura di spicco della narrativa neoclassica, Jane Austen ha senz’altro dato al genere romanzesco un contributo preziosissimo con il suo stile ironico e perspicace che mescola con abilità dialoghi frivoli a riflessioni di carattere sociale.
Ingiustamente (io credo) associata a una letteratura prettamente femminile, la penna dell’autrice è adatta a tutti poiché si fa portatrice di messaggi universali e descrive in maniera assai efficace i tratti più assurdi e veritieri dei rapporti umani, non solo nella società londinese del XVIII secolo, ma in qualsiasi luogo ed epoca storica.
Leggere un romanzo di Jane Austen – o guardare uno qualsiasi dei film tratti dalle sue storie – è come affacciarsi da una finestra su un mondo fallace, in cui le persone sono tutt’altro che perfette e le cose non vanno sempre come dovrebbero, ma dei cui difetti si può ridere senza alcuna pietà. Tra le sue righe articolate, dietro i personaggi un po’ impettiti e schiavi dell’etichetta, si celano elementi di estrema modernità, prova indiscutibile del suo genio e della sua lungimiranza.
Vediamone insieme qualcuno.
Le eroine si sposano per amore, mai per soldi: facile a dirsi, adesso che il matrimonio è una libera scelta, ma all’epoca dell’autrice non era certo la regola. L’idea di sposarsi per amore veniva considerata ridicola, quasi volgare, soprattutto dai membri dell’alta società. I più maliziosi potrebbero obiettare che nei romanzi della Austen le protagoniste sposano uomini ricchi e altolocati, ma sarebbe una lettura superficiale. È vero, Elisabeth Bennett sposa il facoltoso signor Darcy, Anne Elliott il valoroso Capitano Wentworth e così via, ma le ricchezze non sono mai la miccia che accende l’attrazione, anzi spesso costituiscono la forza che la ostacola. Sono i buoni sentimenti, l’altruismo, la vulnerabilità a conquistare i cuori delle giovani eroine austeniane, così come l’intelligenza e la schiettezza sono ciò che maggiormente attraggono le controparti maschili. Non c’è spazio per il conto in banca nelle questioni d’amore.
Gli uomini sono sempre pronti a sacrificare qualcosa per l’amata: se si parla di sacrificio d’amore, nell’immaginario collettivo è la donna a pagarne le spese, eppure in tutti i romanzi di Jane Austen sono i gentiluomini a fare un passo indietro per assicurarsi il lieto fine. Che si tratti di George Knightley, disposto a lasciare la sua magione per vivere a casa di Emma e accudire il suocero ipocondriaco, o di Edward Ferrars, che rinuncia alla sua eredità pur di sposare una donna di rango inferiore, non possiamo resistere al fascino di questi signori che mettono a rischio i propri comfort per amore, soprattutto considerando l’epoca storica in cui sono immersi.
Mai fidarsi delle persone troppo gentili: okay, questa non è una regola universale, però c’è un fondo di verità. Perlomeno, nei romanzi della Austen i personaggi affascinanti e ben voluti nascondono del marcio sotto il metaforico tappeto. Si pensi all’avvenente signor Wickham, che si finge vittima innocente dell’orgoglio di Darcy e poi va in giro a sedurre ragazze ingenue per prenderne la dote, oppure a John Willoughby, il ragazzo dalla spiccata sensibilità artistica che seduce Marianne con le belle parole e dopo l’abbandona per sposare una donna più ricca. Non è tutto oro quello che luccica, no?
Se una donna dice no, vuol dire no: è questo che mette in chiaro Elizabeth Bennett, quando riceve una proposta di matrimonio dal fastidioso Mister Collins. L’uomo, convinto che il rifiuto sia in realtà un vezzo femminile per farsi desiderare di più, diventa assai insistente nelle sue avance, portando la povera Lizzie alla disperazione: «Vi assicuro di non essere una di quelle signorine (se esistono signorine del genere) così audaci da affidare la propria felicità alla possibilità di una seconda proposta. Sono perfettamente seria nel mio rifiuto». L’avreste mai detto che Jane Austen fosse una femminista ante litteram?
L’egoismo ha il suo prezzo: nei romanzi dell’autrice i personaggi frivoli, narcisisti e manipolatori sono tanti e fanno un po’ come gli pare. Può capitare che le loro azioni sconsiderate restino impunite dalla società perché così accade il più delle volte nella vita vera. Eppure, nessuno di loro ottiene tutto ciò che vuole; spesso restano incastrati in matrimoni infelici – si pensi al viscido vicario Mister Elthon che, rifiutato da Emma, sposa una donna ricca ma assai arrogante – oppure perdono la stima dei loro cari, come nel caso dell’antipaticissima Lady Catherine de Bourgh. Insomma, “chi è causa del mal suo pianga se stesso”.
Ci sarebbe ancora tanto da dire su Jane Austen e sui suoi preziosi insegnamenti. Il più importante: si può imparare dai propri errori e riscattarsi, non è mai troppo tardi per cambiare idea su qualcuno e riconoscere che ci eravamo sbagliati. Dopotutto, siamo umani. Sulla nostra umanità possiamo (e dobbiamo) riderci su.
Claudia Moschetti
Illustrazione di Sonia Giampaolo
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